Non so per quale motivo, ma ho sempre amato qualsiasi genere letterario e cinematografico che avesse come unica condizione l'irrealtà delle vicende che narrava.
I miei genitori non hanno mai approvato questi miei tentativi di "fuga" dalla realtà.
Loro erano così banali, così scettici...
Eppure io li vedevo.
Vedevo enormi draghi solcare il cielo azzurro, vedevo inquietanti fantasmi popolare stamberghe stregate.
Quando, da bambino, raccontavo a mio padre delle mie fantastiche visioni per ingannare la noia dei lunghi viaggi verso la casa della sua, ormai, ex moglie, egli scuoteva svogliatamente il capo e rispondeva: "Te lo sarai immaginato".
Quando poi, la notte, chiedevo a mia madre di poter dormire con lei per paura dei fantasmi, lei mi rispondeva: "Torna a dormire, è solo nella tua testa".
Già, c'erano molte cose nella mia testa. Draghi, fantasmi, elfi, scheletri parlanti, zombie spaventosi, cavalieri senza macchia e senza paura e persino un piccolo, unico desiderio. Risplendeva così realisticamente in mezzo a tutte quelle creature così bizzarre. Il desiderio di una famiglia unita.
Ma, a differenza di quello che film e cartoni mi avevano insegnato, i desideri non si realizzano. Mai.
Ora ho 20 anni, di cui 16 passati raccontando le mie fantasie a mio padre mentre la sua utilitaria grigia percorreva la stessa identica strada ogni maledetto sabato pomeriggio.
Eppure mi sento soddisfatto, più di quanto inizialmente credessi.
Con una pistola fumante in mano.
Davanti a me i miei genitori, con un foro sulle tempie da cui sgorgano litri di sangue, ma che si tengono per mano, finalmente uniti.
Mi avvicino a mia madre. Nonostante il sangue scarlatto suo volto è meraviglioso.
Mi chino, le appoggio una mano sulla tempia, come se volessi raccontarle un segreto.
Le sussurro: "E' solo nella tua testa".
Mi siedo per terra.
Inizio a piangere.
Finalmente sono insieme ai miei genitori.