Mi ricordo di un ragazzino che se ne stava sulla spiaggia, scrutando con i suoi intensi occhi azzurri l'immensità del mare. Aveva otto o nove anni, ed invece che giocare con i suoi coetanei se ne stava lì, seduto, senza degnare di uno sguardo gli altri bambini che ogni qual volta gli urlavano di unirsi a loro.
I suoi occhi riflettevano l'oceano, sembrando essere una parte stessa delle onde che lentamente si infrangevano ai suoi piedi; guardava lontano, al di là dell'orizzonte, perdendosi nel blu che non aveva fine.
Se ne andava soltanto la notte, tornando il mattino seguente alla stessa ora: poi si sedeva sulla riva, osservando, aspettando qualcosa che non arrivava mai.
I vecchi del villaggio dicevano che attendeva suo padre disperso in mare, cercando di ascoltare la campana che ogni qual volta accompagna la sua nave di ritorno al porto; ma suo padre era disperso ormai da molti anni, e nessuno aveva avuto più sue notizie, né udito il suono della campana.
I giorni passavano, e lui era sempre là, finché una mattina non lo vidi più.
Chiesi in giro se qualcuno l'aveva visto, ma nessuno sapeva rispondermi: era scomparso, e nessuno si ricordava di lui.
Quei bambini che erano soliti chiamarlo se ne dimenticarono in fretta, così come il resto delle persone: la vita continua dicevano, non possiamo stare a preoccuparci di un ragazzino scomparso.
Scoraggiato ritornai sui miei passi, ed in breve mi dimenticai anche io del suo triste volto.
Molti anni sono passati, e prima di morire sono voluto tornare a rivedere il mio mare.
Come il ragazzino, mi sedetti sulla spiaggia, scrutando le onde, ed osservando l'azzurro, fin quando non sentii un rumore.
Era il suono di una campana, la campana di una nave.