Ritratto di famiglia

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Quando Enea iniziò a scrivere il suo diario erano circa le dieci di sera. Solo nella sua stanza, gli piaceva viaggiare con la mente, andare in posti lontani e scrivere delle sue avventure. Sulla parete di fronte al letto una grande foto della sua famiglia. L'immagine rappresentava lui, sua madre, suo padre e sua sorella Elisa. Quattro figure austere su una parete, ecco cosa ci vedeva Enea.

Quella sera i litigi dei suoi genitori erano veramente troppo spinti. Litigavano sempre per i pochi soldi e per il loro futuro. Lui si sfogava sul foglio, avrebbe voluto mangiarlo, avrebbe preferito morire piuttosto che sentire ancora le grida dei suoi genitori.

Il tempo volava quando scriveva. Erano già quasi le undici ed era ora di andare a letto. Una volta sotto le coperte, Enea osservò la solita gigantesca foto: la detestava.

Le grida proseguirono per un po', fino a quando non si fecero insopportabili e sfociarono in un urlo bestiale, misto di rabbia e paura, uno sfogo immenso sia di sua madre che di suo padre.

Silenzio.

Enea era sereno nel suo letto e sapeva che da li a pochi istanti sua madre sarebbe passata per dargli la buonanotte. Niente, i minuti passarono ma nessuno aprì la sua porta.

Insospettito, scese le scale ed arrivò in soggiorno. Non c'era nessuno, ma la porta per il garage era aperta.

"M-Mamma...?" Disse Enea con lo sguardo perso verso il buio.

Nessuna risposta.

"Papà mi senti, dove sei?" Ritentó il giovane.

Ancora nulla.

Enea si fece forza e scese le scale verso il garage. Un silenzio incredibile pervadeva la stanza fiocamente illuminata. La luce arrivava da un piccolo spiraglio del congelatore. Lo aprì e trovó sua madre e suo padre, a pezzi, con un ghigno diabolico sui loro volti. Il ragazzino lanció un grido che squarció il silenzio disumano di quella notte. In un secondo si ritrovó in salotto, ansimante e madido di sudore.

Una copia della fotografia di camera sua si trovava sopra il camino. Era diversa. Ora nel quadretto c'erano solo Enea ed Elisa.

Sconvolto Enea si mise a piangere disperatamente, urlando a squarciagola e, una volta raggomitolato in un angolo, aspettó sua sorella per diversi minuti.

Era piuttosto strano che Elena non lo avesse sentito, con quei due urli fortissimi.

Disperato, ormai, si diresse verso la camera di sua sorella.

Una volta aperta la porta, Enea si trovó davanti il corpo inerme della piccola Elena, soffocata con un sacchetto di plastica.

Doveva trovare un modo per scappare e salvarsi. Una volta in camera sua chiamó la polizia.

"Pronto, polizia, è un emergenza... Qualcuno ha ucciso i miei genitori... E anche mia sorella è morta. Aiutatemi vi prego!"

Enea alzó lo sguardo dal telefono staccato dalla presa. Ora la fotografia ritraeva solo lui.

Qualche giorno dopo la polizia perquisì la casa della famiglia, allertata dai vicini che da troppo tempo non vedevano movimento.

"Molto curioso" pensó il commissario una volta esaminata l'abitazione, " in tutta la casa non c'è nulla fuori posto, tranne quei curiosi quadri vuoti."

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