Lei si chiamava Carmen.
Una ragazza qualunque, attratta da sempre dall'horror e dalla malinconia. I suoi genitori erano metallari, suo padre suonava in una rock band e sua madre fin dalla tenera età di 2 anni le faceva ascoltare gothic metal.
Lei crebbe così. Le altre ragazze sembravano non capirla, loro ascoltavano musica diversa, vestivano sempre con fiori mentre lei era sempre vestita di nero. Passò i primi 10 anni della sua vita nella solitudine più totale, accompagnata dalle sue cuffie; a 9 anni conobbe MSN, e si fece delle amiche a distanza che presto la abbandonarono.
Lei non si voleva arrendere, voleva essere come tutte le altre.
Il tempo passava e iniziò la prima media. Si sentiva benissimo. Avrebbe iniziato una nuova vita, si sarebbe fatta delle amiche, e poi, andiamo! Sarebbe incominciata la scuola e sarebbe arrivato Halloween, la festività che preferiva. Lei sperava che le sue compagne la accettassero per quello che era, una ragazzina un po' "dark", ma ovviamente non fu così.
Cominciarono a prenderla per il culo per come si vestiva, per come si truccava, per come si acconciava i capelli, per le sue felpe nere e per il suo smalto nero messo male.
Dopo alcuni mesi cominciarono con le minacce, cominciarono a picchiarla, cominciarono a trattarla come se non avesse emozioni. Le professoresse? La preside? Furono avvisate, ma non fecero altro che peggiorare la situazione, dando tutta la colpa a Carmen che aveva quello stile e doveva quindi aspettarselo.
Lei non capiva perché tanto odio verso di lei. Ogni giorno si domandava al buio, nella sua stanza, cosa mai avesse fatto di male per meritarsi tutto questo.
Non riusciva a comprendere ancora la parola "odio". Era una bambina che era dovuta crescere troppo in fretta.
Ogni giorno, tornava a casa dopo la scuola, correva nella sua stanza a piangere e pregava di morire.
Il primo anno si concluse in fretta. Cominciò il secondo e fu ancora peggio; lei iniziò ad autolesionarsi.
A scuola videro i tagli e cominciarono a chiamarla "depressa", "suicide girl", "esibizionista". Le urlavano di ammazzarsi, la circondavano alla ricreazione dandole le forbici e dicendole di tagliarsi una volta per tutte la vena del polso. Le dicevano che quando sarebbe morta loro avrebbero gioito.
Ma lei sapeva di non essere sola.
Lei sapeva di avere accanto a sé qualcuno che la proteggeva. Ci parlava tutti i giorni.
Le dava la forza per continuare a lottare.
Da sola, al buio, nella sua stanza, aveva i suoi demoni.
Anche se non era riuscita a diventare amica con nessuna delle sue coetanee, c'era riuscita con le sue paure più grandi. E adesso la proteggevano e sarebbero stati pronti a vendicarla in qualunque momento.
Quando iniziò la terza media, un bulletto della sua scuola la picchiò a sangue, lei svenne e fu portata all'ospedale. Dopo questo episodio, uscì fuori di testa. Si vocifera che raccontava di avere dei demoni che non avrebbero permesso a tutti quelli che le avevano fatto del male di passarla liscia.
Si suicidò il 21 giugno 2015.
Lei amava l'estate, il calore estivo le ricordava le vacanze che aveva fatto con la sua famiglia, le ricordava la sua infanzia, quando andava a mare con suo nonno ed era spensierata. Insomma, l'estate le ricordava la libertà, il divertimento e la gioia che non aveva mai avuto negli ultimi anni della sua vita.
La cosa strana fu che quando lei morì, tutti quelli responsabili in gran parte della sua morte si suicidarono inspiegabilmente. I parenti raccontano che sembravano come "posseduti" negli ultimi giorni della loro misera vita. Chi si schiantava contro le macchine, chi si tagliava la gola. Tutti morti.
Lei lo aveva detto che i suoi demoni l'avrebbero vendicata.