Jill the Ripper

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Amore mio,

ho ucciso, l'ho fatto.

Quella piccola bestia non mi lasciava in pace. Gridava, piangeva e si divincolava. Mi chiedeva di essere ucciso.

In fondo non mi è dispiaciuto, anzi: sentii un senso di piacere, uno stimolo a rifarlo.

Non passò molto tempo dall'arrivo di un altro infante. Costui era calmo e non emetteva quasi nessun suono... Decisi di vederlo soffrire.

Non lo nutrii per diversi giorni, lo facevo bere solo di tanto in tanto e lui stava lì calmo, come se sapesse già la fine che gli sarebbe spettata.

Purtroppo non ce la feci ad aspettare. Quel suo sguardo vuoto mi dava sui nervi. Così lo strangolai con un nastrino.

Finalmente provò a reagire, ma durò poco. Non riuscii a sfogarmi del tutto togliendogli la vita, così mi scatenai sul suo piccolo corpicino.

Con il tempo imparai a far durare di più l'agonia delle mie fragili vittime. Questo fu un bene per me.

Mi piaceva fare l'infermiera, ma si vede che non faceva per me quel mestiere.

La badessa è un lavoro noioso, ma può diventare interessante con un po' di fantasia.

Ah, quante vite innocenti tolsi. C'è da dire che erano loro a chiederlo, vero, Jack?

Decine, centinaia... Tu ne hai uccise a malapena una decina. Ma le tue erano speciali, vero?

Tu te ne prendevi cura e a volte ti tenevi un souvenir. Al processo hanno insinuato che noi due fossimo la stessa persona.

Roba da matti, vero? Tu non sei me, tu "vivi", dentro me.

Tutti cercano un uomo, chissà che faccia farebbe il boss se scoprisse che era una fragile donna a squartare quelle puttane.

Ma sta pur tranquillo: non ti abbandonerò mai. Perchè io ti amo. Perchè tu vivi dentro me.

Neanche ora sul patibolo, ti tradirei, amor mio!

-Amelia Dyer, le sue ultime parole?

-Non ho nulla da dire.

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