Capitolo XIII

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Chiara si beò per qualche altro istante del battito del cuore di Liam contro il proprio orecchio e del suo calore. Poi si allontanò e lo guardò ancora.
"Resti con noi?" gli chiese, con la voce tremante.
"No, non può" rispose una voce alle loro spalle. Era Louis, con le braccia conserte sul petto e un sorrisino sardonico.
Poi si rivolse a Katherine.
"Sono venuto qui per conoscere la tua decisione" disse. La ragazza alzò il mento, in un gesto quasi orgoglioso. Zayn ricordava quel gesto. L'aveva fatto subito dopo essere stata slegata dalla trave, dopo che l'aveva picchiata. Quel gesto era la dignità mantenuta nel dolore. Avrai il mio corpo, lo picchierai e lo userai a tuo piacimento, diceva, ma non la mia anima. Sono ancora intera e non mi ferisci dentro.
"Accetto" rispose la ragazza, sostenendo gli occhi di Louis, che sorrise, compiaciuto.
"Tra un'ora scendi al terzo piano. Ti aspetto." Fece una sorta di inchino con il capo e poi uscì.
Appena chiuse la porta Katherine chiuse gli occhi e crollò sulle ginocchia.

Niall si tolse i guantoni e bevve un lungo sorso d'acqua. Il solo gesto gli portò alla mente che le ragazze erano lì, a qualche piano di distanza, che non potevano bere. Prese la bottiglietta e la nascose tra i pantaloni larghi. Prese le barrette energetiche che di solito usavano prima dell'allenamento e le nascose nell'altra tasca. Salì in soffitta, ma quando si trovò davanti alla porta gli mancò il fiato.
In quel momento Harry aprì la porta, con le lacrime agli occhi. Gli fece solo un cenno e poi scappò via, con i capelli che gli svolazzavano intorno.
Così Niall si fece coraggio ed entrò nella stanza. Vide Liam che stringeva le ragazze tra le braccia e lasciava tanti baci tra i loro capelli.
"Mi dispiace" mormorò. "Verrò a trovarvi domani, se mi promettete di esserci.". Niall capì cosa intendesse. Liam gli faceva promettere sempre di esserci. Con quel verbo, Liam intendeva combattere fino al giorno dopo. Chiara e Rose guardarono Katherine, che annuì alle amiche e poi al ragazzo.
"Promesso" dissero, all'unisono.
Dopo un ultimo abbraccio, Liam si staccò controvoglia e dopo aver accennato un sorriso a Niall, uscì.
Niall raggelò. Quando era entrato nella stanza, Liam gli dava le spalle e non aveva visto il viso gonfio di pugni.
"Louis" capì il biondo, e strinse i pugni. Aveva picchiato il suo migliore amico. Louis aveva arruolato Niall tre anni prima. Niall aveva lasciato la sua famiglia per seguire Louis, che lo riempiva di discorsi sulla ricchezza e sul potere. Liam aveva tentato in tutti i modi di fermare Niall, di persuaderlo, ma non ci era riuscito. Così aveva lasciato la propria famiglia e aveva seguito il suo migliore amico. E adesso, quel ragazzo che gli parlava di ricchezza e stronzate varie, dopo averlo tolto dalla propria famiglia, aveva picchiato il suo migliore amico. Niall era furioso, e quando alzò gli occhi vide che le ragazze lo fissavano. Appena incontrarono i suoi occhi celesti rabbiosi, le ragazze abbassarono il capo e tornarono nei loro angolini, senza proferire parola.
Niall sentì le proprie spalle accasciarsi. Le ragazze avevano percepito quella rabbia nei suoi occhi come un rimprovero, visto che non stavano al loro posto. Ma Niall non provava più niente di negativo per le tre. In realtà, il ragazzo non provava più niente di negativo in generale. Aveva odiato la sua famiglia, aveva odiato Liam che gli aveva ostacolato la strada e aveva idolatrato Louis, che gli aveva mostrato la vita facile. Ma ora la negatività l'aveva abbandonato, tranne nei confronti di Louis.
Solo ora si rendeva conto di quanto in realtà valesse l'amicizia di Liam e l'affetto della sua famiglia. L'aveva capito vedendo quelle tre ragazze, tre sconosciute fino ad un mese prima, che si tenevano per mano e abbracciavano Liam. Aveva visto tre sorelline e un fratello darsi forza a vicenda ed era bastato a suscitare nella mente di Niall ricordi felici dell'Irlanda.
Mosse un passo in avanti e si avvicinò a Chiara, che si ritrasse in automatico come un gatto che vede l'acqua.
"Mi dispiace" mormorò. "Se Liam mi avesse avvisato della sua idea di farvi scappare, avrei tenuto Louis occupato in qualche modo"
E l'avrebbe fatto davvero, con la scusa di studiare le mappe della banca da rapinare.
Chiara ridacchiò in modo freddo e amaro.
"Come no. E io sono Babbo Natale."
Niall fissò i suoi occhi celesti che trasudavano sincerità in quelli nocciola della ragazza.
"Lo dico davvero."
Dopo essersi guardati a lungo, immergendosi l'uno negli occhi dell'altra, Niall parlò di nuovo.
"Ti va una barretta di cereali?" chiese, mostrandole il pacchetto.
"Non ho fame." Rispose Chiara, senza nemmeno guardarlo.  Un istante dopo, il suo stomaco la tradì, borbottando in protesta.
La ragazza arrossì, e poi tossì, cercando di dissimulare il rumore. Niall ridacchiò, ma non insistette oltre e le porse una bottiglietta.
"Almeno bevi." Disse. Questa volta Chiara non si fece pregare oltre.  Dopo aver vuotato l'intera bottiglia, lanciò un'occhiata imbarazzata a Niall.
"Potrei avere quella barretta? Ho visto che è al cioccolato bianco"
Gli fece un sorriso da bambina che ha appena commesso una marachella. Niall le aprì il pacchetto e le porse la barretta, non riuscendo a dissimulare un sorriso.

Harry, nel frattempo, si era calmato ed era tornato in soffitta. Aveva raccolto la plastica che avvolgeva le barrette energetiche distribuite da Niall e le bottigliette distribuite da Zayn dai tre angoli in cui le ragazze si erano nascoste.
L'ultimo fu quello di Rose, la cui bottiglietta era ancora a metà.
"Se ci riesci, bevi tutto" sussurrò Harry, come se stessero in chiesa. Rose annuì e aprì la bottiglietta, finendola tutto d'un fiato.
"Brava, tutta giù."
La ragazza allungò una mano per restituirgli la bottiglietta vuota. Harry la schiacciò sotto il piede per comprimerla, ma il gesto brusco spaventò Rose, che si schiacciò contro la parete ammuffita, terrorizzata.
"Hey, non ti faccio niente" Il ragazzo si portò la mano al petto. "Lo giuro."
Rose si allontanò comunque, non fidandosi assolutamente. Harry non la biasimò. Nemmeno lui si sarebbe fidato di sé stesso. Ma si chinò comunque, in modo da essere alla sua altezza e la guardò negli occhi. Allungò una mano e la posò sul suo polso, ma non stringeva. Era solo un contatto per farle capire che era sincero.
"Non lo farò, lo giuro." Parlò con fermezza e sincerità pura, ma la ragazza iniziò a tremare.
"S-sì, ma allontanati. P-per favore, ti p-prego, Harry..."
Era la prima volta che lo chiamava per nome e le sue parole sembravano dei rantoli.
Al suono del suo nome, il ragazzo sentì come se i polmoni si stessero contraendo, impedendogli di respirare.
"Sì, hai ragione." Mormorò, ritraendo la mano. Poi si allontanò.

"E quindi, hai accettato" sussurrò Zayn, seduto accanto a Katherine. La ragazza non rispose a quell'affermazione, e incominciò a parlare con sé stessa.
"Non voglio che sia il primo, non voglio che sia lui il primo!" Si coprì il volto con le mani. "Devo amare il primo!"
Zayn quasi sorrise, come a tranquillizzarla.
"Non puoi davvero, Katherine. Non puoi importelo." Mormorò. Poi posò una mano sulla schiena tremante della ragazza e la strofinò dolcemente, cercando di fermare i singhiozzi in quel modo.
"La prima volta è importante, lo so bene. Ma non lasciarti divorare da questo pensiero. Sei una guerriera, no?" Zayn cercò di sciogliere il groppo che gli si era formato in gola, ma senza successo. Dalla sua voce trapelava che qualcosa non andava.
"No." La ragazza pianse ancora più forte, contro le proprie gambe.
Zayn le si avvicinò ancora, posando la fronte sulla sua spalla ossuta.
"Katherine, sì che lo sei. Ti ho vista mentre..." Il ragazzo si interruppe, trattenendo rumorosamente il fiato. "...Mentre ti picchiavo. Non volevi farmi sentire che soffrivi. Ti tieni tutto dentro, non esterni il tuo dolore. Non farlo neanche con lui, che godrebbe della tua impotenza."
La ragazza ebbe un sobbalzo, diverso dai singhiozzi. Si girò a guardarlo, stupita dalle sue parole. Il ragazzo allontanò la fronte dalla spalla della ragazza e la guardò con gli occhi -nemmeno lui se n'era accorto- lucidi.
Katherine aveva sempre desiderato diventare un medico. Per farlo, ci voleva un animo compassionevole e Katherine ce l'aveva. L'aveva sempre avuto, sin da piccola e le era stato inculcato di coltivarlo. Così le avevano continuato ad insegnarle le suore dell'orfanotrofio, dopo che i suoi erano morti in un incidente d'auto. O almeno così sapeva.
Così la vittima, ignorando ogni taglio di coltello, ogni calcio, ogni parola cattiva, allungò una mano bianca e la mise sul polso del criminale.

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