Capitolo LIX

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Song: Fighter - Christina Aguilera

Katherine entrò in casa, seguita da Harry e Zayn. Vide Niall accasciato sul primo gradino delle scale e perse totalmente le staffe.
Niall sentì un movimento repentino d'aria e subito dopo un bruciore alla guancia.
"Kat!" Esclamarono Harry e Zayn alle sue spalle. Decisamente quel gesto non era da lei.
Niall le rivolse uno sguardo confuso ed interrogativo. I suoi occhi azzurri sembravano chiedere: "Che ho fatto?"
"Ma vaffanculo! Mi hai lasciata da sola, alle tre di notte nel cuore di Londra, con un ragazzo che stava più morto che vivo, per scoparti una tipa!" Buttò fuori.
"Ero ubriaco...lo ricordo appena.." tentò di giustificarsi il biondo, alzando le mani.
A quel gesto Katherine lo aggredì. Zayn non era poi così sicuro che fosse ancora bella da arrabbiata.
Era davvero ferita.
"E che cazzo me ne frega! Da ubriaco sei ancora più coglione! Dovevi aiutarmi a far sorridere Harry e hai fatto i cazzi tuoi!"
Niall pigolò timidamente delle scuse.
"Kat, mi dispiace..."
"Avevate entrambi motivi di bere, ma non mettervi così a schifo da far trovare me con il culo per terra! Niall, ma ti rendi conto di cosa hai fatto?"
Pian piano il tono arrabbiato si stava abbassando ad un tono critico.
"Sì che me ne rendo conto, perché lei mi ha scoperto e mi ha mollato! Aveva una vaga sensazione che l'ha portata da me, ma mi ha scoperto e ora sono solo! SOLO!"
Katherine indietreggiò, con una mano sul petto e le lacrime agli occhi.
Quell'aggettivo le risuonava nelle orecchie come uno stridìo fastidioso che rimbombava anche nel petto.
Era sola.
Chiara non si ricordava di lei.
Rose se ne stava dimenticando volontariamente.
Erano lontane.
Le sue amiche, le sue sorelle l'avevano lasciata sola.
Fece scorrere la mano dal cuore alla pancia, premendo disperatamente alla ricerca di qualcuno che non c'era mai stato.
Un velo viscido calò sulle sue spalle.
"Harry" disse. "Andiamo, devo parlarti."

"Fermati." Disse Harry, prendendole i polsi con forza.
"Basta. Non puoi imparare in un giorno!"
Katherine si guardò le mani chiuse nei guantoni e poi tornò a guardare Harry con fare colpevole.
Il ragazzo le slacciò i guantoni e rabbrividì quando notò le mani gonfie. Aveva sempre visto quelle mani sottili e bianche preparare cose buone, o infilate tra i capelli neri di Zayn.
Ora avevano le nocche spaccate ed erano visibilmente arrossate.
Per non parlare del suo corpo imperlato di sudore, al quale i vestiti aderivano e sottolineavano la sua magrezza.
Probabilmente il sacco da boxe pesava quanto lei.
"Devi mettere su muscoli se vuoi difenderti."
"Louis disse che nel mio caso era meglio puntare sulla velocità, perché prendere peso per me è praticamente impossibile!"
Harry si irrigidì al sentire quel nome. Katherine lo notò, ma non se ne preoccupò.
Era dell'opinione che dovesse crescere e capire che Rose non era andata a letto con Louis per fargli un dispetto.
Non era quel tipo di persona.
Ma preferiva non affrontare il discorso. Almeno, non ancora.
"I riflessi possono essere migliorati, ma se non ce li hai non ci puoi fare niente. Questo lo sa, Tomlinson?"
"Evidentemente l'ha detto perché ha notato che ce li ho." Lo rimbeccò Katherine.
Avrebbe voluto incrociare le braccia sul petto, ma le dolevano.
Harry sbuffò.
"Okay, non ne parliamo."
Non avrebbe voluto vedere Katherine arrabbiata con lui.
"Ora riposati. Prepara un bel piatto di carne per pranzo e domani riprendiamo."
"E oggi pomeriggio?"
"Niente, Kat. Sei intorpidita, non possiamo far nulla!"
"Ma voi vi allenate mattina e sera!"
"Kat, penso tu sia abbastanza intelligente da capire che noi abbiamo un corpo diverso."
La ragazza sbuffò, e sembrava davvero piccolina quando lo faceva.
Ci mancava che pestasse i piedi a terra e piagnucolasse un "Non è giusto!".
La trovava divertente, però.
L'abbracciò istintivamente, sorridendo.
Si sentiva meglio.
Avrebbe potuto ricominciare daccapo.
Aveva i suoi fratelli con sè, più una sorellina acquisita.
Non aveva bisogno di altro.
Si progettava già un futuro colpo e per realizzarlo avrebbe messo da parte i rancori con Louis.
Ouch.
Si era concesso di pensare a Louis e a catena, si era aggiunto il volto di Rose.
Una fitta dolorosa si propagò dal cuore alla bocca dello stomaco.
No, non era un nuovo inizio.

Luke rivolse uno sguardo triste a Chiara.
Erano giorni che parlava e mangiava lo stretto necessario e subito dopo si metteva a dormire. Oppure prendeva le chiavi dell'auto sportiva di Calum e tornava dopo ore e ore.
Perlomeno, si preoccupava di fare il pieno.
Finché un giorno, non tornò più.
O meglio, doveva essere tornata per lasciare la macchina e un bigliettino all'interno.
"Parto con Nick, sto bene. Grazie di tutto, addio.
Chiara"
Luke aveva riletto quelle poche frasi più e più volte per poterne assimilare il significato.
Non era possibile.
E chi diavolo era quel Nick?
Non sapeva se dirlo o meno a Niall.
Avrebbe reagito come minimo con una sfuriata.
Gli avrebbe urlato che era un cretino, perché non aveva sorvegliato su di lei.
Ma doveva sapere.
Aveva più diritto di tutti.
Non lo biasimava per aver fatto sesso con un'altra.
Era umano, ed era debole. E non aveva nemmeno tradito Chiara.
Erano ormai mesi che Chiara aveva perso la memoria e si era rassegnato.
E Luke lo capiva.
Chiara avrebbe festeggiato il suo compleanno con quello sconosciuto.
Avrebbe compiuto vent'anni.
Quando ne avevano sedici, Luke e Chiara progettavano di festeggiare il loro ventesimo anno in vacanza.
Magari sarebbero andati proprio in Italia.
Oppure in Scozia.
O in un quartiere sconosciuto di Londra.
Insomma, ovunque, ma non da Dominic. E ora, erano lontani. Più simili a due sconosciuti.

Una volta, nell'estrema periferia di Londra, Luke aveva visto l'incendio devastante di un covo di criminali che avevano disobbedito ad Ian.
Fu la prima lezione che imparò.
Le fiamme si levavano alte nel cielo della notte, intasando l'aria di fumo e cenere.
Poi, quando credeva che ormai le fiamme non potevano spargersi di più, l'edificio crollò con un fracasso quasi alieno. Luke non pensava che al mondo potesse esiste un rumore così forte.
Dopo che ebbe mostrato il bigliettino a Niall, la reazione fu più o meno la stessa.
Avrebbe preferito che si arrabbiasse, però. Che gli desse del cretino, accompagnando l'epiteto con un pugno ben assestato.
Così ci si aspettava, da uno come Horan.
Invece il ragazzo strinse le mani fino a far diventare le nocche bianche.
"È colpa mia." Disse, con la voce spezzata dal dolore. Luke non aveva idea di cosa dire. Anche il più sincero 'Mi dispiace' sarebbe stato infinitamente stupido.
Non avrebbe mai dato una pacca sulla spalla del ragazzo. Lo temeva troppo.
Si limitò a salutarlo con un 'Ciao amico' sussurrato e ad andare via.

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