Capitolo XI

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Louis trascinava il debole corpo di Chiara su per le scale, con le mani legate in avanti. La ragazza non faceva altro che seguire meccanicamente un passo dopo l'altro. Ce la stavano facendo, ce l'avrebbero fatta alla fine, ma come al solito qualsiasi tentativo di fuga da quel posto orribile era stato vano. Si era appena acquattata dietro le fronde di un grosso cespuglio e fissava freneticamente l'orologio. Louis, nel frattempo non riusciva a dormire, tormentato dal piano del colpo che da lì a pochi giorni avrebbero dovuto effettuare; si rigirava costantemente nelle coperte e credette di avere caldo, così spalancò l'enorme finestra che si trovava in camera, appena sopra la scrivania. E fu lì che la vide. Tentava di nascondersi tra e foglie, ma dal terzo piano la visuale era ben ampia. Per un attimo credette di averla solo immaginata, perciò afferrò al volo un paio di jeans e scese giù in cortile armato. Chiara sentì dei passi, e credendo si trattasse delle ragazze, uscì fuori allo scoperto, e non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo, che si ritrovò una pistola puntata alla tempia e i polsi tenuti stretti dietro la schiena.
"Cercavi le tue amiche?" ridacchiò maligno. "Perché ora, se non ti dispiace, porterò te e loro in un posto che credo non dimenticherete tanto facilmente".
Katherine digrignò i denti quando sentì le mani del suo aguzzino afferrarle i polsi. Non sopportava più questo andirivieni. Avrebbe voluto urlare, urlare che voleva essere libera, che non le importava nulla dei furti, delle fughe e di tutto ciò che riguardava quel mondo. Cercava solo di racimolare i sodi che le servivano per il college. Trascinava i piedi, dietro la figura esile, ma cattiva di Zayn, con gli occhi paragonabili a due oblò carichi di rabbia, ma anche di paura. Perché il sorriso cattivo di Tomlinson non faceva presagire nulla di buono.
Le ragazze vennero malamente buttate in angoli differenti della soffitta buia e che probabilmente, da un po' di anni era diventato l'habitat naturale di topi e ragni.
Rose cercava di scostarsi quanto più poteva dalla parete ammuffita, ma a capo chino, perché in quel momento, la vista di qualsiasi persona la disgustava. Specialmente del ragazzo che la sovrastava e che cercava disperatamente i suoi occhi. "Dovevate fare più in fretta!" aveva detto, mentre le legava i polsi con il nodo più allentato del solito. La ragazza non riusciva a capire il motivo di questa compassione che sembrava aleggiare nell'aria. Non voleva che provassero pietà per lei, anche perché in quel momento avrebbe preferito morire, piuttosto che essere sottoposta di nuovo ai calci e ai pugni del ragazzo. L'avevano ferita, e non solo esteriormente. La lesione interna era più grande e faceva più male di qualsiasi altra scazzottata.
A interrompere i flussi di pensieri delle varie ragazze ci pensò Louis, che letteralmente calciò via Chiara sotto la piccola finestra e fece un ghigno maligno che sembrò illuminare tutta la stanza di cattiveria pura.
"E quindi realmente credevate di poter sfuggirmi? Veramente pensavate che, dopo tutto quello che avete passato vi avrei lasciate scappare con così tanta facilità?"
Zayn tratteneva il vomito. Il disgusto che provava in quel momento per il suo amico non era paragonabile a nient'altro. Era sicuro che se gli avesse chiesto di legarla ancora, o di farle male in qualsiasi altro modo,non avrebbe esitato a farlo, ma a lui. Quegli occhi lo avevano inibito, lo avevano bloccato dal fare altri atti violenti. Avevano mosso in lui qualcosa che non era neanche in grado di spiegare. Sapeva solo che se Tomlinson avesse continuato a parlare, lo avrebbe picchiato in presenza delle ragazze, e al diavolo la gerarchia.
"Avevo anche intenzione di lasciarvi andare, ma dopo questo errore mi vedo costretto a rettificare tutto.",continuò il ragazzo con gli occhi gelidi. "Resterete qui fino a nuove disposizioni, e se sarà proprio necessario vi servirò acqua e un po' di pane, altrimenti, per quanto mi riguarda, potreste anche morire davanti agli occhi di chi vi ha aiutate nell'impresa." Il ragazzo aveva già capito che la brillante idea non era di certo venuta dalle ragazze, ma da Liam, l'unico che si era mostrato interessato alle loro sorti. E con quelle parole, uscì dalla soffitta, lasciandosi alle spalle un silenzio tombale.

Il mattino dopo il leader si svegliò di buon umore. Durante la notte gli era venuto un pensierino su come ottenere finalmente quello che voleva dalla piccola Katherine. L'avrebbe costretta. L'avrebbe costretta a stare al suo gioco. Sarebbe venuta a letto con lui, volente o nolente. E se non l'avesse fatto, avrebbe anche potuto dire addio alle sue amichette del cuore e alle sue ambizioni. Con questo pensiero che gli frullava nella mente, percorse la scalinata che lo avrebbe portato in soffitta e spalancò la porta senza preavviso.
Le ragazze avevano passato una notte terribile. Non avevano coperte, cibo, acqua o qualsiasi cosa che le avrebbe potute tenere al caldo o in un modo sano. Si erano rannicchiate in un angolo alla disperata ricerca di calore o conforto.
Katherine non era riuscita a chiudere occhio. Sbatteva costantemente le palpebre alla ricerca di una soluzione che in quel momento era vitale per lei e per le altre due, che dai continui sospiri agitati, non avevano ancora preso sonno.
Rose continuava a rigirarsi tra le dita un piccolo ciondolo a forma di girasole, regalato da sua madre, e cercava un sostegno,che non sarebbe mai arrivato, in quel piccolo gesto. Ormai non piangeva più, anche gli occhi si erano rifiutati di versare altre lacrime, mentre il corpo, già martoriato dalle percosse, continuava a tremare costantemente.
Chiara, a causa della stanchezza e per le condizioni di salute cagionevoli, aveva dormito un paio d'ore in una posizione talmente scomoda, che il mattino dopo provava ancora più dolore. Non sapeva quanto ancora sarebbe durata questa tortura, ma sapeva che non ce la faceva più. Lei che era la più combattiva, sempre pronta a lottare per la sua libertà, era stanca di continuare a vedere una luce di speranza in fondo al tunnel buio.
Al rumore della porta sobbalzarono e fissarono la sua esile figura sulla soglia che sghignazzava beffardo.
"Passata una bella notte? La mia è stata magnifica, così magnifica che ho trovato un modo per non uccidervi tutte."
Chiara, a quelle parole, alzò subito lo sguardo, credendo che il ragazzo portasse buone notizie per la prima volta da quando era stata rinchiusa in quel posto.
"Ed è in questo momento che entrerai in gioco tu, Katherine."
La ragazza rabbrividì istintivamente, perché in cuor suo già sapeva cosa le aspettava, così non fece altro che annuire, rassegnata.
Tomlinson sembrò stupito e per un attimo abbandonò l'aria di superiorità che lo contraddistingueva, poi il sorriso strafottente riapparve sul suo volto. "Non devi darmi una risposta adesso, ti do qualche ora per pensarci su."
Harry, che in quel preciso istante stava salendo per raggiungere la soffitta sbiancò di colpo, avendo già capito le intenzioni del ragazzo, ed entrò nella stanza nel momento esatto nel quale lui usciva, lasciandosi alle spalle le espressioni addolorate delle ragazze.
Louis sorrise, soddisfatto di sé. Quello significava essere cattivi.

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