16. FALLO SE VUOI...

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«Megan, svegliati!»

Aprì gli occhi strillando disperata. Jack era di fronte a lei in ginocchio, la scuoteva energicamente, aveva il viso pallido e lo sguardo preoccupato. La ragazza ancora scossa, strofinò velocemente le guance rigate dalle lacrime. Vano tentativo di celare l'imbarazzante risveglio.

Il bel volto di lui lentamente riacquistò il colorito di sempre.

«Finalmente!» sospirò sollevato. Si lasciò cadere sul terreno appoggiando tutto il peso sulle braccia tese. Stette seduto così, con la schiena dritta a formare un angolo retto con l'orizzontale dell'erba.

«Wow, per poco non mi è venuto un infarto. Saranno due minuti che tento di svegliarti. Tu continuavi ad urlare disperata, non ho mai visto una cosa del genere. Sembravi in trance... hai presente le tipe in quei giochi di prestigio? Ecco, così! Penso che in questa settimana io sia invecchiato di almeno dieci anni. E tutto per merito tuo!»

Scherzando, strizzò un occhio all'amica. Portò la testa all'indietro e il viso sbucò dall'ombra dei rami coprendosi di luce. La folta capigliatura si perse tra i filamenti dorati del sole. Megan, intontita e ancora singhiozzante, ripensò al sogno e alle parole. Perché la madre le aveva detto quelle cose? Avrebbe mai potuto fidarsi di un sogno? Fissò Jack che le rivolse un sorriso smagliante.

"Impossibile... " pensò. Lui era diventato il suo sole, come avrebbe potuto farle del male?

Spinse via quegli assurdi pensieri e lo ricambiò con un sorriso triste. «Scusa» disse timidamente.

«Ma figurati! Scusarti per cosa? Per un sogno? Allora me lo racconti, o è top secret?»

La domanda la spiazzò. Cosa gli avrebbe detto? Che la madre l'aveva messa in allerta su di lui? Così ripose frettolosamente: «ma niente, sognavo di affogare, tutto qui».

Lui scoppiò a ridere divertito. «Come affogare? Tu? Tu che nuoti meglio di un pesce?»

«Già, assurdo». Si grattò un braccio, seppur il prurito fosse più mentale.

Jack scosse la testa sorridendo fra sé e sé. «Ora che sono ben riposato, puoi tartassarmi di domande. Su forza, spara!»

Lo guardò. Il sole lo colpiva con forza scolorendo i contorni del viso. Pensò a quel volto così indifeso; eppure l'aveva visto vestire la maschera di un assassino. Era una macchina da guerra quel ragazzo, nonostante si fidasse completamente di lui, fiducia giustificata dall'innocenza di quelle due sfere di mare che ora la fissavano con la tipica impazienza dei ragazzi di quell'età. Era così bello.

«Allora, Meg? Così diventiamo vecchi!» protestò.

Lei gli sorrise imbarazzata e lesta elaborò una domanda sensata: «sì, ecco... l'altro ieri mi hai detto che quei mostri sono identici a noi e che quindi è difficile distinguerli, giusto?» «Sì, giustissimo e questo vale soprattutto per i più anziani, i più potenti. Se loro non vogliono mostrarsi è quasi impossibile identificarli. Quasi però. Sono in grado di azzerare al massimo le emissioni di aura fredda; ma è rarissimo, solo alcuni ci riescono».

«Ma allora come fate voi Templari a riconoscerli e combatterli?»

Lui si sgranchì le dita e le nocche crocchiarono rumorosamente. Megan rabbrividì, da sempre era una di quelle cose che le faceva impressione, le dava la raccapricciante sensazione che da un momento all'altro le articolazioni sarebbero potute fuoriuscire attraverso la carne.

«Beh, per noi Templari la presenza degli Oscuri più giovani è facilmente individuabile ad una distanza relativamente breve. Per gli altri la cosa si fa più complicata perché hanno la capacità di celare totalmente la propria aura oscura formando una corazza di finta luce attorno a loro, un'aura del tutto simile a quella di una persona normale. Ciò è dovuto al sangue delle Ninfe delle quali si sono nutriti, che gli conferisce particolari poteri. Anche se... pure loro necessitano di nutrirsi prima o poi, ed è allora che diventano vulnerabili. In quelle circostanze, infatti, è impossibile celare la vera natura, ed è così che li becchiamo quei bastardi» rispose con un ghigno divertito, la voglia di ucciderli gli si lesse chiaramente in faccia.

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