41. MELITA

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CAPITOLO 13

<<Melly! Guarda quello rosso! Sarà perfetto! Già mi immagino con indosso questo vestito...>> Jessica fantasticava di fronte alla vetrina di una lussuosa boutique del centro.
Melita l'aveva costretta a fare due passi. L'aria in quella stanza era diventata irrespirabile ed insopportabile, e non per lo sgradevole odore dei medicinali e di sangue rappreso, non solo almeno, ma soprattutto per l'ansia emanata dalla Templare dai capelli color fuoco.
Anche Cristian (approfittando di un momento solitario in cui Jessica aveva disertato per andare in bagno) aveva avvicino Melita implorandola di portar via l'amica per qualche ora.
<<Mi sento molto meglio Melly>>, le aveva sussurrato il giovane, <<non occorre che continuiate a vegliare su di me, inoltre se Jessica prosegue nel parlare senza sosta, giuro che la butto fuori io stesso. A volte desidererei tanto un telecomando per metterla in pausa. Comunque a parte gli scherzi, sono stanco e con voi due in stanza non riuscirò a riposare come si deve. Parlale, sono certo che a te darà ascolto.>> L'aveva scongiurata Cristian mostrando uno dei suoi sorrisi prefetti ai quali nessuno avrebbe potuto dire di no e ciò valeva anche per lei, nonostante fosse follemente innamorata di Jack.
Amore sbocciato sin dal primo giorno, fin da quando i loro sguardi si incontrarono per la prima volta. Quegli occhi azzurri color del mare l'avevano avvolta con tranquilla bellezza, il sorriso radioso di lui la riscaldava ogni qual volta esplodeva spontaneo sul bel viso delicato e fresco. Quel fare privo di malizia e stracolmo di bontà l'affascinava e l'inteneriva. C'era stato un tempo, un paio di anni prima, in cui era riuscita a coronare il suo sogno, seppur per breve periodo. I due ragazzi si erano frequentati per qualche mese, giorni di immensa felicità per Melita, poi all'improvviso Jack era divenuto freddo e scostante, e senza preavviso la loro storia era terminata in fretta così come era iniziata. Non era nemmeno certa che quel che c'era stato tra di loro poteva esser classificato come una vera storia, sempre che alcuni baci e un paio di cene a base di pizze potevano definirsi tali. Aveva pianto e sofferto parecchio, promettendo a se stessa che l'avrebbe odiato ed evitato.
Fu tutto inutile.
Mai stata brava a mantenere le promesse con se stessa; proprio come quella volta in cui giurò di non toccare dolci per una settimana e la notte seguente (in preda ad una dubitevole crisi ipoglicemica) finì per divorare una paio di barrette di cioccolato ed un'intera confezione di gelati al biscotto.
<<Melly! Ma mi stai ascoltando? Saranno... che ne so?! Dieci minuti forse che parlo? Hai sentito almeno qualcosa di quello che ti ho detto?>>
Melita calò la testa imbarazzata, sapeva quanto Jessica odiasse le persone che non le davano retta. Era parecchio impegnativa come amica, ma lei le voleva un bene dell'anima, come chiunque d'altronde avesse l'onore di frequentarla.
Quella ragazza possedeva la capacità di farsi amare da tutti, nonostante il suo modo di fare proprio non lo meritasse. Era esuberante, bellissima, divertente, ma anche tanto viziata, suscettibile e permalosa, ma forse i pregi erano abbastanza perché tutti l'ammirassero e l'invidiassero; così non passava giorno che la Templare non reclutasse una schiera di seguaci al seguito. Uno spirito libero si definiva lei, ed era proprio così, una fiamma ardente in una tempesta di neve, chiunque avrebbe combattuto per accaparrarsi un piccolo posto accanto alla bella della famiglia Bennet.
Diversamente, Melita, prediligeva l'angolo più in ombra; detestava mettersi in risalto, odiava sentirsi al centro dell'attenzione. Mite, taciturna ed introversa, preferiva riflettere della luce emanata dal fuoco dell'amica.
<<Scusami Jes, ma ero in sovrappensiero.>>
<<Bene...>> borbottò inacidita, incrociando le braccia sotto l'esuberante seno, <<allora ti sarai persa l'ultimo mezzo chilometro di vetrine. Ora chi mi consiglierà quale paio di scarpe abbinare alla borsa verde di Prada che ho comprato l'altro ieri?>>
Mise il broncio e l'amica non poté far a meno di sorrise. Erano quei momenti, in cui Jessica sembrava una bambina e lei provava tanta tenerezza, che avevano suggellato il loro rapporto.
<<Sono sicura che farai la scelta giusta, come sempre del resto>> rispose Melita risoluta.
Non condivideva le stesse passioni di Jessica, la moda non l'aveva mai intrigata, preferiva spendere il suo tempo e, i suoi risparmi, vedendo Serie TV e leggendo i Manga, ma essendo fermamente convinta che nell'amicizia ci si dovesse andare incontro e trovare dei punti in comune, si era sacrificava volentieri nel fare shopping con lei e Jessica in compenso, concorde con l'idea dell'amica, le aveva promesso di accompagnarla al Lucca-comics; accordo raggiunto dopo lunghe ed estenuanti trattative, perché all'inizio Jessica si mostrò riluttante e intransigente, alla fine però aveva ceduto; in fondo possedeva un cuore d'oro e amava Melita come fosse una sorella.
<<Ma questa non sarà una serata come le altre Mel. Sono sicura che sia la volta giusta.>>
<<Oserei dire la svolta più che volta... >> esordì sarcastica Melita, <<era ora che quel damerino facesse le cose perbene e che mettesse in chiaro la situazione. Mi ero scocciata di vederti correre come un cagnolino dietro a quel bellimbusto, quando sappiamo benissimo che lui non ha mai badato a portarti rispetto.>>
<<Ma Cristian é buono, sono quasi sicura che anche lui mi ami. L'altro giorno mentre facevamo l'amore me l'ha detto.>>
<<Cosa ti ha detto Jes?>> chiese curiosa Melita, scettica sull'argomento.
<<Cioè si insomma, non mi ha detto esattamente 'Jessica ti amo', ma me l'ha fatto capire.>> La ragazza, impertinente, deviò lo sguardo accusatorio dell'amica e si impettì, non le piaceva quando qualcuno le faceva una ramanzina, tantomeno quando era consapevole di essere dalla parte del torto.

<<Ma gli uomini straparlano e dicono tante cose mentre fanno sesso. Non bisogna prendere ciò che dicono come fosse oro colato>> ribatté Melita affranta, sapeva che ciò che stava dicendo feriva l'amica, ma era necessario. Le voleva bene e avrebbe fatto di tutto per farle aprire gli occhi su Cristian.
Era quasi sicura che lui provasse qualcosa, ma era un qualcosa non sufficiente, di certo non l'amava, anzi era convinta che quel ragazzo non amasse nessuno fuorché se stesso e sarebbe stato per sempre così. Non si poteva parlare di sentimenti con dei narcisisti e lui era l'emblema del narcisismo, avrebbe continuato all'infinito a fissare la propria immagine riflessa sullo specchio d'acqua non curandosi di tutti gli altri che nel frattempo si sbracciavano e annegavano con la vana speranza di raggiungerlo ed essere considerati. Cristian non aveva piena colpa se era diventato così, il difetto stava invece nella centinaia di ragazze che lo avevano indotto a sentirsi importante, e in madre natura che l'aveva creato tanto bello.

Melita notava come chiunque lo guardasse estasiato quando, a volte, erano costretti a perlustrare una zona assieme. Lui non ci faceva neppure più caso, si lasciava scivolare quegli sguardi lussuriosi addosso come fossero semplici soffi d'aria calda, mentre Melita rimaneva sempre impressionata e perplessa da quello scalpore e da quei sussurri fomentati. Poi però lo guardava, ed era come se lo facesse per la prima volta, e quindi riusciva a coglierne il motivo.
Ora Cristian non le piaceva più, o almeno non era più interessata a lui, ma c'era stato un tempo in cui anche lei era stata vittima del fascino mozzafiato del Templare; chiunque, incrociandolo, non avrebbe poteva oltrepassarlo indenne. Per fortuna la piccola moretta aveva superato quella fase. Ora lo guardava con normalità come fosse un ragazzo uguale a tanti altri, anche se di normale in lui non c'era proprio nulla, ed ogni cosa che faceva o diceva lo ricordava. Era forte, agile, intelligente, un vero leader. Tuttavia ciò non era sufficiente per il cuore di Melita ormai promesso a qualcun altro.
"Per fortuna", pensò. Non avrebbe desiderato competere con l'amica per conquistare un cuore vuoto. Era fin troppo cosciente del fatto che avrebbe perso miseramente in qualsiasi caso.

<<E allora dimmi, cos'é che ti ha detto esattamente?>> domandò investigando.
<<Che sono fondamentale per lui. E comunque io e Cristian facciamo l'amore e non dello squallido sesso>> sputò secca tutto d'un fiato.
Melita sospirò e si convinse che sarebbe stato meglio non insistere sull'argomento.
<<Allora dov'é che ha deciso di portarti? Quando? Il giorno del tuo compleanno, scommetto. Ed io che per sabato avevo programmato una super, mega, iper festa in discoteca.>>
Jessica la fissò raggiante, i miglioramenti salutari di Cristian l'avevano esaltata, non vagava più con sguardo assente e disperato come aveva fatto per due lunghi giorni a casa.
<<La discoteca può attendere, io invece no. Devo cogliere l'occasione prima che quel vigliacco si tiri indietro. Ha paura di mostrare i propri sentimenti e deve finirla di comportarsi come un randagio. La sua casa, la sua famiglia, sono io, e questo lui lo sa, eppure stenta ancora ad ammetterlo anche a se stesso.>>

Melita sospirò pensierosa, attendeva con timore il giorno in cui avrebbe dovuto raccogliere i pezzi infranti di quel cuore maltrattato. Riaddrizzò le spalle risoluta progettando l'indomani, avrebbe dovuto fare una chiacchierata seria con Cristian, una strigliata d'orecchi era proprio quello che gli ci voleva.
<<Guarda, queste sono perfette, poi Cristian ama il rosso, no?>> indicò un paio di sandali rosso vermiglio.

Anche se Jessica era parecchio alta non sdegnava l'indossare tacchi vertiginosi e poi con Cristian poteva permetterselo perché, nonostante i tacchi a spillo, la rossa continuava ad essere più bassa di lui, o meglio, il Templare con tutti i suoi centonovanta centimetri perdurava nell'essere più alto di lei.

Melita tirò fuori il telefono dalla tasca posteriore dei jeans, stava vibrando. Lesse velocemente il messaggio; proveniva dalla Sede.
Ad una riunione d'emergenza di solito partecipavano solo gli Anziani e i Templari appartenenti ai ranghi più alti; frequentemente Cristian ne prendeva parte, ma gli altri tre no. Mostrò lo schermo a Jessica che assunse uno sguardo interrogativo, poi anche quest'ultima, rigirando il proprio apparecchio tra le mani, si accorse di un nuovo sms. Evidentemente si trattava di qualcosa di importante, forse avevano capito come stanare la serpe.
<<Jes dobbiamo andare subito in Sede mi é...>>
<<Sì é arrivato anche a me.>> Jessica teneva stretto tra le mani il telefono come fosse un arma, sul volto un'espressione indecifrabile. Nessuno più di lei voleva incastrare quel farabutto, aveva ferito due delle persone che più amava. Il rosso fuoco dei capelli si era trasferito negli occhi verdi, trasognava di infilzare il cuore di quel demonio e nessuno avrebbe desiderato esserle di fronte quando sarebbe giunto il momento.

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