113. TU SEI MIA

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<<Buongiorno.>> Megan entrò in cucina scontrandosi con lo sguardo contrariato di Jack.
<<Dove sei stata?>> Era decisamente di cattivo umore. <<Sono stata in Sede... dove vuoi che sia stata, ad un party con l'Oscuro? Dovevo fare il prelievo, ricordi?>>
<<Non ricordo un bel tubo!>> scattò in piedi il giovane, come se la seduta fosse ricoperta di spine.
<<Ma come non ricordi... ieri notte quando Cristian mi ha informata, c'eri anche tu.>>
<<E scommetto che ad accompagnarti è stato proprio lui, giusto? Non potevi aspettare che mi svegliassi io?>>
<<Io... io non...>> esitò, in evidente difficoltà non trovò nulla d'adatto per controbattere.

<<Io cosa Megan? Per caso abbiamo fatto un baratto di fidanzati ed io non sono venuto a saperlo?>>
<<Ah, ora esageri Jack! Cosa hai sognato, delle iene in procinto di sbranarti il sedere?>> disse sbrigativa, stufa dei continui rimproveri, quella mattina. Si avvicinò alla credenza recuperando gli attrezzi per preparare il pranzo. <<Sono stanca di dovermi giustificare in continuazione, e stanca della tua gelosia. Se tanto odi Cristian, allora scontatela con lui. E chiarite una volta per tutte, perché siete patetici. Non voglio diventare il capro espiatorio di tutto. C'eri anche tu e le altre ragazze, l'altra notte, quando mi ha informata della visita alla Sede di questa mattina e quella all'Anima di pomeriggio. Se eri soprappensiero allora non scontartela con me. È il mio Primo Custode, e in quanto tuo capitano, ho pensato che le decisioni spettassero a lui, perciò non ci ho visto nulla di male.>>
<<Scordati di passare altro tempo con lui pomeriggio>> impose poco clemente e Megan cominciò ad accusare la rabbia.

<<Tu non mi ordini di fare proprio nulla!>> lo fulminò infastidita. <<Sono stufa di essere comandata a bacchetta. Non prenderti questa libertà! È ovvio che avrei preferito andarci con te che con lui; e pensavo che sapessi e non ti desse fastidio. Ma se cominci a parlare così allora sappi che il tuo non è tanto distante dal modo di fare del simpatico amichetto, e ti informo che il lato autoritario di Cristian è ciò che più odio di lui, perciò datti una regolata.>> Sbattè la padella sui fornelli. <<E ora, se non hai fame, vattene e lasciami pranzare con tranquillità, perché la giornata non è cominciata per niente bene e non vorrei continuasse con questo andazzo.>>
Il giovane non ribatté, con passo pesante abbandonò la stanza lasciando al suo posto uno sgradevole alone di tensione.

Il tempo trascorse velocemente e, nonostante il disaccordo ed il rancore, fu Jack il primo a deporre l'ascia di guerra. Tornò in cucina con la voglia di resettare la giornata. Riconoscendo la parte di ragione di Megan, e il suo esagerato impulso di gelosia, si armò di buona volontà convincendosi di doverle delle scuse, ma si stupì di come lei l'avesse già perdonato.
La scorse sdraiata sul divano; stava dormendo.
Sul tavolo, un bigliettino, scritto in modo sbrigativo, lo informava che al caldo c'era un piatto di pasta pronto per lui. Apprezzò immensamente il gesto, ed ora che la fame lo divorava, ci pensò lui a divorare il pasto. Dopodiché le si avvicinò cautamente, ma fu inutile, la ninfa aprì gli occhi regalandogli un dolce sorriso assonato. Si rannicchiò tra le forti braccia protettive, facendo incetta di tutto il calore possibile.

Le giornate si erano accorciate, ed il piacevole tepore dei giorni di fine estate aveva lasciato il posto al meno mite temperamento di un burbero autunno. Pioveva spesso in quei primi di ottobre, ed il cielo, ancor più spesso, si vestiva di grigia monotonia, colorando di opaca tristezza gli animi degli abitanti di una Roma che, con fatica, aveva ripreso le normali abitudini di una nuova annata lavorativa.
Megan diede un veloce resoconto della visita alla Sede; del prelievo e dei risultati non soddisfacenti, e Jack stette ad ascoltarla ingoiando con sconforto la parte in cui lei raccontò del giro di perlustrazione guidato da Cristian.

<<Ti va se ad accompagnarti all'Anima fossi io?>> le chiese dolcemente.
<<Ma certo! Ora mando subito un messaggio a Cristian per informarlo di non venirmi a prendere... per le sedici ti va bene? Anche prima se non hai da fare.>>
La risposta non giunse prontamente, e quella titubanza spinse la ragazza ad alzare il capo per capirne il motivo. Un velo di malcontento ricopriva nuovamente l'azzurro di quegli occhi, sereni solo pochi istanti prima.
<<Hai anche il suo numero?>>
Megan sbuffò, ma questa volta tentò di non far degenerare il discorso. <<Ho il numero di tutti gli amici che vivono in questa casa, perché ti sembra una cosa tanto strana?>> Si portò a sedere in modo da poterlo guardare dritto negli occhi; intenzionata a non procrastinare il malumore oltre il limite accettabile, tentò di rassicurarlo con lo sguardo. Ci riuscì, il giovane si acquietò catturandola nuovamente nell'abbraccio.
<<Hai ragione. Manda pure il messaggio. Io non ho molto da fare pomeriggio. Sono le quattordici e tra poco ho da sbrigare un servizio assieme ad Adrian. Ci metterò meno di un'ora e poi sarò tutto tuo. Le quattro di pomeriggio andranno benissimo, mi farò prestare l'auto da mia sorella... devo assolutamente recuperare al più presto la mia>> pattuì con se stesso. Cambiò canale alla tv, soffermandosi su uno di quei film strappalacrime saturo d'amore.
<<Ora rilassiamoci.>> La strinse con maggiore intensità e lei seguì il consiglio riscoprendosi in pace.

Il messaggio di risposta di Cristian non giunse mai, e Megan ebbe la cattiva intuizione che il Templare non avesse apprezzato il cambiamento di piani.
La consolidazione dei pensieri la ottenne quando il ragazzo fece il suo ingresso nella stanza senza neppure salutarli. A passo deciso si portò a sedere sulla poltrona in solitaria alla sinistra del divano sul quale, accoccolati dolcemente, stavano i due compagni di casa. E Megan si irrigidì.
"Ma tu non dovevi venirmi a prendere alle sedici? Cosa ci fai già qui!" Il pensiero ululò nella mente infondendo malcontento. Odiava la nascente sensazione di disagio procurata dalla presenza di Cristian. Percepiva lo sguardo di quest'ultimo infiammarle la nuca. Di tanto in tanto ruotava gli occhi scoprendo l'espressione di ghiaccio regalatale dal Templare e, seppur con tanto impegno, non riuscì a capacitarsi di tanto disaccordo. Perché trafiggerla con quell'ostinato silenzio ricolmo d'astio?

"Pensavo avessimo chiarito..."
Seppur mal accolta, l'ultima discussione in macchina aveva posto i puntini sulle "i", scacciando per sempre i malintesi; ma evidentemente non era stato così per entrambi.
Megan trattenne il fiato colta da un'improvvisa paura. E se lui avesse voluto rivelare a Jack del loro bacio? Nonostante gli stessi fautori del tradimento avessero sminuito l'accaduto, Jack non l'avrebbe pensata allo stesso modo.
"No... sarebbe una mossa disdicevole persino per Cristian. Non lo farebbe mai" si convinse, riscontrando un pizzico di tranquillità. Tranquillità che vide presto la fine quando il moro cominciò a digitare a raffica parole sconosciute sullo schermo del cellulare. Gli scambi di messaggi presero a seguirsi con frequenza, ed i sorrisi comparsi con altrettanta cadenza sul volto del Templare poco piacquero alla ninfa, la quale, di colpo, percepì scomoda e irritante la postazione, un tempo fautrice di pace e serenità. Si mosse nervosa non apprezzando i continui cambiamenti.
Gelosia. Non poteva chiamarsi altrimenti ciò che la turbava profondamente. Perché tutto d'un tratto la presenza di Jack non le bastava più? Fino a pochi istanti prima tutto ciò che le serviva erano le braccia forti del suo fidanzato e l'amore trasmesso.
Ecco il nocciolo della questione: il bastarsi.
Jack era perfetto per lei, fino quando l'altro non faceva la sua comparsa.

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