95. IMPEGNI PER QUESTA SERA?

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<<Megan, che ne dici se questa sera facciamo qualcosa di diverso? È così noioso stare tutto il giorno a casa.>>
Sempre colma di entusiasmo, Jessica le sorrise  servendole una fumante tazza di caffè amaro. Quella mattina era più allegra del solito, gioia facilmente riconducibile al ritorno di Cristian, avvenuto solo tre giorni prima. Avevano ricominciato a parlarsi per la grande contentezza della Templare, favore non ugualmente concesso alla ninfa. Oramai, dallo sconvolgente episodio, aveva perso gradualmente le speranze di tornare ad avere un normale rapporto d'amicizia col tenebroso ragazzo che, proprio in quel momento, sostava comodamente sulle morbide stoffe nere del divano. Gli riservò un timido sguardo e, come se avesse bruciato, l'occhiata venne immediatamente ricambiata. I due rimasero a fissarsi per un tempo indefinito, prima che Jessica tornasse all'azione.
<<Vieni anche tu vero?>>, lo inserì nella conversazione, <<volevamo andare al Cassiopea, quel pub in centro che ti piace tanto.>>
La preghiera nello sguardo di Jessica non venne accolta; ciò che invece il Templare notò fu il fugace gesto della ninfa; si mordicchiò il labbro prima di riconquistare velocemente un contegno, ma segretamente, attese con impazienza la risposta di lui.

Un'alzata di spalle. Niente di più concesse il giovane, risposta che lasciò, ad entrambe le ragazze, un amaro punto di domanda.
Megan come al solito si sentì combattuta; da una parte il desiderio di averlo vicino, dall'altra il sempre più crescente timore di sentire in lei risvegliarsi le note dolenti di disarmanti emozioni sconosciute.
<<Beh, fammi sapere perché così prenoto il tavolo,>> lo informò Jessica. <<Io ora vado, devo raggiungere Melly in Sede.>>
Ingollò velocemente l'intero contenuto della tazza fumante e Megan la fissò allibita chiedendosi come avesse potuto mandarlo giù senza rischiare un'ustione di terzo grado.
<<Ciao tesoro! E mi raccomando, carina per questa sera, sono curiosa di vedere mio fratello squagliarsi come una mozzarella sulla brace>> sghignazzò immaginando la scena e quindi filò via lasciando che l'imbarazzante silenzio riempisse la grande sala.

Il moto di pentimento tornò a tormentarla. Aveva più volte tentato di intavolare un qualsiasi discorso con Jack: delle scuse, delle ammissioni di colpa, riconoscenza del pentimento o, addirittura, cosa più responsabile e saggia, troncare la storia.
Fu tutto inutilmente.
Ogni qualvolta apriva bocca per cominciare, le parole le morivano in gola allo stesso modo del respiro. Quegli occhi sereni, il caldo abbraccio e, soprattutto, i teneri baci, la riportavano velocemente a calcare la strada del ritorno; il ritorno verso casa, verso la persona più importante della propria vita. Sentiva di aver bisogno di lui. Collegati dal filo del destino, percepiva inesorabile il legata a quel ragazzo tanto gentile e solare. Come avrebbe potuto dargli un simile dispiacere? Lei in fondo lo amava, se solo non ci fosse stato Cristian, allora la loro perfetta relazione le sarebbe bastata.
Purtroppo la realtà raccontava una storia diversa, nella quale il farsi bastare non era neppure lontanamente sufficiente. Malgrado l'ostinata negazione dell'evidenza, i giorni scorrevano pervasi dalla consapevolezza che, perdurando in quella farsa, avrebbe fatto del male a troppe persone.

"...lo sto già facendo. Sono un disastro. Una persona subdola, spregevole e meschina", scrollò la testa amareggiata, "devo dire a Jack la verità... sì, così poi lo ammazza sul serio" valutò, tirando un angolo della bocca di lato.
L'ammissione di verità era da escludere a priori, avrebbe fatto più male che bene. Non le restava ammettere, a Jack e a se stessa, che semplicemente la storia non li avrebbe portati molto lontani. Si lasciò andare ad un profondo sospiro riuscendo ad attirare l'attenzione del Templare che, accigliato, la studiò nel vano tentativo di leggerle il pensiero.

Un'altra fugace occhiata e tanto altro disagio.
Entrambi si alzarono allo stesso momento. Megan si diresse verso il lavabo, scolò l'intera colazione nello scarico, la fame non rappresentava più una necessità in quell'istante, molto più urgente si dimostrò essere il desiderio di dileguarsi da lì. Dall'evidente fretta, anche il Templare condivideva le stesse esigenze. Le si affiancò e, nell'attimo in cui adagiò la tazza nel lavandino, le loro mani si sfiorarono. Come attraversati da una dolorosa scossa, ritirarono all'istante l'arto fingendo una normale quiete.

Lo vide allontanarsi con fretta.
Da troppo tempo Megan bramava dalla voglia di sapere cosa lui le avrebbe dovuto dire qualche notte prima, e quella solitudine, dopotutto, sembrava l'occasione perfetta; così, prima che il ragazzo scomparisse oltre l'uscio, lo richiamò.
<<Dimmi.>>
<<Ecco io...>> tentennò per qualche secondo maledicendo il proprio tempestivo istinto, <<...volevo parlarti dell'altra notte.>>
Cristian le riservò un'espressione confusa, <<vuoi essere ringraziata? Sei stata tu a medicarmi, giusto?>>
<<Sì, ma non...>>
<<Allora grazie, devo dire che hai fatto un ottimo lavoro. Nessuna infezione. Le ferite, grazie anche al tonico, sono quasi del tutto sparite. Saresti stata un ottimo medico.>> Accompagnò al sorriso una strizzata d'occhio.

"A quanto pare era troppo ubriaco per ricordare qualcosa...", pensò tristemente, combattuta se ritenersi fortunata o meno. Riconoscere quanto a quel bacio fosse stata solo lei a dare importanza, la rattristò profondamente.
"Figuriamoci, non mi avrebbe mai baciata altrimenti..."
<<Figurati>>, ricambiò il sorriso. <<In realtà, era di un'altra cosa di cui volevo parlarti.>>
Lo vide irrigidirsi e trattenere una fugace emozione sul volto, troppo veloce, Megan non comprese. Venne però tradito dal crescente guizzo della mascella.
"Perché sei nervoso?" E all'improvviso capì. Si pentì di avergli concesso il beneficio del dubbio. Sicuramente lui ricordava qualcosa.
Non era un'abituale bevitrice, non poteva sapere a che livelli l'alcol conducesse all'oblio più totale, ma l'espressione sul suo volto di lui diceva molto più di tante parole.

<<Sai, quella notte volevi parlarmi, solo che poi ti sei addormentato e non l'hai più fatto.>>
<<Dici?>> sembrò rilassarsi, anzi addirittura risultò essere fastidiosamente divertito. <<Io non ricordo, capita quando eccedi un po' con la vodka... e col rum... e con tante altre cose. Comunque se non mi viene in mente vorrà dire che non era poi così importante, forse si trattava solo di una stupidaggine. Sai ultimamente mi capita più spesso del solito dire o fare cose stupide.>>
E l'aperta allusione giunse a destinazione. Il colpo arrivò perfettamente a colpirle lo stomaco. Megan si rabbuiò in volto, sopprimendo un principio di nausea e di isterismo.
Lui ricordava, certo che ricordava, ma aveva preferito far scivolare l'accaduto nel cumulo delle cose poco importanti, anzi, l'aveva addirittura catalogato nel cassetto delle stupidaggine.

Lo vide scomparire nel corridoio e a stento riuscì a domare la collera che la investì come un uragano, ma dalla sua bocca non fuoriuscì più nulla. Convinta che si fosse già resa ridicola abbastanza, preferì tacere.
Passò l'intera mezz'ora successiva a maledirlo e ad architettare un modo per fargliela pagare, consapevole purtroppo che le sue tattiche di vendetta si rivelavano puntualmente infantili e di poco effetto, oltre a non andar mai in porto.

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