94. COSA MI STAI FACENDO?

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Quindi fece come promesso, si avviò lungo il corridoio. La stanza era appena illuminata dalla fredda luce artificiale di un lampione, rifletteva sul corpo scoperto. Stava dormendo.
Con passo felpato si accostò al letto coprendolo col leggero lenzuolo, stando attenta a non svegliarlo. Sedette ed ammirò il continuo ondeggiare della schiena per metà marchiata di nero, si alzava e calava ad un ritmo rassicurante. Titubante se seguire i propri istinti o meno, si lasciò pervadere dalla sconsiderata voglia di distendersi al suo fianco; alla fine cedette, convinta che, abbandonato e addormentato profondamente com'era, non avrebbe rappresentato alcun pericolo. Si coricò poco distante, sfiorando a malapena quelle gambe coperte dal lenzuolo con le proprie, al sicuro oltre la stoffa e con un dito prese a seguire i contorni di quelle lingue di fuoco nero sulla pelle nuda. Segnò le curve della spalla e poi discese lungo i dorsali fino a giungere al pronunciato e seducente incavo nel punto più a sud.

Si soffermò per qualche secondo lungo l'orizzontale più vicina al bordo del lenzuolo, fino a quando non lo sentì muoversi. Imbarazzata e rossa in volto troncò il contatto per accorgersi, solo successivamente, che il movimento era stato causato da un incubo. Lo sentì borbottare incosciente, lamentarsi e respirare con affanno, non sapendo cos'altro fare gli accarezzò la testa e il gesto miracolosamente sembrò tranquillizzarlo. Continuò con leggeri tocchi e, contrariamente al senso di pace trasmesso dal ragazzo, Megan si sentì scombussolare. Sapeva di dover smettere, ma il desiderio bramato e soppresso per lungo tempo non glielo permise. In quei lunghi giorni, l'attesa di ricevere notizie, il pessimismo accumulato e l'impazienza, l'avevano prosciugata dall'interno, risucchiandole tutta la positività e le speranze e intensificando così i propri sentimenti e i malati desideri. Finalmente ora poteva tornare a respirare tranquillamente.

Il tocco si fece più insistente e il palmo prese a premere con avidità su ogni centimetro di carne bollente, inducendo nell'altro, ormai risvegliatosi, un finto abbandonarsi ad un sonno apparente. Ma il respiro non era più regolare, il corpo reagiva con spiccata partecipazione a quella dolce sevizia senza che lei, stoltamente confusa dai segnali di intenso piacere donati dal proprio corpo, se ne accorgesse. Inutile ritirare la mano al sicuro petto quando lui si rigirò sulla schiena sorprendendola di colpo. Prontamente riafferrò il piccolo arto fuggiasco, combattendo l'iniziale reticenza, portandolo a sfiorare la guancia ruvida ricoperta da un sottile e poco curato strato di barba. Chiuse gli occhi beandosi di quel contatto e sospirò finalmente in pace.

Megan terribilmente in imbarazzo si morse un labbro, ma non smise di accarezzarlo. Come stregata da una magica attrazione, si lasciò andare al richiamo del corpo. Gli occhi socchiusi di lui aiutarono parecchio la situazione e la ninfa, coi minuti che passavano, si rivelò sorprendentemente decisa e meno intimorita. Affondò la mano nella sfuggente chioma corvino e, poi ancora, a seguire i lineamenti regolari e perfetti del volto illuminati appena. Si avventurò lungo sentieri più incauti delineando gli sfregi sul petto e, scendendo più in basso, percepì distintamente il ventre irrigidirsi; agli addominali in tensione seguì un lungo e spezzato respiro. Fulmineo, lo scatto di lui la imprigionò. Premendo il proprio palmo sul dorso della mano tremolante, fece aderire completamente le superficie; la condusse lungo la vita e, rotolando di lato, si trovarono legati in un intimo abbraccio.

Occhi dentro occhi, neppure l'oscurità della stanza bastò a celare il crescente bisogno.
<<Cosa mi stai facendo, Megan?>> la voce rauca eruppe in un sussurro disperato. <<Perché continui a torturarmi? Io so di non meritarti, ma ti desidero con tutto me stesso... dovresti stare il più possibile lontano da me perché altrimenti io...>> allo sconnesso discorso seguì un interminabile silenzio.
Megan chiuse gli occhi fremendo di piacere sotto il tocco appena sussurrato di avide mani esperte.
<<Io...>> inconsapevolmente non badò all'autonoma voce e lo spronò nel continuare, ma Cristian tacque ancora. Il fruscio di un corpo sul lenzuolo prese il posto alle parole.

Il Templare lentamente si era avvicinato, i respiri giocavano nel rincorrersi e nell'abbracciarsi.
Megan percepiva quel soffio caldo sfiorarle la pelle, se solo si fosse mossa di un millimetro allora le loro labbra si sarebbero fuse disperatamente, prepotentemente e senza il bisogno di cercare altra aria per sopravvivere sarebbero annegati l'uno nell'altra.
<<Chi vuoi Megan? Non puoi averci entrambi. Decidi se rimanere con lui, o rischiare. Ora... vattene Megan, allontanati il più possibile da me prima che io ti baci, perché poi non si torna più indietro.>>

Megan combatté una guerra assurda e disperata contro il proprio inconscio, e alla fine cedette alla follia. Le bastò avanzare quel dannato centimetro perché le loro labbra si scontrassero, e nei corpi di entrambi, un fragoroso contatto esplose come il più potente degli ordigni. Silenzioso e devastante li incendiò, simile a meteoriti infranti nell'atmosfera.
Più sicuro, fu Cristian a spezzare il morente contatto, le afferrò il labbro inferiore e mordicchiandolo lo risucchiò delicatamente ma con ardore. E ancora ripeté la deliziosa tortura col superiore, scatenando in lei uno sconvolgente fremito che la spinse ad esternare l'imbrigliata bramosia in un gemito violento.
Ritraendosi, Megan sgranò gli occhi in preda al terrore. La spaventosa sensazione, tanto potente quanto alienante e proibita, l'atterrì costringendola a retrocedere. Non aveva mai provato nulla di simile in vita sua. Cos'era quel vortice di fuoco ghiacciato che le disciolse le viscere e ribaltò il cuore nel petto?

Eppure era stato un semplice contatto, un insulso e banale sfiorarsi di labbra, niente di più.
Cristian, non sentendosi più ricambiato, aprì anch'esso gli occhi mal celando il disaccordo di quell'abbandono. A differenza della ninfa, era tutt'altro che spaventato ed ora, che il primo passo era stato compiuto, nessuno poté impedirgli di prendersi il resto. Affondò le dita tra le morbide ciocche attirandola nuovamente a sé impedendole qualsiasi nuovo tentativo di fuga. Finalmente era sua, niente e nessuno l'avrebbe ostacolato. E Megan gemette di sconcerto e d'ardore. Debolmente fu tentata nel resistere. Tutto inutile. Sopraffatta dal piacere socchiuse le labbra abbandonandosi completamente ed incondizionatamente a lui. Le loro lingue si cercarono e alla fine si trovarono, sfiorandosi timidamente solo all'inizio, continuarono ad intrecciarsi con impaziente cupidigia, e questa volta fu Cristian a fremere di desiderio attirandola maggiormente a sé e lasciando che i loro corpi aderissero con forza e bisogno.
Solo pochi secondi si concessero, ma fu un interminabile attimo di paradiso.

Una lacrima calda discese sulla guancia scivolando fino alle labbra di entrambi e Cristian, sconcertato, interruppe all'istante il contatto.
<<Maledizione Megan...>> grugnì allontanandosi,
<<vattene, e questa volta dico sul serio. Lasciami dormire sono stanco>> si rivoltò tra le lenzuola sussurrando tra gli improperi.

E Megan non se lo fece ripetere due volte. Sgattaiolò velocemente fuori dalla stanza in punta di piedi e col fiato corto.
Non erano solo lacrime di colpa quella che ora sgorgavano come fiume in piena. Una paura atavica l'aveva assalita in contemporanea al fuoco della passione, troppo potente e devastante per esser sopportato da un fragile cuore. Le gambe tremavano ancora quando faticosamente raggiunse la stanza. Lui aveva creduto che il suo pianto fosse dettato esclusivamente dal pentimento e forse dalla negazione. Ma si sbagliava. Quell'emozione raccontava gioia e paura, tormento e passione, fuoco ed un'immensa ed incurabile attrazione.

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