79. NON MI LASCIARE

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<<Ci dobbiamo sbrigare Megan, sono quasi convinto di averli depistati, ma la sicurezza non è mai troppa. Spegni il cellulare. Non vorrei che ci rintracciassero. Non inviare alcun messaggio ad anima viva, non ti preoccupare, mi impegnerò personalmente ad avvisare Jack. Ora corri!>>
La trascinò quasi di peso lungo il buio corridoio. Megan correva col terrore di avvertire da un momento all'altro gelide mani attanagliarle la schiena; era tanto agitata che ne percepiva già il fantasma alle spalle. Nel buio non vedeva dove appoggiava i piedi e, stolta com'era, inciampò; ci pensò Cristian ad evitare che il peggio accadesse. Prontamente l'afferrò cingendole la vita.
<<Sei un disastro, fiorellino>> abbozzò una risatina divertita.

<<Ti sembra questo il momento di prenderti gioco di me?>> si lamentò lei, indispettita, ma visibilmente più rilassata. Sentire ancora quella risata riuscì finalmente a tranquillizzarla. Se lui rideva, voleva dire che il pericolo era finalmente lontano.
<<Vieni qui>>, la sollevò di peso portando le braccia di lei a stringergli il collo, <<ed ora anche con le gambe... aggrappati forte, ti porto io>> le sussurrò dolcemente all'orecchio tentando di rassicurarla. La strinse più forte di quanto fosse necessario, ma lei non si lamentò, felice di sentirsi finalmente al sicuro. Il Templare ricominciò a correre, ora ad un ritmo nettamente superiore.

L'aria più fresca dall'esterno le sferzò il volto. Erano alla periferia di Roma, gli alti palazzi senza un preciso stile architettonico glielo ricordarono. Nascose la faccia nell'incavo del collo di lui e inspirò a pieni polmoni, donando finalmente ossigeno al cuore sfrenato. Batteva all'impazzata da ormai troppo tempo, ed ora, anche se le cause non era più totalmente le stesse, perdurò nel tamburellare sfrenato. Cinse con più forza il tonico corpo del Templare e i loro battiti si fusero in un unico ed intenso palpito caldo.
Profumava di mandorle e di muschio bagnato; nessun sgradevole profumo copriva quell'inebriante sentore di mascolinità e, per qualche secondo, Megan andò in estasi, perdendosi completamente in quella calorosa morsa, dimenticando perfino la causa della loro fuga.

<<Megan, ora puoi anche lasciarmi...>> sghignazzò divertito lui. Erano giunti in un piccolo appartamento al terzo piano di un palazzo che ne contava altri tre. Un giaciglio dal mobilio povero e insignificante tanto quanto la struttura esterna.
<<Oh...>> la ninfa sussultò sorpresa e imbarazzata. Persa com'era nella tanto inebriante e piacevole sensazione, neppure si era accorta quando il giovane aveva cessato di correre. Si divincolò da lui, poggiando le gambe tremanti a terra senza riuscire a trovare la forza per affrontare lo sguardo canzoniere del Templare.
<<Questo è uno dei miei appartamenti in giro per Roma...>>
<<Cosa? Uno dei tuoi appartamenti? Io pensavo possedessi solo quello in centro.>>
<<È una lunga storia, questi immobili li ho ereditati,>> spiegò velocemente senza però volersi dilungare ulteriormente, <<è protetto dalla polvere, quindi all'interno sarai al sicuro. Non ti affacciare mai e poi mai alle finestre. Mantieni un profilo basso mi raccomando, e soprattutto tieni le luci spente.>>

<<Perché tu dove vai?>> domandò con voce incrinata dal terrore. Non poteva abbandonarla lì da sola. Cosa avrebbe fatto se fosse arrivato un Oscuro? Certo, l'appartamento era protetto esattamente come la casa di trastevere, ma ora, lì si sentiva terribilmente esposta al pericolo.
<<Io devo assentarmi per qualche minuto Meg, stai tranquilla, tornerò al più presto. Tu vai a dormire e stai serena. Sei al sicuro qui, nessuno ti toccherà. Devo controllare che non sia un'ennesima imboscata... per questo non ho potuto guidare fino a casa. Devo accertarmi che lì non ci sia nessuno ad attenderci. Stai tranquilla, ci penserò io ad avvisare la Sede e gli Anziani...>> sospirò. Non avrebbe voluto lasciarla, ma quella era l'unica soluzione, doveva accertarsi che l'inseguimento fosse solo un episodio casuale e non una vera e propria macchinazione, come invece sospettava.

<<Ripeto, non accendere mai il cellulare. Jack è tranquillo, non sa nulla, penserà che stai dormendo e probabilmente passerà l'intera notte in giro per la sua ronda. Anche Adrian è con lui. Non facciamoli preoccupare inutilmente. Tu ti fermerai qui stanotte, non posso rischiare di farci inseguire nuovamente; tra le strade di Roma non potrei tornare a guidare a quella velocità, ci potrebbero raggiungere facilmente. Domattina torneremo a casa, va bene?>> Le accarezzò delicatamente una guancia col pollice; durò poco l'esternazione d'affetto. Prontamente calò la mano e le girò le spalle, con vistoso disappunto da parte di lei che lo richiamò tirandogli un angolo della maglia.

<<Ma torni presto, vero? Non mi lasciare qui sola tutta la notte... e poi... tu stai attento, non fare l'eroe, non ne vale la pena per una come me>> si apprestò a dire frettolosamente.
Percepì la schiena di lui sobbalzare.
"Perché ora sta ridendo?"
<<Fiorellino, troppe premure; non me le aspettavo da te. Dicevi di odiarmi e adesso addirittura ti preoccupi per la mia incolumità? C'è qualcosa che stona... non trovi anche tu, dolcezza?>>
<<Ah, va a diavolo Cristian!>> sbraitò esacerbata, dandogli le spalle e camminando verso una porta chiusa. <<Puoi anche non tornare più per quanto mi riguarda, ma fammi venire a prendere da qualcuno, stanotte, domani... decidete voi.>>
<<Dove stai andando?>>, la richiamò, <<quello è lo sgabuzzino.>>
<<E io cosa cavolo ne posso sapere!>> strepitò con più impeto del necessario, <<non è mia questa maledetta casa, devo andare in bagno!>>

<<Con la calma, tesoro, si può ottenere tutto da un uomo, ma se continuerai ad urlare a questo modo, scordati il mio aiuto. Hai tutto il tempo a disposizione, divertiti a visitare la casa. È grande abbastanza... ricordati solo di non accendere le luci.>>
<<E certo, e dimmi, come potrei trovare le stanze senza vedere dove metto i piedi?>>
<<Arrangiati tesoro, aguzza l'ingegno.>>
Così dicendo la lasciò con la sola compagnia della furia e l'indignazione.

Anche se lui le aveva proibito di tenere acceso il telefono, optò per il male minore; si servì così della app-torcia per illuminare il pavimento e finalmente trovò il bagno. Successivamente si diresse verso una stanza da letto. Doveva essere la camera patronale, il largo e alto letto a baldacchino le suggeriva che quell'appartamento non doveva essere stato abitato di recente. Scovò nei cassetti, di un antico armadio ricavato da puro legno di faggio, delle lenzuola pulite, che però malauguratamente puzzavano di naftalina. Odiava quell'odore, ma si sarebbe fatta bastare il già notevole privilegio del nuovo giaciglio.

Nonostante la larghezza dei vecchi muri perimetrali, la temperatura della casa era asfissiante. Doveva assolutamente aprire le finestre e lasciare che l'aria stantia dell'interno si mescolasse alla più piacevole brezza notturna. Procedette a carponi fin sotto la finestra e strisciando sul muro allungò una mano fino alla maniglia. Il trillo di un telefono la fece sobbalzare. Sicuramente era Jack che le inviava il consueto messaggio della buonanotte. Ma si sbagliava, non era un numero conosciuto quello che apparì sullo schermo illuminato.
-Ti avevo proibito di accendere il cellulare.-
Il respiro le si mozzò in gola.
"Cristian" formulò velocemente il pensiero.
Come faceva a sapere che il suo dispositivo era in funzione? E soprattutto, da quanto tempo era in possesso del suo numero?

"Maledizione, perché devo essere sempre l'ultima a sapere le cose?"
Spense il telefono senza neppure rispondergli.
Si accoccolò nello spazioso letto, ma rigida come una statua, passò l'intera ora successiva a stringersi le ginocchia al petto e sussultare ad ogni cigolio sospetto proveniente dal vecchio mobilio, per troppo tempo dimenticato e inutilizzato.
La solitudine, il silenzio e la costante diminuzione d'adrenalina in corpo, sortirono un effetto soporifero e così Megan finì per abbandonarsi ad un sonno irrequieto.

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