50.1. RICATTO

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Quella mattina, quando aprì gli occhi, dovette fare i conti con l'atroce mal di testa e lo sgradevole sentore di acidità in bocca. La sera appena trascorsa le tornò in mente leggermente sfocata; forse aveva abusato di quello squisito nettare.
"Eppure ho bevuto solo due bicchieri".
Non era un'abituale bevitrice, non sapeva che a stomaco vuoto gli effetti dell'alcol venivano enfatizzati. Allungò in alto le braccia e, quando tutti i muscoli del corpo si distesero, piccole fitte di dolore la destarono completamente, costringendola a raggomitolarsi dolorante su se stessa. In modo particolare, le facevano male le natiche, il ginocchio sinistro e la mano destra. Era caduta la notte prima, ma il dolore solo ora aveva deciso di farsi sentire, fastidioso e pungente, proprio come lui, la causa di tutto quello.

Fece qualche passo fino a raggiungere la portafinestra. Se si fosse dovuta basare esclusivamente sulla cupa luce esterna, non avrebbe saputo dire che ore fossero. Il sole era stato inghiottito dalla fitta coltre di nuvole grigie e, in lontananza, il burbero cielo stava dando il meglio di sé esibendosi in un minaccioso spettacolo di indomabile bellezza. I temporali fin da piccola le avevano incusso timore, ma nonostante ciò li aveva da sempre trovati oltremodo affascinanti. Sarebbe rimasta lì per ore, impalata, a fissare i plumbei nuvoloni che si rincorrevano veloci salendo e abbassandosi quasi a sfiorare i comignoli delle case. Una saetta pericolosamente vicina la fece sussultare. Arretrando di qualche passo, lasciò andare la fine tenda grigia e il ruggito feroce di un tuono squarciò l'aria bagnata facendo tremare l'intera casa.

<<Caspita, questo mi ha davvero spaventata...>>
si passò una mano tra i bruni capelli color del mogano; con lo sguardo assente fissò il riflesso di un fantasma nel lungo specchio.
<<Che faccia hai questa mattina... eh Megan? Uno schifo insomma!>>
Come sempre, le inseparabili occhiaie a forma di mezzaluna le truccavano il fondo degli occhi, ne seguì la linea coll'indice. Fortunatamente, quella notte le aveva regalato un profondo sonno privo di incubi. Evidentemente al suo inconscio le era bastato il pasticcio della sera precedente per sentirsi satollamente tormentato e soddisfatto. Ricordava fin troppo bene come Cristian l'aveva caricata in spalle trascinandola alla macchina, alla stessa maniera di un sacco di patate. L'orgoglio bruciava ancora assieme alla rabbia, ed ora che l'alcol aveva smesso di influire sul suo stato d'animo, la raggiunse anche la vergogna colorandole le guance.

"Sono un disastro. Non ne combino mai una buona, soprattutto in sua presenza". Scosse la testa amareggiata. E poi all'improvviso la vide.
<<No, non ci credo...>>.
La lunga maglia azzurra dalle maniche corte le arrivava fino ai gomiti ed oltre metà coscia e una cocente sensazione di disagio si sommò al fuoco dell'imbarazzo.
<<No, no, non é possibile... mi sono spogliata davanti a... o è stato lui a spogliare me?>>
Si fece prendere dal panico iniziando a palparsi con frenesia, voleva accertarsi di portare ancora l'intimo. Diede aria ai polmoni, riempiendoli di sollievo, quando toccò le due coppe leggermente imbottite. Ma ugualmente si coprì il volto con le mani
sopraffatta dal timore del non ricordare. Cosa era successo negli ultimi istanti della serata? E se...
"Oh mio Dio... oh mio Dio... e se avessimo fatto qualcosa?"

Fissò disperata il letto sfatto, sembrava ci fosse stata una battaglia tra le lenzuola arricciate. Non rammentava come avesse raggiunto la sua stanza o del perché si ritrovasse addosso una maglietta di Cristian. Afferrò il leggero tessuto portandoselo al naso. Profumava inconfondibilmente di lui. E già solo quella fragranza bastò a mandarla in confusione.
Tornò con la mente alla sera prima; era stata travolta da un colpo al cuore, quando, raggiungendolo all'esterno, l'aveva scoperto bellissimo e impeccabile nel suo completo nero; il corpo tonico e seducente fasciato in modo impeccabile. Una visione divina.
Fu addirittura stupita nel ritrattare il pensiero su di lui, Cristian si era rivelato una piacevole e gentile compagnia. Almeno fino all'arrivo all'Anima. Successivamente, infatti, tutto era andato a farsi benedire.

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