3. Il Serial Killer in cortile

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Il cortile della scuola lo accolse assieme ad altre manciate di ragazzini di 14 anni, alcuni impegnati a dare calci a un pallone, altri a scambiarsi le ultime immagini divertenti della pagina più IN del momento. Un gruppetto, raccolto attorno ad un pallone da basket, sorrise a veder spuntare Gabriel, prima di mettersi a parlottare concitato. Saluti in codice furono scambiati in forma di high five e brofist. Esattamente come fanno tutti i ragazzini del mondo. 

"Ehi, Gabe... ma quindi l'hanno davvero sospeso?" 

"Già, per oggi niente grane..." 

"Smith non è normale." 

Gabriel annuì: Jasper non era tipo da attirarsi le simpatie di nessuno a causa del caratteraccio, e dire che per i primi mesi che erano stati nella stessa scuola, aveva anche disperatamente cercato di andarci d'accordo, ma si era trovato a sbattere contro un muro di cemento. Da quando aveva capito che nulla si poteva fare in cerca di una pace concordata, aveva accettato la muta dichiarazione di guerra. Così andavano le cose da quattro anni. Gli ultimi due erano stati i meno penosi: la nuova scuola gli piaceva. Faceva fatica, come ne aveva sempre fatta, a leggere e scrivere correttamente... ma aveva trovato degli amici. All'inizio era stato difficile farsi accettare, ma poi, in forza forse del suo buon carattere, era riuscito a entrare nel gruppo. Aveva trovato qualcuno con cui andare a giocare a pallacanestro al sabato pomeriggio, qualcuno con cui condividere un gruppo di Whatsapp, qualcuno con cui si potesse dire "siamo amici". La prima volta che aveva portato a casa un amico sua mamma era stata davvero contenta, aveva comprato una torta e preparato personalmente il pranzo (cosa che, date le capacità culinarie di Marion Willow, poteva essere considerato un minacciosissimo onore). 

"L'avete vista l'ultima puntata di Flash ieri sera?" Chiese un ragazzino con i denti tutti attorcigliati da un intreccio quasi incomprensibile di tiranti e anelli ortodontici. 

"No, ieri sera ho tentato di leggere le fotocopie di scienze..." 

"Ma perché?! Tu non dovresti essere esonerato... dislessia, balle varie...?" 

"Beh, ci volevo provare." 

Se c'era qualcosa che tutti, e con tutti si intende proprio tutti, apprezzavano di quel ragazzetto biondo era proprio la forza di volontà. Poteva aveva poca pazienza, un temperamento irruento e l'attenzione di un criceto, ma la forza di volontà non mancava. Cercava sempre, disperatamente, di trovare una buona motivazione per andare avanti. L'aveva sempre detto anche Marion a Larissa: "E' sempre stato il mio piccolo motivo per andare avanti, dopo che suo padre mi lasciò."

Gabriel questa versione non l'aveva mai sentita, ma le due mamme su questo erano parecchio d'accordo. 

"A parte che ieri sera è successa una cosa molto strana a casa mia." 

I ragazzetti sentirono la campanella d'inizio suonare, imperterrita, rimbombando per tutti i corridoi, di modo da far capire ad ogni fibra di ogni corpo che le lezioni stavano per iniziare. Con taciti sguardi Gabriel e i suoi amici, Michael, Alex e Freddie, si misero d'accordo di parlarne durante la ricreazione, sbocconcellando merendine e tirando a canestro. Le prime tre ore si susseguirono come una familiare parata di lettere danzanti e incomprensibili davanti agli occhi di Gabriel, il quale invano alzava la mano, chiedeva, pregava di ripetere o di scrivere più grande. La logopedista aveva sempre detto che il problema non stava tanto nella dimensione delle lettere, quanto nel modo in cui essere interagivano tra di loro, ma la situazione, nonostante i fantastici libri colorati che gli erano sempre stati posti davanti, non era mai migliorata. E se era cambiata era di sicuro cambiata in peggio. Non era l'unico della classe con questo problema, nemmeno l'unico a cui si aggiungesse un altrettanto fastidioso disturbo dell'attenzione. L'ADHD gli impediva di stare fermo. Spesso si trovata a rovinare qualsiasi cosa avesse in mano, mordere matite, spezzettare gomme, arricciare i tappi delle penne solo per la fantastica sensazione dell'avere qualcosa da fare. I professori lo sapevano e cercavano di prestare attenzione a lui, altri lo sapevano e usavano questa preziosa informazione per avere un capro espiatorio assicurato nel caso ci fosse stata confusione in classe. Quale miglior modo per non dover cercare un colpevole che rivolgersi a qualcuno di certamente insofferente e di sicuro non pronto a perorare la propria innocenza con calma? Suonerà assolutamente scorretto. Di fatto è terribilmente scorretto. Le tautologie piacciono a tutti, anche ai professori. Vincere facile piace ancora di più.  

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