23. Gaye Incomprensioni

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Guardando sul fondo del laghetto delle canoe Gabriel riusciva a vedere i visi delicati e i capelli fluenti delle ninfe, intente come tutti i giorni della loro esistenza a farsi belle e a dialogare tra loro producendo piccole bollicine. Le ultime due canoe rimaste nel laghetto filavano lisce e tranquille sul pelo dell'acqua dove poco prima anche Gabriel aveva fatto una prova con Mark e Sandra. La presenza dell'acqua non lo aveva mai tranquillizzato, e ora sapevano anche il perché, ma il laghetto era un posto così tranquillo che era impossibile farsene angosciare. Si tolse le scarpe e si sedette sul bordo, immergendo i piedi nell'acqua fresca, osservando il profilo dell'Athena Parthenos tingersi dei colori del tardo pomeriggio mentre, davanti alla Casa Grande, che poco si intravedeva, si poteva scorgere Miss Peak spiegare qualche antico testo per i pochi volontari della lezione. La maggior parte delle teste dei suoi studenti, anche se non li vedeva, poteva scommetterci, erano bionde e che tra loro figurava Iris. Ancora gli risuonavano nelle orecchie le parole del loro primo incontro: Nessuno dovrebbe essere lasciato solo. Questo è lo spirito del campo.

"Heilà, Gab. Che cosa fai qui da solo?"

Gabriel vide comparire nel riflesso sull'acqua, accanto al proprio, il viso di Winton. Nonostante il tremolio delle piccole onde, si accorse che sembrava pensoso. Non sorrideva. Cosa strana, per il capocasa di Demetra.

"Posso sedermi?"

"Ma certo! - rispose facendogli posto accanto a se - siediti pure!"

Win si sedette a gambe incrociate al suo fianco e osservò per un istante le naiadi. Poi si voltò verso Gabriel e accennò un sorriso.

"Come mai qui da solo?" ripeté la domanda.

"Bah, niente... ho finito il giro in canoa e volevo prendere un po' di respiro e... fresco ai piedi." rispose sorridendo Gabriel muovendo leggermente i piedi nell'acqua sperando che le ninfe non si offendessero. Il ragazzo più grande annuì e tornò ad osservare i movimenti delle naiadi.

"Tra poco dovrò richiamare la mia casa all'ordine. Ci sono le pulizie da fare." disse.

"È per questo che sei triste?"

"Non sono triste. Sto solo pensando. Sono un po' preoccupato per Marissa."

"Le è successo qualcosa?"

"Non l'hai vista in questi due giorni, vero?"

Ora che ci pensava no... era due giorni che non la vedeva in giro... non che fosse andato a cercarla, in realtà.

"No..."

"Ha avuto un colpo di frusta. A causa del piccolo incidente con il tuo fulmine. È costretta a tenere il collare morbido attorno al collo. Diciamo che si vergogna tanto da non uscire dalla cabina. È da due giorni che non la si vede in giro."

Gabriel si pietrificò. E si sentì anche una merda, subito dopo. Le aveva fatto male con il suo fulmine (suo... di suo padre) e non era nemmeno andato ad assicurarsi di come stava. Per due giorni non l'aveva cercata e aveva dato per scontata la sua assenza. Quale persona orribile farebbe questo? Non le avrebbe dato torto se ce l'avesse avuta con lui, cosa tra l'altro molto probabile. Guardò il suo riflesso nell'acqua e si sentì davvero nauseato all'idea che Marissa stesse pensando di lui quello che lui stesso pensava di Gabriel: che si sentisse troppo importante per stare accanto a chi lo aveva aiutato.

"Io... - le parole gli mancarono per un secondo - non lo sapevo. Cavolo... mi reputerà uno stronzo."

"Non penso che stia pensando a te più di quanto non lo stia facendo con Helen e gli altri che le danno fastidio." rispose Win, laconico "Non esce a causa loro. Quando è uscita dall'infermeria l'altro giorno le hanno detto... aspetta... ah sì: che ora sembra proprio un cane. E che potrebbero organizzare qualche lotta clandestina tra lei e Scarlett."

La Seconda IliadeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora