18. L'eleganza del bulldozer

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La capanna di Ecate era completamente ricoperta di pietre decorate da complessi intrecci di figure e parole. Quando era arrivata al campo, due anni prima, l'allora capocasa Oliver le aveva spiegato che ogni singolo simbolo era fondamentale quanto inutile. Questa era la base della magia di Ecate, così come della Foschia, vedere quello che si vuol far vedere. Tutto poteva essere fondamentale come tutto poteva essere inutile e trascurabile. Ed era così che Oliver era stato mangiato vivo da una sfinge a settembre di quell'anno, appena tornato a casa in Georgia. I suoi diciotto anni erano diventati troppo allettanti per tutti i mostri che giravano per l'America. Ne aveva pianto la scomparsa per settimane intere, da sola, ma non l'aveva mai detto a nessuno. Non era quella la Helen che si aspettavano, ma soprattutto non era quella la Helen che sapeva di essere. Oliver non avrebbe mai accettato di essere pianto in quella maniera, per questo preferiva onorate la sua memoria con un pensiero ogni tanto, cercando il suo nome tra le parole sulle pareti. Helen Bucket non era una sentimentalona, era come un ragazzo intrappolato in un corpo da ragazza. Provava sentimenti forti, assolutamente identificabili, senza mezze misure... come il suo amatissimo Wrestling e come il suo carissimo Bern, il suo ignaro fidanzato che ancora la credeva un'umana. Si erano messi assieme soli tre mesi prima, solo due settimane al campo e già le mancava... ma non aveva un cellulare con cui chiamarlo. Si sentiva un po' disonesta a mentirgli così sulla sua natura, ma essere figlia della dea della Foschia ogni tanto tornava utile, mentire era parte del gioco... e se un semidio perde al gioco significa che i mostri lo trovano. Meno persone metteva in pericolo meglio era.

La cosa che la infastidiva più del dovergli mentire era il non sapere cosa facesse, se la stesse pensando, insomma tutte quelle cose che agli umani sono permesse! Già era stato un dramma tentare di spiegargli che non sarebbe stata raggiungibile per tre mesi, ma Bernard sapeva che Helen era una tipa strana e aveva ceduto alla sua insistenza. Persa nei suoi pensieri notò solo all'ultimo un'ombra delinearsi su terreno accanto a lei. Si girò di scatto con le mani pronte a lanciare qualche incantesimo. Invece non era nessuno di pericoloso, e nemmeno Maria Donato della casa di Ebe... era solo Nigel Bluebell.

Nigel Bluebell... ah! Al mondo non sarebbe mai esistito un figlio di Iride più palesemente figlio di Iride di lui. Sbadato, sorridente, leggero come una farfalla, Nigel Bluebell era un biondissimo quindicenne californiano che avrebbe potuto concorrere per il ruolo di mascotte di tutto ciò che Beverly Hills rappresentava: superficialità, ricchezza, felicità acquistabile con una American Express oro.

Era residente estivo del Campo da solo da tre anni e aveva un oscuro, fastidioso, imbarazzante vizio. Ogni volta che arrivava, aveva con sé almeno cinque valigie.

Cosa c'era in quelle valigie? Ciò che Nigel pensava fosse lo scotto da pagare per avere degli amici: regali. Regali per tutti. Trascorreva le due settimane successiva distribuendoli come un Babbo Natale ringiovanito.

Anche quel giorno, ovviamente, non si faceva eccezione.

"Ciao, Helen!" esclamò allegramente, con un sorriso a quarantacinque denti bianchissimi.

"Ciao, Mirtillino!"

Mirtillino era uno dei tanti, pucciosi soprannomi di Nigel. Un po' per il suo cognome, un po' per il suo aspetto innocente. Il sorriso del californiano si ampliò.

"Come stai? Sei arrivata da poco, vero?"

"Già, ma noto che certe cose non cambiano mai, tipo Hart... MA TU! Tu come stai?" Disse la ragazza piazzandogli una mano sul coppino e stringendo bene con le dita. Nigel sorrise timidino e arrossì fino alla punta delle orecchie. I suoi occhi cangianti brillarono.

"Bene! Ho portato un sacco di regali bellissimi quest'anno!"

Il che non era sempre stato vero, dato che i doni Bluebell erano sì costosi, ma quasi mai adeguati alla persona. Insomma, voi c'è lo vedreste Robert Hart con una cravatta? No? E quindi che se ne fa di un fermacravatta, seppur costato un occhio della testa? La risposta corretta è assolutamente nulla. Con buona probabilità quel mastodonte pieno di risorse l'avrebbe tramutato in un arma di distruzione di massa.

La Seconda IliadeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora