80. Necesse est malus

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Il brusio alle spalle di Jasper divenne un vero e proprio borbottio di protesta e sgomento, che lentamente andava trasformandosi in rabbia. La cosa distrasse Jasper e Fabrice ne approfittò per arretrare ancora e ancora, fino a trovarsi a un metro dal fianco del Palladio.

"Jasper." Lo richiamò.

Jasper si girò fissando la folla che l'aveva fissato tutto il tempo, prima con sgomento poi con semplice e purissima rabbia. Era sempre stato fatto di rabbia e per tutto quel tempo aveva semplicemente tentato di negarlo a se stesso. Dal fianco, dove tutti gli altri semidei portavano la guaina della spada, Jasper estrasse le parti della sua lancia, per assemblarle con un gesto secco. Gli occhi neri sembravano essere diventati così scuri da poterci vedere dentro, se guardati con attenzione, uno spiraglio dell'Averno.

Brice osservò il movimento con una malcelata soddisfazione e sorridendo con il suo solito modo grazioso, sussurrò: "E ora, Jas? Ci spedirai tutti da tuo padre direttamente? È così che si fa bello un figlio di Ade dinnanzi al suo divino genitore?"

"Non voglio fare male a nessuno qui." affermò senza esitazione puntando la lancia contro Fabrice. "Ma per te ci potrei ripensare. Io pensavo fossi mio amico."

Forse fu più doloroso lo sguardo divertito che Fabrice gli rivolse, che lo fece sentire piccolo e ridicolo. Forse lo furono più le sue parole.

"Mi fai pena."

"Tira fuori quella cazzo di spada."

Fabrice rispose facendo un passo avanti, fino a che la punta della lancia AKEI di Jasper non toccò la sua maglietta impolverata. Il ragazzino tenne le braccia larghe e mormorò: "Dai, che aspetti? Uccidimi. Dimostra a tutti loro di che pasta sei in realtà fatto."

"Non sono un traditore. E non ti ucciderò."

Brice premette contro la punta e urlò: "Dai, uccidimi! Lo so che vuoi farlo! Te lo si legge negli occhi, lo sai, Jasper? Lo sai cosa diventano i tuoi occhi quando hai sete di sangue? Due buchi neri. Pensi di essere normale? Sei la cosa più lontana dal normale che ci sia, perfino per un semidio. Non saresti mai potuto essere come gli altri! Nessun semidio normale può essere figlio dell'Ospitale!"

"Sei stato tu che mi hai ripetuto che ero come tutti voi! SEI STATO TU A RIPETERMELO FINO ALLA NAUSEA!"

Brice emise un risolino che crebbe di intensità fino a divenire spaventoso.

"È stato così divertente fartelo credere."

"Se non ti uccido cosa farai? Li convincerai al linciaggio? Pensi che uccidermi fermerà questa macchina infernale?"

Fabrice si fermò, fissandolo, ma non si scompose. Con una manata allontanò dal proprio petto la punta della lancia e si mise a ridere di cuore. "Ecco un'altra prova!"

"Non è una prova! Se ti uccido mi faranno fuori, se non ti uccido mi farete fuori per qualcosa che non ho fatto!"

La frustrazione nel tono di Jasper era ormai palese, giunta a un punto critico. Quanto più questa cresceva, tanto più Brice sembrava felice, addirittura esaltato. Continuando a ridere, esclamò: "Che non hai ancora fatto, Jasper! Non siamo ancora finiti a casa di tuo padre, no? Ma è dove finiremo, tutti! Tutti!"

Ripeté quella parola con tono stridulo, indicando il figlio di Ade alla folla ormai rigonfia che lentamente entrava nella sala e poi si rivolse di nuovo a Jasper: "In fondo agli dei piacciono i sacrifici." Poi, senza aspettare una risposta o attendere una difesa, Brice fece scattare in aria un braccio al grido di: "TRADITORE!"

Immediatamente prima uno, poi due, poi tre, quattro, cinque voci si alzarono con quella di Fabrice, urlando la medesima, terribile parola: traditore. La massa compatta di maglietta arancioni e braccia levate al cielo dietro di Jasper ululò come il mare in tempesta e uragano fu nella mente del ragazzo. Più aumentava il rumore più si sentiva messo all'angolo, un animale in gabbia accusato di qualcosa che davvero non aveva idea. Non aveva mai tradito i suoi amici, semmai era stato tradito. Solo Fabrice era da incolpare per quel delirio che stava succedendo. Aveva progettato tutto fin da quando erano arrivati a New Troy probabilmente.

"Non è colpa mia" disse disinteressandosi alla folla verso cui aveva inizialmente puntato confuso la propria arma e rivolgendosi a Fabrice per guardarlo davvero. Una piccola serpe che aveva covato veleno per tutto quel tempo, per tenerlo d'occhio. Perché era questo che le persone facevano con lui, lo tenevano d'occhio.

"... è tutta colpa tua."

Questo disse prima di afferrare la lancia con entrambe le mani e sperare che il figlio di Atena schivasse ed estraesse la spada. Voleva fargli paura, minacciarlo, voleva solo che smettesse di parlare. Solo questo.

Ma il colpo non fu mai parato e la punta di bronzo tagliò la maglietta, la pelle, trovo la strada tra le costole facendo percepire il raschio inquietante per tutta la sua lunghezza, e spezzò il cuore. Morbido, gommoso e così fragile.

La forza della carica di Jasper spinse Fabrice proprio contro il fianco vicinissimo del Palladio e nell'esatto momento in cui il corpo del giovane figlio di Atena toccava il bronzo della statua, un anello di energia fu sprigionato al di sopra delle loro teste, scaraventando per terra tutti i presenti sulla soglia della sala.

Gli occhi di Brice incontrarono quelli di Jasper e, mentre una cascatella purpurea scendeva in celeri rivoli lungo il peplo di sua madre, gli sorrise. Era il sorriso che conosceva, quello del Fabrice campione di Mythomagic, del Fabrice delle corse di scarafaggi. Del Fabrice che era suo amico.

"Scusami." Bisbigliò, allungando una mano tremante nella sua direzione. Con il suo movimento il sangue colò sull'asta della lancia, arrivando fino alle mani del ragazzino. Jasper fissò Fabrice, pietrificato, incredulo davanti a quello che aveva appena fatto, ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, lo sguardo del suo migliore amico si spense e la sua testa si piegò in avanti delicatamente, come un fiore stanco. Il cervello di Jasper non riuscì a recepire l'immensa portata di quell'incubo, ma ingiunse alle sue membra di muoversi. Estrasse la lancia delicatamente, imbrattandosi di sangue fino ai polsi, la lasciò cadere a terra mentre il corpo di Fabrice rimaneva ancora stretto al fianco del Palladio, come in un ultimo abbraccio a sua madre. Jas fissò quello che aveva fatto senza davvero vedere e tutto probabilmente sarebbe rimasto così, cristallizzato in un eterno istante di incredulità, stupore e orrore, se Shoshanah non si fosse messa a urlare.   

La Seconda IliadeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora