54. La Seconda Iliade

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Fu un sogno a rivelargli che erano giunti. Un innocente, felice sogno in una notte accarezzata da una brezza leggera e fresca, in grado di spirare da sotto la porta chiusa e rinfrescare i suoi pensieri roventi. Un sogno che si apriva con una splendida radura al centro di una foresta vergine e incontaminata, verde e blu con tocchi di rosso in grado di volare o di spalancare i propri petali al sole. Farfalle grandi quanto piccioni volavano attorno a una cascata di cristallo da cui si alzava una nebbiolina in cui il sorriso di sua madre scintillava, l'acqua tintinnava della sua gioiosa risata che mai aveva scordata, nonostante l'avesse udita solo una volta in tutta la sua vita. L'aria era frizzante e profumata di fiori e pulito... e dello strano profumo di spezie proibite di Helen. Sì, perché c'era anche lei. Eccola seduta su una roccia riscaldata dal sole, sulle rive della polla d'acqua limpida, vestita di viola, con i corti capelli intrecciati a una corona di fiori tropicali grandi quanto una sua mano. Gli sorrise appena si accorse di lui. Fu grazie a quel sorriso che Nigel si accorse che non poteva essere reale: Helen non era capace di sorridere come stava facendo. Non era in grado di esprimere affetto con uno dei suoi sorrisi. Ne era sicuro, perché ora sapeva che Helen non sarebbe mai stato capace di amarlo. Era per colpa sua che ora lei e tutti gli altri si trovavano lì, no? Perché era questo che alla fine aveva capito: era lui Elena a questo giro. Era lui il capro espiatorio per la guerra.

"Benvenuto." Gli disse allegramente, aprendo le braccia a indicare quel bellissimo luogo onirico. "Non aver paura, avvicinati. Ti stavamo aspettando."

Solo in quel momento Nigel si accorse che tra le felci, le liane, gli alberi lussureggianti c'erano altre persone, vestite con colori diversi, le sfumature dell'arcobaleno. Erano tutti i suoi conoscenti del Campo, tutti quanti. Tutti quelli a cui aveva fatto un regalo, almeno una volta. Sorridevano per lui e lo sguardo di ognuno era posato sul suo povero corpo tremante.

"Perché siete qui?" Domandò, confuso ma quasi felice, perché in fondo tutto sembrava essere l'inizio di un'enorme festa di compleanno.

"Per te, Nigel." Dissero in coro.

"Per me?"

"Per te." Ripeterono tutti, divertiti dalla sua incredulità.

"Non ti potevamo lasciare qui." Chiarì Helen. "Senza di te il Campo non esiste."

"Sei importante per noi!" Rispose il coro.

"Quindi siamo venuti a prenderti. Così staremo per sempre assieme."

"Assieme."

"Assieme..." Mormorò incredulo Nigel.

"Sì, assieme."

"Assieme!"

"E torneremo al Campo assieme?"

"Staremo per sempre assieme!"

Nigel era felice, ma c'era qualcosa che non andava. Un sottile formicolio lo colse alla bassa attaccatura dei capelli. Cosa non tornava?

"Siete venuti a salvarmi?"

"Siamo venuti per te!"

"Staremo per sempre assieme." Ricordò Helen, per poi sorridere. Sorridere come mai aveva fatto, perché quello era un sogno, non la realtà.

"Perché non rispondete? Vi ho fatto una domanda!" Si spazientì il ragazzo, guardando prima lei, poi tutti gli altri. Lo stesso identico sorriso campeggiava sul viso di ognuno dei presenti. Cosa succedeva? Cosa non andava?

"Ragazzi, io..."

"Per sempre assieme!"

"Io..."

"Per sempre assieme!"

"Ascoltatemi!"

"Sempre... ASSIEME!"

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