A Jazlynn non piaceva il clima che si era creato. C'era qualcosa di sbagliato in tutto quello che stava succedendo, e non intendeva solo la presenza di una profezia super criptica e la graduale scomparsa a bolla di sapone di Nuova Roma. C'era qualcosa di sbagliato in quello che accadeva al Campo Mezzosangue.
C'era una strana atmosfera nella mensa a cielo aperto. Tirava un'aria tesa e di attesa. Tutti sembravano trattenere il fiato, pronti a scattare per ogni scricchiolio, ogni cigolio.
Jazlynn sedeva al tavolo dei suoi fratelli e si guardava in giro, cercando di comprendere l'effettiva fonte di quel nervosismo. Ma il fatto era che una fonte non poteva essere individuata da nessuna parte, se non nel sentimento diffuso di una tragedia in arrivo. Perché era così che la ragazza si sentiva: camminava sul ciglio di un dramma. Con un brivido, rigirando nel piatto un tozzo di pane nero non finito, pensò ai protagonisti delle tragedie greche in cui si era imbattuta durante le lezioni di lingua con la signorina Peak. Era questo quello che gli eroi provavano nel prologo? Una paura immotivata? Il senso di un imminente disastro? Jazlynn dalle tragedie aveva imparato che con il Destino non si poteva ragionare. E se nemmeno grandi uomini e celebri donne erano riusciti a vincerlo, come potevano pensare di farlo un paio di manciate di semidei minorenni? Non avevano nemmeno l'età per bere, figurarsi per combattere contro il Fato.
C'era una profezia su di loro, questo ormai era certo. Una spada di Damocle appesa all'ultimo filo di un'infida ragnatela. La sua presenza era innegabile. Quello su cui ancora potevano ragionare era: cadrà o meno?
Ma Jazlynn non lo sapeva. Forse non voleva nemmeno trovare una risposta. Era davvero così importante? In realtà lei era abituata a vivere con una spada sulla testa. Non era di certo la prima. Anzi, quella di Jazlynn non era nemmeno appesa: era già piantata tra le sue trecce bicolori e ogni giorno, ogni settimana, ogni vacanza trascorsa a casa, affondava un po' di più, cercando di passare attraverso il suo cervello, la sua colonna vertebrale, fino a sfiorarle e trafiggerle il cuore.
Era una spada che aveva sembianze umane e portava il suo stesso cognome.
"Jaz?"
Jazlynn fu distolta dai suoi soliti pensieri cupi dalla voce di sua sorella Courtney, la ragazza più grossa della casa di Ares. Si voltò a guardarla ruotando il viso appoggiato nel palmo della mano.
"Sì?"
Courtney sembrava a disagio. Si torturava le dita a salsicciotto e occhieggiava nervosa.
"Sono tutti silenziosi."
Era terribilmente vero. Anche i tavoli più affollati come quello di Ermes in quel momento osservavano un silenzio quasi religioso. Sandra, che solitamente animava intense conversazioni con i suoi fratelli, giocherellava con la propria forchetta. Il suo fedelissimo Mark fissava in silenzio il proprio piatto.
Lo stesso faceva la gran parte dei figli di Atena e di Apollo. La prole di Afrodite manifestava più nervosismo degli altri tavoli: da lì provenivano continui tintinnii e sussurri.
"Lo so, Courtney."
"Perché?"
Jaz osservò la sua buona sorella. Allungò una mano verso di lei, strinse la sua.
"Stiamo aspettando."
"Ma aspettando cosa? Callan e Marissa sono tornati con una profezia."
"Sì, ma non sappiamo da che parte prenderla."
"Quindi è come non sapere niente?"
"Peggio. Hai qualcosa che non puoi usare."
Courtney si avvicinò a Jaz sulla panca e la ragazza si ritrovò ad abbracciarla senza pensarci più di tanto. Ma non disse nulla per consolarla. Non sapeva come farlo. Qualsiasi cosa sarebbe stata una menzogna.
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La Seconda Iliade
FanfictionQuarant'anni sono passati da quando Percy Jackson ha rivoluzionato il mondo. In quarant'anni sono accadute molte cose - piccole e grandi, belle, brutte, bruttissime e 'Trump ha vinto le elezioni' level - eppure il Campo Mezzosangue è sempre qui, pro...