51. La sabbia e il testamento

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New Troy era imponente. Mentre si avvicinavano, era parso a tutti che la rocca si ampliasse, si gonfiasse come un enorme drago dormiente dalle squame bianche come il marmo, sotto il solleone dei tropici. Sue aveva spiegato a tutti che Troia, come il resto dell'eredità della mitologia classica, era emigrata in America accompagnando il potere occidentale, ma non aveva potuto trovare casa negli Stati Uniti come i Troiani non abitavano l'arcipelago dell'Egeo. La grande città mercantile di Ilio aveva bisogno di stabilirsi su uno stretto e quale miglior stretto di quello di Panama? In questo modo nel mezzo di una foresta vergine e ricca di insidie era sbocciato il bianco fiore della trappola per eroi.

La colonna del Campo Mezzosangue aveva camminato per quasi due ore poi, all'improvviso, la giungla si era aperta dinnanzi a lei in un grande spiazzo di terreno brullo e giallognolo: la landa desertica su cui il grande esercito acheo aveva piantato le tende secoli prima.

"Tutto come una volta." Aveva sospirato la Musa, mentre i ragazzi, chi con facce funere chi con la paura più nera dipinta in viso, avevano cominciato a montare le tende di cui erano stati equipaggiati prima della partenza.

Guardando da lontano Jasper aveva sentito un piccolo brivido, alla vista della città maledetta. Un brivido diverso da tutti gli altri che continuava a sentire per via della febbre. Non era sicuro di averla, ma da quando erano scesi dal treno aveva iniziato a sentirsi più gelido del solito, aveva iniziato a sudare ed era già svenuto due volte. Fortunatamente Marissa e Iris avevano escluso la possibilità che fosse stato infettato da qualche insettino mefitico, tuttavia non era comunque una buona notizia quella di andare in battaglia con la febbre a trentotto.

Ora, dopo aver montato la tenda, si era seduto al limitare dell'accampamento, sulla terra che avrebbe dovuto dargli conforto e che invece era bollente ed estranea. Non era la terra amica del Campo Mezzosangue. Parlava una lingua che lui non conosceva.

Un altro brivido. Percepì le labbra screpolate quasi scricchiolare quando sospirò affaticato. Non era solo il caldo a farlo stare male. Era un malessere più profondo quello che sentiva. Non aveva mai avuto l'asma ma sentì i polmoni fare fatica ad aprirsi. Con una mano subito si raggiunse la gola e provò a inspirare profondamente. Fu una sensazione straniante: sentì la gola espandersi ma l'ossigeno non gli portò nessun giovamento.

"JASPER!"

Il ragazzo si girò di scatto solamente per vedere Sue comparire nel suo campo visivo in tutta la sua ormai palesemente divina sportività. Non si accorse nemmeno di essere aiutato a sedersi dalle mani della direttrice, tanto era disorientato dalla sensazione di soffocamento.

"Cosa mi sta succedendo?" Riuscì a formulare dopo un paio di tentativi a vuoto.

"Non è solo febbre e penso che di questo ti fossi accorto da solo."

Dalla tasca della sua felpa blu la Musa estrasse un quadratino che assomigliava a cioccolato ma che Jasper sapeva benissimo essere Ambrosia.

"Tieni, dai un morsetto. Domani dovrai prenderne altra prima della battaglia, quindi non mi sembra il caso di esagerare."

Appena il cibo degli dei gli toccò la lingua, si sentì improvvisamente in grado di apprezzare di nuovo l'ossigeno senza maledirlo.

"Se non è febbre cos'è?"

"È un effetto collaterale del fatto che non sei abituato alla tua natura di semidio. Questo è stato un campo di battaglia per secoli. Se provassi ad ascoltare cosa ti dice la terra capiresti."

"Questa terra non mi dice niente."

"Forse ti sta dicendo troppo e tu non riesci a capire. Se vuoi ti posso aiutare."

La Seconda IliadeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora