~Dieci~

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Gabriel

<<Come hai fatto a ritrovarti un coltello puntato alla gola? Non avresti dovuto avere una pistola con te?>>
Siamo di nuovo nella mia macchina. Dopo avergli promesso che almeno per il momento non l'avrei riportata indietro, si è convinta a non fuggire via e a finire almeno di mangiare.
Credo si sia lasciata trascinare soprattutto per quest'ultima parte, e forse per l'aria condizionata in auto.
Fuori c'è un caldo infernale.
<<Non riuscivo a prenderla. Era nella fondina. Dovevo pensarci prima>>
<<Dovevi pensarci prima? Ti sei avvicinato a due tipi loschi senza la pistola fra le mani? Non è a questo che vi serve? Ma che ti passava per la testa Gabriel?>>
Un attimo, è arrabbiata?
Sembra quasi che mi stia rimproverando.
<<Erano due bambini. O almeno, credevo così. Pensavo che li avrei terrorizzati puntandogli un'arma contro, poi...>> il mio sguardo si perde in lontananza mentre rivivo la scena.
<<Poi cosa Gabriel?>> la sento mormorare con un tono più dolce. <<Li hai visti in faccia e ti sei reso conto che i loro occhi erano quelli di due quasi adulti?>>
A quelle parole esco dal mio stato di trance e la mia testa con uno scatto si gira verso di lei.
Si, è proprio come ha detto.
<<A volte la vita non ti permette di viverti gli anni che hai. E sicuramente non lo permette a questi ragazzi. I genitori se ne fregano, hanno fame, hanno freddo.... e se decidi che vuoi sopravvivere comunque, non ti importa più neanche come. Puoi iniziare a spacciare, a rubare, a uccidere. Pensi che se nessuno ha dato niente a te, tu non devi niente a nessuno>>
Ora è Alex che ha lo sguardo perso, lontano.
Perché ogni volta che parla mi viene la pelle d'oca?
È come leggere un libro, un giallo magari, dove pagina dopo pagina scopri qualcosa che non ti saresti mai aspettato. Non te lo aspetti eppure ti rendi conto che è perfettamente coerente con tutto il resto.
Quei libri di solito diventano la mia ossessione.
<<Tu hai mai dovuto fare niente del genere?>> le chiedo a fatica.
Torna a guardarmi. Non ha alcun problema a farlo, a sostenere i miei occhi. Indagatori o altro che siano.
<<No. E non lo farei per nessuna ragione>>
Annuisco.
<<Dal modo in cui parli, sembra che tu conosca bene anche quel mondo>> osservo.
<<Conosco bene un sacco di mondi io>>
<<Il mio, ad esempio>>
<<Sì, quello sicuramente. Ti ricordi quando ieri ti ho detto che questo lavoro avrebbe creato un sacco di problemi a uno come te? Ecco a cosa mi riferivo>>
<<Che significa?>>
<<Significa che hai dentro una tale voglia di aiutare gli altri, di fare del bene, di fare la cosa giusta, che tendi a mettere la tua sicurezza in secondo piano>>
Chi è questa ragazza spuntata dal nulla che riesce a inquadrarmi più in fretta di quanto abbia mai fatto chiunque altro?
<<E ti è bastato vedermi sbagliare una sola volta per capire queste cose di me?>>
<<No. Veramente mi è bastato osservarti per circa un minuto quel giorno, davanti al murales>>
<<Ah, sono così facile?>>
Da decifrare, sto per aggiungere.
Ma la sua battuta mi precede.
<<Non lo so, dimmelo tu, sei uno facile?>> ammicca, spostando la conversazione su un piano più leggero.
Provo a guardarla storto ma mi esce una smorfia perché non so trattenermi dal sorridere.
<<Scherzi a parte, no, non sei uno facile. In nessun senso, ci scommetto. E che io so percepire l'aura delle persone>>
Risata ironica, non posso trattenerla.
<<Ah si? Hai ricevuto un qualche dono superiore?>>
<<No. Ho ricevuto molto tempo per potermi soffermare ad osservare la gente>>
E siamo di nuovo al momento serio.
'A volte la vita non ti permette di vivere gli anni che hai'.
Quella frase continua a girarmi in testa, ed è chiaro che sia autobiografica.
Quel corpo da sedicenne racchiude il quoziente intellettivo di una donna che di anni ne ha almeno il doppio.
Suppongo che l'esperienza non vada di pari passo con l'età.
<<Non ho idea di cosa voglia dire dover crescere tanto in fretta>>
Mi ritrovo ad esprimere quel concetto ad alta voce senza quasi rendermene conto.
Sono abituato a poter parlare quasi sempre liberamente di ciò che penso, non ho mai avuto bisogno di poi così tanti filtri.
Con lei ciò che mi passa per la mente però, vorrei riuscire a tenermelo dentro. O a non sentirlo affatto.
Perché ciò che sento è una curiosità viscerale verso questa persona che ho accanto.
E razionalmente, so che non va bene.
Forse semplicemente sono curioso perché è molto diversa dalla realtà che da sempre conosco.
Forse, forse, forse.
<<Parli ancora di quei ragazzi?>>
<<No, mi riferisco a te>> ammetto.
<<La prima cosa che impari, è a fare affidamento solo su te stessa. Almeno sai che da quel momento in poi, comunque vada, saprai più o meno cavartela>>
Come può accettarlo tanto facilmente?
<<È in questo modo che intendi continuare a vivere? Più o meno cavandotela?>>
<<Quante scelte credi che abbia?>> sbotta ferita.
E capisco che no, non lo accetta facilmente ma per come la vede è forse l'unica soluzione.
<<Se provi a vivere per un po' in quell'orfanotrofio... magari prima o poi avrai una famiglia>> rispondo cauto.
Chi non la vorrebbe una ragazza simile?
<<Ho un concetto diverso di famiglia ormai. Sono le persone che imparano a conoscermi e poi a volermi bene, non due adulti che si sentono soli e decidono di comprarmi da un orfanotrofio come se fossi un cucciolo a una svendita di animali>>
I suoi pensieri sono talmente duri da farmi sobbalzare. E stringere il cuore.
E infine mi stupiscono. Sono concezioni... mature, della vita.
Concezioni che dovrebbe avere un sessantenne che ha già visto di tutto nel corso dei suoi lunghi anni.
In fondo, non è meglio ricevere affetto da chi te lo da perché vuole e non perché deve?
<<Perché dici comprarti?>>
<<È una struttura privata, non lo sapevi?>> risponde distrattamente. Sta guardando l'ora sul cruscotto.
<<Devo andare>>
<<Sei seria?>> la fermo, per prendere tempo, non ho ancora deciso se lasciarla libera o... o no.
<<Ho davvero chi si occupa di me Gabriel>> ripete, inchiodandomi con quegli occhi intensi.
Merda, non riesco a riportarla in quel posto che odia tanto. Non riesco a fare il mio lavoro con lei.
Non quando mi guarda così, non dopo ciò che ci siamo detti, non se penso che mi ha salvato.
Prendo una decisione impulsiva.
<<Vattene pure. Ma prima prometti una cosa. Anzi, giuramela>>
<<Cosa?>>
<<Non capitare più sulla mia strada. Per nessuna ragione. Non ti voglio più vedere, tu mi fai commettere degli errori Alex. Con te mi sembra di tradire tutto quello per cui ho sempre lavorato, è come tradire me stesso. Non farmi questo>>
E non guardarmi come se mi leggessi dentro maledizione.
<<Non te lo giuro Gabriel. Perché ho proprio l'impressione che invece le nostre strade si incroceranno ancora. Sarà quasi inevitabile. E di sicuro non è qualcosa che ho il potere di controllare>>
<<Alex...>>
<<Ma se proprio ci tieni, ci proverò. E se questo fosse davvero un addio... è stato un piacere Gabriel>> si allunga verso di me, per darmi un bacio sulla guancia, ma siccome non capisco cosa stia per fare, vedendola avvicinarsi, mi volto.
E le sue labbra sfiorano le mie.

Alex

Volevo solo lasciargli un bacio sulla guancia.
Poi lui si è girato, e la mia bocca ha toccato la sua.
È stato uno sfregamento leggerissimo di labbra.
Quasi niente.
E io ho sentito di tutto.
Sono così confusa dalle sensazioni che mi si agitano dentro, sensazioni che non riconosco perché non le ho mai provate, che mi si annebbia la mente.
È come se in quel momento fossi fatta solo di... solo del mio corpo.
Solo di sensazioni.
È normale?
Non sono un esperta in materia.
Affatto. Non sono mai stata tanto vicina ad un ragazzo.
Non c'è mai stato un ragazzo con cui volessi stare tanto vicina.
Ma che vado a pensare?
Non sono propriamente in me adesso, ma sono almeno sicura che avere la sua bocca addosso... non mi da fastidio, no.
Credo addirittura che sia piacevole.
Sto pensando di accertarmene quando Gabriel, dopo essere rimasto immobile un momento di troppo, fa un piccolo scatto all'indietro.
Io quasi di riflesso, lo prendo per il viso e lo bacio.
Un bacio vero stavolta.
Di quelli che ho letto in qualche libro, e visto a volte nei film.
Prima premo forte le labbra contro le sue, poi gliele bacio piano, poi le assaggio con la lingua.
Ha un fremito in quel frangente, lo avverto subito.
Il mio primo vero bacio.
Credevo l'avrei dato all'uomo che avrei amato profondamente.
Era l'amore a rendere un bacio meraviglioso, no?
Eppure ora non riuscivo a immaginarne uno ancora meglio di questo.
Gabriel mi lascia fare per qualche secondo, e infine si allontana davvero.
Mi guarda sconvolto.
Si passa le mani nei capelli fino a tirarli, e io seguo il gesto pensando che ho una gran voglia di fare lo stesso.
<<Che fai Alex?>> chiede, con la voce spezzata.
Già, che faccio?

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