~Ventisette~

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Jason

Sono due giorni che mi sento un fuoco dentro. Un fuoco che arde, brucia, vive. Mi risveglia.
Non posso assolutamente permettere che si spenga.
È per questo che torno imperterrito al negozio sulla spiaggia dove lavora Riley, con la mia tavola nuova sotto il braccio.
E be', perché quelle lezioni di surf le voglio sul serio.
Il tizio dell'altra volta mi viene incontro.
<<Sei qui per le lezioni?>>
<<In effetti si>>
<<Hai già imparato le posizioni da tenere sulla tavola?>>
<<Diciamo che non ho ancora iniziato con le lezioni vere e proprie>> in teoria quell'incontro con Riley in spiaggia valeva come prima lezione, ma non abbiamo concluso nulla, perciò...
<<Oh non c'è problema. Il ragazzo che hai conosciuto l'altro ieri sta giusto cominciando dalla basi con due ragazze, puoi unirti a loro>>
Lo ringrazio e scendo subito in riva al mare, dove lo vedo in canottiera e bermuda. E con due ragazzine appiccicate al fianco.
Speravo restassimo soli.
Aspetterò che vadano via per attaccare.
Faccio cadere con un tonfo la tavola accanto a loro, e tre teste si voltano con uno scatto verso di me.
Riley spalanca gli occhi, le due biondine sorridono.
<<Il tuo capo mi ha detto di aggiungermi a voi>> esordisco, guardando soltanto lui.
Mi fulmina con gli occhi e io sfodero un sorriso accattivante.
Mi sfilo i pantaloncini e la maglietta, li getto sulla sabbia e resto in costume.
Credo che alle due ragazze stia venendo un infarto per come mi fissano.
Ma la mia attenzione è tutta per lui. Il mio cuore sussulta per il modo in cui quegli occhi sfiorano la mia pelle, dalle braccia ai tatuaggi, dalle gambe alla zona costume.
Quando ha finito serra le palpebre, e si strofina i capelli bagnati.
<<Continuiamo >> ordina brusco rimettendosi sulla tavola.
Lo imito, trattenendo un sorriso. Comunque dubito che queste due siano davvero qui per imparare qualcosa. Sono curioso di vedere come andrà a finire questa mezz'ora.

Finisce col cliché più ovvio che possa esistere.
Le bionde si scordano presto di ciò per cui in teoria sono qui, e cominciano a provarci con noi.
Una volta ne avrei approfittato.
Oggi devo trovare il modo di levarcele di torno, ma Riley che sta al loro gioco e mi lancia occhiate di sfida non è certo d'aiuto.
Perché fa così?
È come se volesse dimostrarmi che gli piacciono le ragazze.
Ma tra il modo in cui guarda loro e quello con cui ha guardato me, non c'è paragone.
<<Quand'è che si entra in acqua?>> sbuffo accaldato a un certo punto.
Ho bisogno di un bagno.
<<Non oggi>> mi zittisce Riley.
Cos'è quel tono?
Non oggi un accidente.
Alzo la tavola dalla sabbia ed entro in acqua.
<<Piantala Jason, non sei pronto per qualunque cosa tu voglia fare>> mi urla dietro.
Non lo ascolto. Cammino finché l'acqua non mi arriva al petto.
Lascio per un momento la tavola a galleggiare e mi immergo completamente.
Torno su per prendere una boccata d'aria e vedo Riley a un metro da me, allontanarsi incazzato, con la mia tavola sotto il braccio.
<<Ma che diavolo fai?>>
<<Cerco di non farti affogare idiota>>
Era ovvio che non mi sarei messo a cavalcare onde giganti, non poteva ritenermi tanto stupido.
Lo raggiungo e lo afferro per la canottiera ormai bagnata. Lo tiro indietro e lo faccio finire giù.
Riemerge stringendo i pugni, ha una gran voglia di picchiarmi e la cosa mi fa ridere.
<<Ma che cazzo di problema hai?>> mi strilla in faccia.
<<Perché non mi lasci in pace?>> replico.
<<Non lo voglio un morto sulla coscienza>>
<<Gentile da parte tua>> osservo sardonico.
Intanto lancio un'occhiata alla riva e vedo le ragazze rivestirsi e andarsene.
<<Le tue amichette sono andate via>>
<<Ma chissenefrega!>>
<<Allora perché gli permettevi di strusciarsi addosso a te?>>
Tutta quella rabbia e quella forza combattiva lasciano il suo viso, i suoi occhi, i muscoli.
E quello che vedo ora è... tormento.
Smetto di fare lo sbruffone e lo strafottente anch'io.
Sta male sul serio per questa cosa.
E io non ci avevo dato peso. Non davvero.
Perché per me, in un certo senso, era stato facile farci i conti.
Avevo iniziato a provare nuove sensazioni e avevo preso a rincorrerle a capofitto.
Ma il fatto che fosse semplice per me, non significava che dovesse esserlo anche per lui.
Ero stato insensibile.
Lo sorpasso mentre a spalle basse sta uscendo dall'acqua, e mi ci piazzo davanti.
<<Scusa>>
<<Lascia perdere Jason>>
<<Ma io non voglio lasciarti perdere!>>
Sostiene il mio sguardo ma scuote piano la testa.
Gli piazzo le mani sulle spalle e lui sussulta.
Non so neanche io cosa voglio fare.
Riley aspetta terrorizzato la mia prossima mossa.
Mi guardo svelto in giro, le poche persone rimaste in acqua o in spiaggia sono lontanissime da noi, non ci distinguerebbero mai.
Faccio scivolare le dita sui suoi fianchi e lo tiro a me.
Accosto il viso al suo, certo che presto si scanserà.
Invece l'unica reazione è il respiro pesante, sembra abbandonato fra le mie mani.
Gli sfioro le labbra bagnate.
<<Ne so quanto te in questa storia Riley, se vogliamo capirci qualcosa... mi devi aiutare>> e gli do un bacio breve ma intenso sulla bocca.
<<Mi devi aiutare>>
Un altro.
<<Cazzo Riley aiutami>> glielo sussurro labbra contro labbra e sento le sue schiudersi.
Mi morde il labbro inferiore.
Poi lo lascia andare con un sospiro.
<<Non sono pronto>> ammette, premendo la fronte contro la mia.
Siamo così vicini, per metà immersi nell'oceano, il vento leggero che ci scompiglia i capelli...
Questa situazione dovrebbe significare un'altra cosa.
E invece mi sta respingendo.
<<Ti ho chiesto di aiutarmi a capirci qualcosa, non di sposarmi>>
<<Non sono pronto neppure a capirmi Jason>>
Si, lo immaginavo.
<<Be' io però ne ho bisogno. E se non mi dai una mano tu, cercherò altrove>>
Lo allontano.
E me ne vado.

Riley

Non sono pronto a capirmi.
La verità è che forse ho già capito sin troppo.
E più capisco, più è difficile ignorare tutto questo.
Mi immagino come si stravolgerebbe la mia vita se lo accettassi.
Me lo immagino la sera, mentre sono a tavola con i miei genitori.
Un padre imprenditore e una madre casalinga.
Con una mentalità così antica che è impossibile trovarne di simili.
La famiglia e la fede sono tutto nella vita.
Già, siamo anche gente di chiesa.
Non c'è un solo fattore che vada a favore di ciò che sono.
Come potrei vivere in questo mondo se mi rivelassi?
Non potrei, ecco come.
E in tutto questo casino, la cosa che più mi tormenta, è Jason che ripete quella maledetta frase prima di sparire.
Cercherà altrove.
Mentre io me ne sto qui a sentirmi impotente, lui è libero di fare le esperienze che vuole.
Di andare avanti. Senza di me.
Che resterò indietro. Senza di lui.

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