~Cinquantanove~

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Jason

Cos'è questo rumore fastidioso?
Metto la testa sotto al cuscino nel tentativo di attutirlo, insieme ai primi sprazzi di luce mattutina che filtrano dalla finestra.
Ma quel suono continua insistente, fino a tirarmi a forza fuori dal mondo dei sogni, finché non sono completamente sveglio.
Stanno bussando alla porta del garage.
Chi diavolo è a quest'ora?
Afferro il telefono e leggo sul salvaschermo che sono le undici passate.
Ah, credevo non fossero neppure le otto.
Visto che chiunque sia non pare aver intenzione di cedere, mi alzo a malincuore strofinandomi la faccia.
Riley dorme ancora, disteso a pancia in giù sulla sua parte di materasso.
Ma quanto è assurda questa storia? Nessuna ragazza ha mai passato più di qualche ora qui con me. E invece adesso divido il letto con Riley ogni notte, mi sveglio con lui. Vivo con lui, visto che ormai si è trasferito in pianta stabile.
Stranamente la cosa non mi da fastidio. Mi piace. Perché Riley mi piace. Un casino.
Saranno passati almeno dieci minuti quando attraverso il salotto e apro la porta.
<<Mamma? Papà?>>
Devo avere l'espressione di uno che ha appena visto l'apparizione della Madonna.
Che cavolo fanno qui?
<<Buongiorno Jason. Ci fai entrare?>>
Mi faccio da parte, e loro si dirigono verso il divano. Non mi sfuggono le occhiate indagatrici che si lanciano intorno.
<<Carino>> dichiara mamma.
Carino. Non rispondo neanche.
<<È un po' che non ti vediamo figliolo>>
<<Settimane impegnative papà>>
Non mi dilungo troppo con le spiegazioni.
Perché, vi sono mancato? Ho quella domanda sulla punta della lingua, ma alla fine me la rimangio.
<<Siamo passati per darti due notizie>>
Ah, col cavolo che gli mancavo.
<<Spara mamma>>
Fa una smorfia contrariata al mio linguaggio e infila una mano nella borsa. Esce una busta bianca e me la porge.
<<Tua cugina Nicole si sposa. Ci ha invitati al matrimonio, è tra un mese. Spero che ci verrai>>
<<Vedremo>> borbotto vago. <<Qual è la seconda notizia?>>
<<È più che altro una proposta. Una proposta di lavoro. Una mia amica ha aperto un ristorante e sta assumendo un sacco di camerieri. E se vuoi, be', un posto è tuo. Avresti un contratto regolare, uno stipendio fisso. È una buona occasione Jason, anche perché mi sembra che tu non abbia nulla da fare tutto il giorno>>
E questa cosa la sconvolge proprio tanto eh? Lo so cos'è che pensa. Che io passi il mio tempo fra donne, letto e chissà quale losca attività.
Farebbero di tutto per avere ancora un minimo di controllo su di me.
Ma io che firmo un contratto a tempo indeterminato per fare il cameriere? Sul serio? Sono troppo giovane per sbattermi dietro a ricchi permalosi e abbandonare la speranza di capire ciò che voglio davvero diventare.
<<Avete proprio grandi aspirazioni per vostro figlio>> rifletto tagliente.
<<Tu ne hai di migliori per te stesso?>> ribatte mio padre, piazzandomi il suo sguardo serio addosso.
Devo mordermi la lingua a sangue per non rispondere in modo molto, ma molto, maleducato.
<<Oh, adesso vi importa di nuovo? Funziona a periodi? Per un po' è come se non esistessi, poi un giorno avete del tempo libero e vi ricordate di avere un figlio? Siete incredibili, lo sapete? E...>>
Oh cazzo. Cazzo.
La porta della mia stanza si è aperta. E c'è Riley sulla soglia. In pantaloncini, senza maglietta, con i capelli scompigliati e la faccia assonnata che però, appena si ritrova questo simpatico spettacolino davanti, si risveglia subito.
<<Ehm... buongiorno>> mormora prima imbarazzato e poi spaventato.
I miei lo fissano con tanto d'occhi.
<<Jason? Un ragazzo mezzo nudo è appena uscito dalla tua camera da letto>> osserva mia madre, tornando a me. <<Perché?>>
<<Te lo spiego io perché Helena>> interviene papà <<Sicuramente ieri sera si è sbronzato in qualche bar, con uno dei suoi stupidi e incoscienti amici, e avranno finito per portarsi a letto qualche povera ragazza ubriaca. Ve la siete spassata ragazzi? Eh? Si sentono storie simili di continuo nei telegiornali>>
Sono furioso. Furioso.
Lancio un'occhiata veloce a un Riley alquanto sconvolto, e infine scoppio.
<<Quello è il mio ragazzo! E per nessuna ragione al mondo vi permetterò di parlare male di lui in mia presenza! Non fate altro che giudicare e giudicare, non lo conoscete neanche! Fuori da casa mia, subito>>
Non so se sono più scioccati per il fatto che sto con un ragazzo o per come mi sono rivolto a loro.
Non gli do il tempo di elaborare, li spingo verso l'uscita ignorando gli insulti e le proteste.
<<Spero che tu rinsavisca. Perché ora come ora, mi dispiace davvero parecchio per te>>
Gli sbatto la porta in faccia. Mi volto per scusarmi con Riley, ma lui si sta dirigendo a passo di marcia verso di me, e poi fuori dalla porta che ha riaperto.
<<Dovreste dispiacervi per voi stessi! Avete un figlio fantastico e mentre voi fate gli idioti, io me lo godo appieno!>>
Dopodiché torna dentro.
<<Forse l'ultima parte potevo risparmiarmela>> dice titubante.
<<Scherzi? È stata la parte migliore>> lo tranquillizzo, tirandomelo addosso per regalargli un bacio di ringraziamento.
Ammetto che questo gesto mi ha fatto saltare qualche battito.
È bello che qualcuno ci tenga così tanto a te, da scomodarsi dal suo comodo posticino per difenderti.
<<I nostri genitori sono un casino>> mormora stringendomi i fianchi.
Cavolo se ha ragione.
Riley domenica scorsa ha raggiunto i suoi per vedere com'era la situazione.
Li ha aspettati fuori dalla chiesa, e la prima cosa che loro gli hanno chiesto, è stata di parlare con un prete per risolvere il "problema".
Una specie di esorcismo.
Che stronzi. A lui non l'ho detto ma lo penso eccome, soprattutto perché so quanto ci sia rimasto da schifo.
Com'è normale che sia del resto.
<<Ce la caveremo anche da soli>> dico convinto, trascinandolo sul divano.
<<Jason? Grazie per esserti preso cura di me quando non sapevo più dove sbattere la testa>>
<<E ho persino dovuto convincerti perché tu me lo permettessi>> scherzo.
Ma la verità è un'altra. Quel grazie dovrei dirlo io, perché quando mi sentivo perso e senza niente per cui valesse la pena lottare, è comparso lui.
Mi avrà pure scovato per primo, in quel pontile sulla spiaggia, ma sono io che ho trovato quel qualcosa che mi mancava, che cercavo, di cui avevo bisogno.
Sono abbastanza sicuro che all'inizio mi sono preso cura di Riley più per egoismo che altruismo. Lo volevo per me più di quanto volessi che stesse bene.
Adesso però non so confermarlo con certezza. Non so bene quando è successo, ma c'è stato un momento dove la situazione si è invertita, e oggi mi importa più che stia bene che averlo per me.
<<Oddio ho dato dell'idiota a tuo padre e a tua madre. E gli ho detto che godo appieno di te>>
<<Non preoccuparti se ha fatto male a loro. Pensa che ha fatto bene a me. Probabilmente ci riderò su a vita>>
<<Probabilmente ci riderò su con te>> replica rilassandosi addosso a me.
Nonostante tutto, si prospetta un futuro niente male.

Riley

Tutto quello che avevo immaginato avrei avuto e realizzato nella vita?
Non ho idea di che fine abbia fatto.
Nel garage e fra le braccia di Jason, mi ritrovo nell'ultimo posto in cui avrei potuto pensare di essere.
Ma ci sto bene. Ci sto meglio che in qualsiasi altro luogo.
Non so perché ci ostiniamo sin da ragazzi a fare progetti, come se la vita fosse un percorso sempre lineare, senza sbavature, senza imprevisti, senza sorprese.
O senza ripensamenti, senza ricadute.
Si può stare bene anche senza quelli. Sono le persone che ci fanno stare bene. Persone che spesso conosciamo da così poco, ma che ci danno così tanto.
Jason non mi doveva niente, i miei genitori sì. Perché mi hanno voluto. E poi improvvisamente non più.
Ormai l'ho accettato, sebbene consapevole che quel senso di perdita non se ne andrà mai da me.
Ma è la vita vero? Non si può sempre vincere suppongo.
Ho perso un pezzo importante. Un pezzo di me, della mia infanzia.
Però ho anche guadagnato qualcosa.
Di altrettanto bello e importante, per quanto inaspettato fosse.
Ho questo presente con Jason.
E magari avremo anche un futuro.

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