~Quarantanove~

8.2K 450 34
                                    

Gabriel

Con questa atmosfera, mangiare è proprio l'ultimo dei miei pensieri.
In ogni caso di certo non ho intenzione di dirlo ad Alex, non dopo che si è data tanto da fare, ordinando antipasti e dolci che sembrano parecchio costosi e raffinati.
Ancora non capisco il perché di tanto disturbo. E non mi riferisco alla sorpresa che ha voluto farmi, ma al vestito, alle candele e a qualsiasi cosa abbia richiesto più sforzi del necessario.
Ormai lo sa che mi basta lei e soltanto lei. Non mi importa dove ci troviamo, cosa facciamo o cosa indossiamo.
Anche se per quel vestito non posso sicuramente lamentarmi, i miei occhi non cambiano traiettoria e non spostano l'attenzione dal suo corpo dal momento in cui sono entrato in casa.
<<Come va il ginocchio? E le mani?>>
Accarezzo con le dita la fasciatura bianca sulla gamba, e poi le prendo dolcemente un polso per portare il palmo della mano alla mia bocca e lasciarci un bacio.
<<Stasera non voglio ricordare tutti i problemi che ci portiamo dietro Gabriel, ci siamo noi e solo noi. Niente drammi, niente lavoro, niente casini, niente paranoie. Siamo due ragazzi che hanno un appuntamento. Ne ho bisogno>>
Ne ha bisogno. Quella frase mi fa rendere conto, ancora una volta, di quanta forza debba servire ad una ragazza di sedici anni per affrontare tutto questo senza lamentarsi praticamente mai.
Sul serio, non riesco a ricordare uno sguardo, una parola o un atteggiamento che non esprimesse rabbia, voglia di lottare, tenacia, determinazione. Vendetta. Le volte che l'hanno fatta cadere equivalgono a quelle in cui si è rialzata, ogni tanto forse con l'aiuto mio o di Jason, ma troppo spesso da sola.
Sarebbe potuta diventare una sposa bambina. Ha rischiato di essere una delle tante ragazze sottomesse alla famiglia, una delle tante storie quasi sconosciute al mondo.
Invece si è ribellata. In caso contrario, dove sarebbe adesso? E sopratutto, con chi? Con quel bastardo...
<<Gabriel? La tua faccia dice tutto meno che mi hai ascoltato e hai lasciato fuori da qui i casini>>
Ha ragione. Quelle domande mi tormentano già abbastanza la notte non facendomi dormire, almeno adesso posso mandarle via.
Devo distrarmi.
<<Perché hai fatto questo Alex?>> e la mia è semplice curiosità.
Lei alza le spalle e distoglie lo sguardo un attimo prima di riportarlo su di me.
<<Volevo ridarti un po' del tuo mondo. Un po' di eleganza..>> e indica i nostri vestiti.
<<Un po' di raffinatezza...>> e si guarda intorno.
<<Per una sera ho messo da parte il mio di mondo e ho provato a fare spazio al tuo. Ho messo da parte i jeans strappati, il cibo di strada, la sabbia che si attaccava alla pelle>>
Voleva ridarmi un po' del mio mondo.
<<Alex... parli come se ti sentissi in colpa per avermi tolto qualcosa. Piantala, non è così. Non me ne è mai importato nulla di vestire elegante, di mangiare cibo raffinato, di vivere in una casa sfarzosa... se questa sera è tutto fantastico è perché lo sto condividendo con te. Perché il vestito ti sta un incanto, perché le candele creano l'atmosfera perfetta per fare l'amore...>>
<<L'idea era proprio quella>> mi interrompe lei, con le guance già accaldate al solo pensiero.
<<Meno male che siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Sicuro che non tornerà nessuno stanotte?>>
Mi basta un suo cenno di assenso per spingerla giù sul pavimento, sopra il tappeto morbido, e sollevarle la gonna del vestito fin sopra la vita.
Dopotutto credo che glielo lascerò addosso stavolta. Tolgo gli indumenti che ci sono di intralcio, e un minuto dopo siamo già un'unica cosa io e lei. Un intreccio di mani, braccia, gambe e labbra che nessuno riuscirebbe a districare.
Ed è esattamente così che deve essere, nessuno può avere il potere di dividerci, in questi due mesi siamo diventati l'uno parte dell'altra.
Lo sento ogni volta che me la trovo davanti, e lo so per certo quando sono dentro di lei.
Oggi mi stupisce prendendo il comando, glielo lascio fare, sorpreso e al settimo cielo. E continuo a lasciarglielo fare anche quando capisco che sta usando il mio corpo per sfogarsi e per liberarsi di tutta la tensione accumulata.
La dolcezza e l'amore si trasformano in puro bisogno fisico per qualche minuto, e mi accorgo che la cosa fa bene anche a me.
Non lo sento sbagliato. Non ci stiamo usando, ci stiamo permettendo di alleggerire -per quanto possibile- un peso.
Un'ora dopo respiriamo pesantemente ancora distesi sul tappeto, Alex addosso a me, aggrappata ai miei fianchi come se fosse una bambina e io la sua bambola di pezza.
Sta piangendo, e posso soltanto immaginare il perché mentre le accarezzo i capelli e aspetto che mi parli.
Almeno le mie dita che passano leggere sulla schiena nuda e sul collo e fra i capelli la rilassano.
<<Sono una stupida. Ti chiedo di lasciare fuori i problemi per mezza giornata e poi sono la prima che non ci riesce per più di un paio d'ore. È come se fossero lì appostati nella mia testa, pronti a tendermi un agguato nei momenti meno opportuni... cos'ho che non va?>>
Odio che pensi sia lei ad avere qualcosa che non va, quando invece è tutta colpa delle persone che ha avuto intorno durante la sua infanzia.
E questa è la prima volta che crolla, mi rendo conto.
La mia bambina non è indistruttibile come vuole far credere a tutti.
<<Sei umana Alex. E quindi sei anche fragile, ed essere fragile non vuol dire avere qualcosa che non va. Ho capito quanto odi non avere il controllo di te stessa, renderti conto di non essere invincibile... Ma è così, non lo sei. Nonostante tutta la forza che dimostri. Nonostante la persona che sei diventata. Le ferite restano, e si riaprono. Puoi cedere qualche volta, mi hai sentita? Ti aiuto io a rialzarti dopo>>
<<Non posso permettermi di cedere adesso. E lo sai>>
Sospiro perché non posso contestare. E si, lo so.
Quanto deve fare schifo non poter abbassare la guardia neppure un attimo?
Per quanto può -possiamo- andare avanti in questo modo?
<<Ci serve aiuto Alex>>
<<Chi mai potrebbe dare aiuto a me Gabriel? Chi lo farebbe senza incastrarmi?>> ribatte ironica.
<<Forse... magari...>> mi schiarisco la voce perché so quanto è assurdo ciò che sto per dire. <<Magari mio padre>>
Si irrigidisce subito. Si tira su e mi lancia un'occhiata di fuoco.
<<Stai scherzando spero!>>
<<Non saltare a conclusioni affrettate, aspetta. Mi ha parlato, e sembrava dalla mia parte...>>
<<Io non posso permettermi di fidarmi di qualcuno che sembra dalla nostra parte>>
<<Non possiamo neppure continuare così Alex!>> esplodo.
Si allontana. Si allontana da me come se l'avessi tradita.
Non ho ancora fatto nulla dannazione!
Ma non ci vuole un genio per leggere i suoi occhi, e per capire che nella sua testa il danno l'ho già fatto eccome.
<<Non ce la fai più vero? Ti sei reso conto che se dovesse toccarti un'altra settimana del genere, impazziresti>> osserva triste.
<<Non è questo! Voglio che la donna che amo sia al sicuro!>>
Perché non lo capisce?
<<Non sono io quella donna>> sussurra, dopo un silenzio che non preannuncia niente di buono.
<<Ma che cazzo dici?>> le urlo dietro.
Non mi risponde. Si chiude in camera. Gira la chiave.
Vuole che me ne vada.
Doveva essere una bella serata.
La nostra serata.
Fra un ragazzo che si prende una pausa dal lavoro e una ragazza che può permettersi di fargli una sorpresa e chiudere per una volta tutte le cose brutte fuori.
Fra un ragazzo che per qualche ora vuole solo amare, e una ragazza che senza problemi può lasciarglielo fare.
Ha ragione come al solito.
Non è lei quella ragazza.

Per Te Sono ImportanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora