~Cinquantasei~

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Alex

Andiamo. Ha detto andiamo.
Insieme. Io e lui.
Ha anche detto amore mio.
Gabriel vuole venire con me.
Fino a un attimo fa credevo di essere completamente sola, e adesso la persona che più amo al mondo è qui.
Il punto è, posso permetterglielo?
Mentre resto per due minuti buoni in questo stato di trance, lui mi trascina fuori dalla stazione e poi dentro la sua macchina: mi apre lo sportello e mi spinge dentro neanche fossi una bambina. Fa il giro dell'auto -e dal parabrezza noto il suo guardarsi intorno nervoso- e viene a sedersi accanto a me, dal lato del guidatore.
Avverto il suo calore e il suo profumo in un modo così intenso che mi riprendo all'istante.
Ogni parte di me si risveglia, esattamente come si legge nelle favole quando il principe bacia la sua principessa.
<<Mio Dio Alex... ti ho trovata. Stai bene? Ti prego dimmi che adesso stai bene. Sei al sicuro, hai capito?>>
Gabriel continua a mormorare parole rassicuranti e a sfiorarmi sul volto e sulle braccia, forse crede che io sia sotto shock o qualcosa del genere.
Sono consapevole di essere ancora immobile e di fissarlo come se sotto shock ci fossi davvero, ma in realtà sto facendo tutt'altro.
Sto assorbendo ogni minimo dettaglio di quella bellezza che vedo fuori e che conosco dentro, sto recuperando almeno in parte quei giorni in cui potevo guardarlo soltanto con la mente.
Senza respirarlo, senza sfiorarlo.
<<Alex?>> mi chiama, per l'ennesima volta.
Sbatto le palpebre un paio di volte, e punto alle sue labbra. Prima con gli occhi, poi con la bocca.
E l'istante in cui finalmente lo bacio di nuovo, mi illudo che ogni cosa possa andare a posto.
Perché per me se c'è lui, ogni cosa è a posto sul serio.

Gabriel

Grazie al cielo è stata lei a prendere l'iniziativa. Bramavo un suo bacio dal momento in cui le ho stretto il polso fra le mie dita.
Se mi sono trattenuto, è perché mi sarei sentito uno stronzo a saltarle addosso quando non sembrava del tutto in sé.
Ma Dio se stavo impazzendo a forza di trattenermi.
Avevo bisogno di quel contatto: per rivivere quei brividi e quelle emozioni estatiche, per accertarmi di averla ritrovata davvero, per sentire il suo sapore prima che rischiassi di scordarlo.
E ne avevo avuta di paura a tal proposito. Di dimenticare non soltanto il sapore di quelle labbra a cui avevo rubato l'innocenza, ma anche il suo profumo, il suo viso.
Rallenta Gabriel, rallenta. Me lo ripeto ma non serve a nulla.
La sto baciando proprio come ci si aspetterebbe da un uomo che non bacia la sua donna da settimane: le invado subito la bocca con la lingua per cercare la sua, poi torno sulle labbra, le mordo, le torturo.
Vorrei poter arrivare in ogni parte di lei allo stesso momento, vorrei che potesse sentire i miei baci dappertutto.
Mi accontento di prendermi un po' di Alex per volta, e di vederla ricambiare con la stessa passione.
La allontano poco delicatamente quando uno scorcio di realtà si fa spazio fra desideri e bisogni.
Non possiamo restare fermi a lungo, a dirla tutta abbiamo già rischiato parecchio in questi due minuti.
<<Dove vuoi andare Alex? Dimmi una città e ti ci porterò>>
<<Gabriel, sei pazzo. Non puoi, non... Fammi uscire dall'auto>>
Premo il pulsante per bloccare le portiere appena lei fa per aprire la sua.
<<Non pensarci neanche!>>
Le rubo il biglietto dalla tasca della giacca e leggo la destinazione che ha scelto.
San Francisco. Bene, è lì che andremo allora.
Avvio il motore senza aspettare oltre.
<<Fermati Gabriel, per favore. Per favore! Stai buttando all'aria la tua vita, se superi questa linea non puoi più tornare indietro...>>
<<Non voglio tornare indietro>>
<<Parliamone! Sei fuori di te, ferma la macchina e parliamo>>
<<Prima lasceremo San Diego, e poi parleremo>>
Le ripeto di stare calma ma non ne vuole sentire, non fa che ricordarmi della lettera, del mio lavoro. Mi prega di farla scendere e lasciarla andare.
Alla fine, giunti al confine della città, mi fermo sul ciglio della strada per chiarire una volta per tutte le mie intenzioni.
Se continuiamo a discutere in questo modo mentre guido, rischiamo un incidente.
<<Che ti prende Lexie? Fino ad un mese fa mi ripetevi quanto in realtà fosse triste la vita che mi stavo costruendo, e adesso vuoi rispedirmi là in mezzo?>>
<<Be' di tutti i punti fermi che popolavano le tue giornate, non ho mai dubitato di quanto fosse importante essere un poliziotto per te. Certo, non condividevo la tua visione del mondo, ma non ho mai messo in dubbio l'amore che provavi nell'aiutare gli altri. Una sera me lo hai raccontato tu stesso. Hai bisogno di quel lavoro Gabriel>>
Perché non mi capisce?
<<Sarò sincero Alex. Avverto già un pizzico di malinconia all'idea di dover -almeno momentaneamente- smettere di essere un poliziotto. Ce ne ho messo per arrivare fin lì, era una parte di me che ora come ora non c'è più. Perciò mi manca già. Posso sopportarlo? Sì. Ma perdere te? No, sai? Quello non credo proprio che lo sopporterei>>
Potrei continuare a riempirle la testa di parole per ore, ma non servirebbe. Perché è questo che voglio che capisca, nell'esistenza di ogni uomo ci sono un sacco di bisogni che vanno soddisfatti. E ci sono anche delle priorità. Lei è la mia.
Se non si può avere tutto, si deve scegliere. Si deve scegliere quella parte di noi di cui non si può fare a meno.
E il solo pensiero di poter fare a meno di Alex piuttosto che del mio lavoro, è davvero assurdo.
<<Dimmi che hai capito. Dimmi che fra tutte le cose di cui hai bisogno, anch'io per te sono in cima alla lista>>
<<Certo che lo sei, stupido. Ma il mondo in cui sto io non può competere con quello che conosci tu>>
<<Non c'è alcuna competizione. Per me non esistono altri mondi all'infuori di te. Sei tu il mio mondo>>

Finalmente si è messa comoda sul sedile e ha smesso di contrastarmi.
Se perché è stremata o sono riuscito a convincerla, non lo so.
Mi importa soltanto di portarla al sicuro adesso.
Dopo la prima ora di viaggio si addormenta con la testa contro il finestrino, e io mi ritrovo a guardarla e accarezzarle i capelli ogni volta che ne ho l'occasione.
Credo che non riuscirò a toglierle le mani di dosso per i giorni successivi. O per settimane.
Verso le sette accendo il cellulare e trovo decine di chiamate da papà, Riley e Jason.
Contatto subito loro due e li aggiorno sulla situazione, gli basta sapere che Alex è con me per tirare un sospiro di sollievo.
Quando chiudo la telefonata, sono tentato di ignorare quelle di mio padre.
Però non sarebbe giusto, sarà preoccupato a morte, e dopo avermi aiutato glielo devo.
<<Gabriel! Grazie a Dio, dove accidenti sei finito?>>
<<Scusa papà, non volevo ti preoccupassi>>
<<Dove sei Gabriel?>> ripete con un tono rassegnato.
<<Lo sai>>
Non può non saperlo, e non può non averlo sospettato.
<<Stai scappando con Lexie>>
<<Hai creduto sul serio che l'avrei lasciata da sola?>> sussurro.
Spero non si svegli, ma sembra caduta in un sonno profondo.
<<Quanto pensi di poter andare avanti così?>>
<<Finché non compirà diciotto anni suppongo>>
<<Stiamo parlando di un maledetto anno!>>
<<Stiamo parlando della persona che amo>> ribatto. <<Ascolta, sto guidando. Se restiamo in contatto, lo dirai a qualcuno?>>
<<Non lo farei mai>>
<<Ti voglio bene papà>>
<<Sta attento, per favore>>
<<Ti richiamo appena mi è possibile>> gli prometto prima di spegnere il cellulare.
<<Tuo padre ti sta veramente permettendo di scappare con me?>>
<<Alex. Scusa, ti ho svegliata>>
Scuote la testa.
<<Ti ho trasformato in un ragazzo fuori di testa>>
Scoppio a ridere.
<<Si. E non smetterò mai di ringraziarti per questo>>

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