~Ventiquattro~

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Riley

Erano giorni che non mi davo pace.
Mi sentivo come se portassi un enorme segreto dentro, stavo in mezzo alla gente e quel segreto mi pesava come un macigno sulle spalle.
Ed è una sensazione stupida, lo so, perché è un segreto che riguarda esclusivamente me, non sto nascondendo nulla di importante a nessuno... non davvero... quindi in teoria non è neppure un segreto, forse.
Ad ogni modo, finché resta una questione soltanto mia, posso decidere cosa farci.
Posso decidere se ignorarla e andare avanti come ho sempre fatto, o accettarla e stravolgermi la vita.
Non sono pronto ad accettarlo. Non sono neanche sicuro che lo sarò mai.
Non nel mondo in cui vivo, non qui.
Magari se partissi e ricominciassi da capo in un posto dove non mi conosce nessuno, ne avrei il coraggio.
Comunque neanche l'opzione 'ignora e vai avanti' risulta plausibile, se i miei pensieri sono costantemente popolati da un ragazzo tutto tatuaggi, pearcing e occhi azzurri, che sembra saltato dal nulla proprio per incasinarmi la testa.
E si, me lo ricordo di essere stato io a iniziare tutto.
Quella sera mi sentivo in vena di chiarimenti. Di scoprire chi fossi. Di capire cos'è che non andasse più in una quotidianità che mi apparteneva da anni. Ma che non sentivo più mia.
Oggi? Oggi vorrei solamente cancellarla quella sera.
Ma potevo ancora fingere. Se fossi riuscito a zittire i pensieri sbagliati, potevo fingere che niente di tutto ciò fosse mai successo. Si poteva fare, ne ero convinto.
Niente di quella sera era stato reale.
Non era impossibile crederlo. Non finché quella storia restava nella mia testa.
Poi quel tardo pomeriggio, mentre stavo lavorando in negozio, ciò che per giorni era stato solo nella mia mente, si era materializzato davanti ai miei occhi.
Quel ragazzo -Jason- era lì. Di fronte a me.
A ricordarmi che questa storia poteva diventare dannatamente reale.

Jason

Non lo avevo cercato. Non avevo la più pallida idea di dove iniziare se anche ci avessi provato.
Non sembrava frequentare i posti che frequentavo io, e di sicuro viveva in tutt'altra zona.
Però lo avevo pensato. Mentirei se dicessi che non è così.
E mentirei anche di brutto, perché i miei pensieri li aveva popolati con una frequenza allucinante.
Mi sembrava tutto diverso da quella sera. Mi guardavo intorno e non c'era una cosa uguale a prima.
Suppongo significhi che ero io quello diverso.
Adesso mi soffermavo a guardare i ragazzi, notavo se avevano un bel fisico, e li notavo più delle ragazze.
Ma quella scintilla... non c'era più.
Avevo idea che fosse Riley la chiave per capirci davvero qualcosa. Però ero consapevole di non poterci contare troppo, era come fare affidamento su un fantasma.
Poi eccolo lì.
E l'unica cosa che quel ragazzo aveva di un fantasma, era lo stesso colorito pallido appena mi aveva riconosciuto.

🌻🌻🌻

Volevo provare qualcosa di nuovo.
Avevo pensato di imparare ad andare sulla tavola da surf.
Insomma, eravamo a San Diego.
Quel giorno ero diretto al negozio sulla spiaggia che vendeva le attrezzature, e che ti permetteva di iscriverti con un istruttore privato per prendere lezioni.
Avevo già adocchiato il negozio, ma era la prima volta che ci entravo.
E quegli occhi di cui ancora non capivo il colore preciso, erano la prima cosa che avevo visto.
Sono la prima cosa che sto continuando a guardare.
Dire che siamo sotto shock è poco, è evidente che ormai nessuno dei due si aspettava di ritrovarci.
<<Posso esserti d'aiuto?>>
Un uomo adulto -il proprietario del posto presumo- mi costringe a spostare l'attenzione su di lui.
<<Si, io... mi serve una tavola da surf. E un istruttore>> mi costringo a rispondere. Ho una specie di blackout momentaneo in testa.
<<Ma certo. Riley, se hai finito con quella cliente vieni a dare una mano qui>>
Qui. Quel "qui" sarei io.
Riley si guarda intorno come se volesse relegare il compito a qualcun altro, ma alla fine si avvicina. Senza rivolgermi più uno sguardo.
<<Che ti serve?>> chiede, frugando in mezzo a delle magliette.
Sta facendo finta di niente. Questo non me lo aspettavo. Non da un ragazzo che si è praticamente buttato addosso a uno sconosciuto.
<<Una tavola. E... be' delle lezioni>>
Annuisce e mi porta alla parete opposta.
<<Queste tavole vanno tutte bene ma personalmente ti consiglio questa qui>>
Me ne indica una azzurra, e continua a spiegarmene le caratteristiche.
Non ci capisco nulla ma la prendo.
Lo seguo alla cassa, dove mi passa anche un sacchetto con l'occorrente per lucidare la tavola, e mi fa pagare.
<<Ho una mezz'ora libera, se vuoi possiamo fare adesso la prima lezione>>
<<D'accordo>>
<<Bene. Scendiamo in spiaggia>>
Continua a sfuggire all'insistenza dei miei occhi.
Solo quando siamo in riva al mare, e intorno a noi non c'è già più nessuno, finalmente si volta e mi fronteggia.
<<Che ci fai qui?>> chiede sulla difensiva, incrociando le braccia al petto.
Non mi piace il suo atteggiamento, mi viene quasi naturale tornare al tono ironico e sbruffone di quella sera.
<<Ah quindi ti ricordi? Pensavo che alla festa ti fossi drogato o qualcosa del genere. E che mi avessi già cancellato dai tuoi pensieri>>
<<Non ero né drogato né ubriaco. Lo sai benissimo>>
<<Allora che problema c'è?>>
Sospira. Si strofina gli occhi con le mani.
<<Scusa per... quel bacio. Mi dispiace averti assalito così>>
Ah si?
Quindi me lo sono immaginato lo sguardo di apprezzamento che ha appena rivolto alle mie braccia e ai tatuaggi?
Non che io non abbia fatto lo stesso con il suo corpo.
<<Non c'è problema. Non baci poi tanto male>> scherzo.
Finché lui resta così distante, non riesco a fare altro che buttarla su quel piano.
Quello dell'ironia, dove puoi dire tutto senza dare certezza di dirlo per davvero o meno.
Riley tenta di nascondere un sorriso, di colpo è imbarazzato.
Non sta andando poi tanto diversamente dal solito: io faccio i complimenti alle ragazze e loro arrossiscono.
Forse nascondere un sorriso e guardare lontano è la versione maschile.
Dovrei approfittarne adesso che sembra essersi ammorbidito.
<<Se hai altre incertezze, usami pure per chiarire i tuoi dubbi>> ammicco.
Troppo?
Sto flirtando con un ragazzo. Non so esattamente come si faccia.
Ma dai suoi occhi che si spalancano, direi che non ci sto riuscendo molto bene.
Però ha anche le pupille dilatate. Questo è un buon segno no?
<<Tu... a te... piacciono i ragazzi?>> chiede titubante, sedendosi sulla sabbia. Lo imito.
<<Non lo so. Sei il primo che abbia mai baciato. E mi è piaciuto>> ammetto, senza mezzi termini.
Basta girarci intorno, lui mi pare già abbastanza confuso di suo.
Non risponde.
<<A te è piaciuto?>> insisto.
Sospira. <<Non farmi rispondere>>
<<E perché no?>>
<<Perché poi dovrei farci i conti>>
Come immaginavo.
<<Che fine hanno fatto le belle parole che mi hai sputato addosso quella sera?>>
Fa una risata amara.
<<Per qualche ragione le cose sembrano più facili al buio che alla luce del sole>>
Mmmh.
<<Ok. Quindi baciarmi ti è piaciuto>> deduco.
<<Non l'ho mai detto>>
<<Che problema hai ad ammetterlo? È perché sono un ragazzo?>>
<<Senti, lascia perdere>>
Si sta innervosendo. Be', anch'io.
<<Col cazzo. Spunti fuori dal nulla, mi baci e mi fai mettere in discussione tutta la mia vita, e poi quasi mi ignori? Almeno sii sincero>>
L'ho punto sul vivo. I suoi lineamenti si induriscono. Si alza e si allontana da me.
<<È stato un bacio e basta, ok? Magari volevo semplicemente sperimentare! Ma quanti anni hai, dodici? Stai costruendo castelli su una cosa che non vale niente>>
Mi sta deridendo? Wow.
<<Bravo! Sminuisci me e continua a nasconderti sotto la sabbia. Bella testa di cazzo>> gli urlo dietro mentre si allontana.
In un attimo me lo ritrovo addosso.
Mi afferra per la canottiera e mi ringhia in faccia.
I nostri nasi quasi si sfiorano.
La sua furia resta solo nelle mani che mi stringono ancora, perché sul viso c'è qualcos'altro mentre con gli occhi mi fissa le labbra.
Stringo i denti per non cadere in tentazione.
<<Mi stai sbavando addosso>> mormoro con il massimo disprezzo di cui sono capace.
Mi spinge.
<<Va al diavolo!>> strilla andando via.
Non doveva iniziare questa guerra con me.
Mi ha appena dimostrato che ho troppo potere su di lui.
Sarà così facile farlo cadere.

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