Gabriel
<<Gabriel possiamo parlare?>>
Sono in cucina a fare colazione con una tazza di caffè gigante, reduce da una serata che mi ha sfinito -più mentalmente che fisicamente- e mi sono pure dovuto alzare presto perché tra un'ora inizio il turno.
Non sono poi così impaziente di affrontare nessun tipo di conversazione, specie se osservo l'espressione seria di papà mentre mi si siede di fronte, non lasciandomi possibilità di rimandare.
Cos'è questa passione per le chiacchierate mattutine?
<<Non ho molto tempo...>>
<<È urgente>> mi ferma, con sguardo severo.
Non ricordo di avergliene mai visto usare uno, non rivolto a me, non negli ultimi quindici anni almeno.
Da piccolo qualcuno me lo sono beccato anch'io, nonostante lui sostenga fossi un bravo bambino.
Mi agito subito.
<<Ieri mi ha chiamato Raul, aveva urgente bisogno di parlarmi. Era preoccupato per te, sostiene che rischi di metterti nei guai, a causa di Lexie Jones>>
Un brivido freddo mi percorre la schiena.
<<Raul non mi piace>> affermo, sostenendo il suo sguardo indagatore.
Cosa sa lui? Ci ha visti?
Ho paura per me, ho paura per Alex.
<<Non importa Gabriel, non gli avrei creduto se non fosse che ho notato qualcosa anch'io. Eri con lei quella sera alla spiaggia, quando ti ho mandato a indagare al falò>>
Non so che rispondere. Lo guardo e aspetto che continui.
<<Che stai combinando?>> insiste, addolcendo il tono.
Non ho mai mentito o omesso nulla di importante alla mia famiglia. Non prima di lei.
Mentre ora.... quasi senza rendermene conto, è quello che sto facendo da settimane.
Penso a tutte le cose che so su Alex -penso che so dove è nascosta- e non ho mai detto nulla a nessuno.
Una vita a rispettare le regole, un dannato minuto per infrangerle tutte.
In quel momento, mi passa per la testa l'idea di confessare ogni cosa, dire la verità a mio padre, ammettere che ho sbagliato, promettere che non lo rifarò, e infine archiviare questo mese in un piccolo angolo della mia mente. Mentirei se dicessi che quell'idea non mi sfiora neanche.
Però dalla mia bocca continua a non uscire niente.
Mi odierei, mi odierei a morte se la tradissi.
Lei si è fidata di me. E ha bisogno di fidarsi ancora. Quanto sarebbe orribile se una delle poche persone su cui può contare, diventasse la causa della sua rovina?
E poi... ormai, Alex è importante per me.
<<Non c'è niente che debba dirti papà, mi dispiace se dubiti di me, ma davvero non ho nulla da dire>>
È un lampo. Ma lo vedo. Un lampo di delusione.
Non l'ho mai, mai deluso. Fa male.
E mi fa anche incazzare. Gli è bastato così poco per cambiare opinione su di me?
<<Gabriel, ricorda che il lavoro che ti sei scelto, è fin troppo facile da perdere>>
Guardo la tazza che ho fra le mani.
<<Forse sei troppo giovane per accorgerti di uno sbaglio madornale>>
<<Io non ho mai fatto uno sbaglio in vita mia! In vent'anni non ho mai sbagliato!>>
<<Stai cercando di rimediare?>> chiede ironico.
Scuoto la testa, amareggiato. Potrei dire così tante cose... ma preferisco andare via.
Lo ignoro mentre mi chiama, so che me ne pentirò.
Ma se resto, temo che andrebbe perfino peggio.🌻🌻🌻
È stata una giornata così schifosa, che quando smonto dal mio turno, bramo quella mezz'ora che ho promesso ad Alex. E dire che il lavoro va migliorando, ho smesso con le ronde nei quartieri e sto collaborando ad un caso di droga con dei poliziotti a tutti gli effetti. Ormai è quello che sono anch'io.
Se la giornata si è rivelata pesante, è soltanto colpa della conversazione avuta con papà, che mi ha tormentato per tutta la mattina e il primo pomeriggio.
Ho un disperato bisogno di distrarmi adesso.
Mando un messaggio ad Alex per avvertire che ho finito di lavorare, come mi ha chiesto.
Ieri ci siamo scambiati i numeri, e io l'ho registrata sotto falso nome.
Mi risponde con un: ci vediamo fra mezz'ora, vestiti comodo.
Guardo la tuta e la canottiera che ho indosso e decido che sono già più che comodo, non devo cambiarmi, e non mi va di aspettare mezz'ora.
Cinque minuti dopo sono alla sua porta. Le faccio uno squillo e lei esce, non prima di essersi guardata intorno.
<<Gabriel, eri impaziente di vedermi per caso?>> mi stuzzica, avvicinandosi con le mani nelle tasche dei pantaloncini.
Ha delle gambe da urlo. Perché non gli ho mai prestato la giusta attenzione?
<<E sei perfino venuto in moto>>
Già, non ho pensato a cambiarla con la mia auto, neppure mi importa a dirla tutta.
Invece di ribattere alle sue osservazioni le faccio un sorriso. Mi va così. Mi va di sorridere da quando è uscita da quella porta e lentamente si è avvicinata a me, perché è la cosa più bella che mi è capitato di vedere oggi, e sarà mia per ancora un po'.
Sono troppo stanco per le paranoie.
E grazie a Dio non è cambiato nulla fra noi dopo ieri sera.
Mi stuzzica, mi tenta e mi sorride come al solito.
Adoro tutto questo.
<<Che programmi abbiamo?>>
<<Dipende>> sillaba strizzando gli occhi per studiarmi. <<Stato d'animo?>>
Sembra che abbia captato qualcosa.
<<Che c'entra?>>
<<Sei teso... in quel caso, ho io il posto perfetto per farti rilassare>>
Farmi rilassare, è musica per le mie orecchie.
<<Allora salta su>>
Alza un sopracciglio, sorpresa.
<<Non mi chiedi altro? Sul serio?>>
Alzo le spalle e allungo una mano. Ricevo uno dei suoi bellissimi sorrisi mentre sale dietro di me, e poi mi stringe con le braccia.
Mi da indicazioni per la strada, e io eseguo.
In due minuti siamo in una zona vecchia della città. Mi fa fermare davanti a quella che sembra una palestra, piuttosto messa male.
Mi sforzo di non commentare mentre la seguo dentro.
Si è una palestra, è vuota, piccola, e un tizio dall'aria poco raccomandabile sta lavorando al bancone all'entrata.
Alex si allontana per andarci a parlare, quando torna da me mi trascina verso una saletta sulla destra.
<<Conosci quel tipo? E ti fa usare questo posto senza problemi?>>
<<Gli ho detto che sono amica di Jason. È un buon biglietto d'accesso per parecchi posti in città>> mi spiega.
Guardo dove siamo finiti: una stanzetta spoglia con due sacchi da boxe che pendono dal soffitto.
Ah.
<<Perché mi hai portato qui?>>
<<Si vede lontano un chilometro quanto sei teso. Quale modo migliore di sfogare la tensione?>> mi incita colpendo un sacco. Poi prende dei guantoni da terra e me li porge.
<<Mai provato?>>
Scuoto la testa.
<<Devi solo tirare dei pugni Gabriel. Immagina la persona che ti ha fatto incazzare oggi, e sferra i tuoi colpi migliori. Sarà divertente>>
La guardo scettico.
Ma la accontento.È divertente. Sto sudando come non ho mai sudato in tutta la mia vita, ma tutte quelle cose che Alex ha detto a proposito dello scaricare la tensione si rivelano vere.
Mentre lei se ne sta in un angolo a guardarmi, io prendo a pugni il sacco con tutta la forza che ho.
Perché cavolo non l'ho mai fatto prima?
Non mi sento più braccia e gambe a un certo punto, ma non sento neanche la testa scoppiare a causa di tutte le emozioni negative che la riempivano.
Crollo esausto sul pavimento, sto meglio di quando ho cominciato.
Mi volto verso Alex, aspettandomi di vedere un sorrisetto impertinente e vittorioso sulle sue labbra.
Invece non riesco a decifrarla.
L'attenzione è tutta per me eppure allo stesso tempo sembra essere altrove.
<<Alex?>> ansimo. Dio, respiro come se stessi morendo. Imbarazzante.
<<Si?>>
<<Grazie>> dico sincero.
<<Grazie a te per lo spettacolo sexy>> ammicca.
È tornata in sé.Stavolta è passata davvero poco più di mezz'ora. Do un'occhiata all'orologio appena siamo di nuovo davanti alla moto.
Non ho alcuna voglia di tornare a casa.
<<Mi sa che oggi avrei dovuto prendere l'auto>> osservo imbarazzato, indicando i vestiti incollati al corpo. <<Non so quanto tu abbia voglia di mettermi le mani addosso ora. Per sorreggerti mentre siamo sulla moto intendo>>
<<Vado a piedi. Hai visto che non c'è molta strada, no? Non è neanche sceso il buio ancora>>
<<Sicura?>>
<<Certo>>
Indietreggia piano, guardando ovunque tranne che me. È di nuovo da un'altra parte.
<<Qualcosa non va?>>
Si ferma e si stringe nelle spalle.
<<Mi mancherai un giorno>>
Che significa?
<<Perché dici così?>>
<<Non lo so, mi è uscito e basta>>
<<Adesso non scomparirai nel nulla vero?>>
Sono serio, nel mio tono c'è del sarcasmo ma sono dannatamente serio.
<<Non ancora>>
Non ancora.
C'è qualcosa che non mi dice. Vorrei costringerla a parlarmi.
Vorrei che i problemi la smettessero di moltiplicarsi.
Ma più di tutto, voglio che quel "Non ancora" duri il più a lungo possibile.
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ChickLitSan Diego: una città da proteggere per lui, una città dove nascondersi per lei. Gabriel ha vent'anni, ed è un poliziotto. Proprio come suo padre. Ma non è per seguire le sue orme che ha scelto questo mestiere. Gabriel è cresciuto con l'insegnamento...