~Cinquantatre~

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Alex

Il peggior compleanno in assoluto.
Ho diciassette anni adesso, e l'unica cosa a cui riesco a pensare, è che sarebbe bastato restare nascosta un ultimo anno, per poi essere libera per sempre.
Giovedì sera Raul mi ha portato una fetta di torta. Che coraggio.
Comunque è finita dritta sulla sua faccia.
Un peccato si, ma in ogni caso un po' di cioccolato e della panna non avrebbero potuto migliorare questo giorno -queste due settimane- rinchiusa in un buco di stanza. Niente potrebbe.
A meno che non condividessi spazio e tempo con Gabriel, ovvio.
Ma non lo vorrei mai qui.

🌻🌻🌻

Il giorno dell'udienza.
Raul mi ha portato un jeans nero, una maglietta di velo bianca e una giacca. Quanto sembrerò ridicola eh?
Se li ho indossati sul serio è perché mi ha minacciata: o mi avrebbe trovata vestita per le due del pomeriggio, o gli abiti me li avrebbe infilati direttamente lui.
Le due del pomeriggio arrivano troppo in fretta tra l'altro: dopo questi giorni sembrati mesi, mi sarei aspettata che la mattina non volasse così.
Sto per incontrare di nuovo gli occhi dei due uomini che più odio al mondo.
La strada dall'edificio al tribunale è un calvario, mantengo gli occhi bassi nel tentativo di tenere a bada le lacrime. Non mi vedranno piangere.
Funziona.
Almeno finché un attimo prima di entrare in aula, alzo la testa e incrocio lo sguardo tormentato di Gabriel.
Cerco di cogliere più particolari possibili in quei due secondi, ho bisogno di nuovi ricordi su di lui. Ma la vista mi si appanna ancora e quel primo contatto che abbiamo da settimane si spezza.
Per concludere, sobbalzo al rumore della pesante porta in legno che si chiude alle mie spalle.
Che suono... definitivo.
Non mi sono mai sentita più in trappola di così.

Gabriel

Potevo tranquillamente prevedere quanto sarei stato male senza Alex nelle successive settimane.
Ma esserci preparato non ha impedito a questi giorni di fare ancora più schifo di quanto avessi preventivato. Di quanto fossi in grado di sopportare.
Ero uno straccio, se ne era accorto mio padre, se ne era accorto Riley, se ne accorgevano al lavoro. Se ne erano accorti tutti. Pure Katlin, che si limitava a guardarmi con espressione indecifrabile e a scuotere la testa. I rapporti fra lei e papà si erano inevitabilmente incrinati.
Ma adesso, con tutta franchezza, era l'ultimo dei miei pensieri.
Non avevo un piano per salvare Alex. Papà non aveva un piano.
O trovavo il modo di raggiungerla, le afferravo una mano, e cominciavamo a correre lontano senza mai voltarci, o non vedevo alternative.

🌻🌻🌻

Secondo mio padre non era una buona idea presentarmi in tribunale il giorno dell'udienza, mi sarei messo in mostra e senza ottenere comunque niente.
Ma io dovevo andarci lo stesso. In un modo o nell'altro, l'avrei almeno vista da lontano per accertarmi che stesse bene. Anzi, che non stesse troppo male, date le circostanze.
E be', la stavo guardando adesso, ed era -se possibile- in condizioni peggiori delle mie.
Soltanto grazie alla mano ferma di papà che mi teneva ancorato al muro non mi stavo precipitando da lei.
<<Papà? Non c'è proprio un modo per assistere all'udienza?>>
Sono certo che vedermi lì la tranquillizzerebbe quantomeno in parte.
<<No, non può entrare chiunque, dovresti saperlo bene>>
<<Ma sei il marito dell'avvocato!>> ribatto frustrato.
<<Oh ti assicuro che questo non aiuta affatto adesso>> risponde con un tono colmo di sarcasmo.
Mmh, credo che con Katlin la situazione sia davvero sul filo del rasoio.
Mi tira verso una panchina ma io resto in piedi di fronte a lui.
<<L'hai vista? Era distrutta cazzo! Che diritto hanno di ridurla così?>>
<<Hai ragione, non piace neanche a me vedere una ragazzina soffrire in quella maniera, non immagino cosa stia provando tu>>
<<Se dovrò andare a riprendermela con le mie mani per tirarla fuori da questo inferno, giuro che lo farò...>>
<<Sta calmo Gabriel, tra otto giorni c'è l'ultima udienza, dobbiamo inventarci qualcosa per allora. Tra otto giorni, in un modo o nell'altro finirà>>
<<È solo in modo che deve finire!>> preciso.
Passeggio avanti e indietro come un animale in gabbia per l'ora successiva, mi allontano un minuto per prendere una bottiglietta d'acqua dal distributore al piano di sotto, e quando torno papà mi comunica che l'incontro è terminato e l'hanno già riportata via.
Stavolta mi siedo accanto a lui per fermare il tremore alle gambe.
<<Andiamo a casa Gabriel, cosa aspetti ancora? Non è più qui>>
Cosa aspetto ancora? Non lo so. O forse si.
Lo capisco quando alzo il viso che avevo nascosto fra le mani.
Aspettavo lui. Loro.
Ci sono due uomini a qualche metro da me, davanti la porta dell'aula, parlano fra loro col sorriso sulle labbra -un sorriso che io non provo da troppo- e non ho alcun dubbio su chi siano. Focalizzo l'attenzione soprattutto sull'uomo più giovane. Javier. Studio la sua carnagione scura, i capelli cortissimi, il completo grigio impeccabile e costoso.
Sono in piedi senza rendermene conto, diretto verso di lui come una furia.
<<Gabriel! Gabriel!>>
Ignoro il richiamo di avvertimento di mio padre.
Javier e lo zio di Alex si voltano proprio quando sto già afferrando il colletto della camicia dell'uomo che vuole mettere le mani sulla mia bambina.
Lo sbatto al muro senza sforzi perché lui non se lo aspettava e all'inizio è talmente sconvolto da non riuscire a reagire. Gli sibilo in faccia i peggiori insulti e le peggiori minacce che mi passano per la testa, e appena sento delle mani tirarmi via mi parte un pugno che lo manda sul pavimento.
Javier impreca e mi urla addosso parole che non capisco. Si copre l'occhio che temo non potrà aprire per un bel po'.
Ci insegnano a colpire bene a noi poliziotti.
Mentre mio padre mi trascina fuori approfittando dal fatto che in giro non ci sia nessuno, e che lo zio di Alex stia aiutando quel bastardo a rialzarsi, mi godo quella soddisfazione che mi pervade dopo tempo. Mi concentro solo su quella e non ascolto i rimproveri strillati direttamente alle mie orecchie.
Non avrei mai immaginato che dare un pugno a qualcuno potesse farmi sentire così. Io ero pur sempre quel ragazzo che odiava la violenza.
Ma questo pugno... sognavo di darlo dalla notte alla spiaggia in cui Alex mi ha raccontato tutto.
Purtroppo scopro che quella soddisfazione è effimera quanto una notte di sesso senza importanza.
Mentre vivi il momento stai da Dio, ma presto torna un vuoto più profondo di prima.

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