~Trentanove~

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Riley

Non gli parlo da una settimana.
E la cosa non mi tormenterebbe così tanto se non fosse che ogni giorno è proprio a qualche metro da me, in costume, a prendere lezioni di surf da un altro ragazzo.
E l'ho voluto io.
Ho barattato delle fastidiose ragazzine che non impareranno a stare in piedi su una tavola neppure fra due anni, per Jason.
Che invece pare far progressi a vista d'occhio, prova a cavalcare piccole onde e riesce a mantenere l'equilibrio in mare per qualche secondo.
Se già non mi aiutava vederlo passeggiare per la spiaggia in pantaloncini, spiare le goccioline d'acqua che gli scivolano su petto e tatuaggi mi fa stare cento volte peggio.
L'attrazione che provo è fortissima, non posso nasconderlo.
Più di quella che abbia mai sentito verso qualsiasi ragazza, perché se con loro decidevo io quale puntare, con lui non c'è alcuna scelta da prendere in merito.
Appena entra nel mio campo visivo, il resto sbiadisce lentamente. Non c'è possibilità che lo ignori, non c'è via di scampo.
Non ho il potere di controllare le sensazioni che mi scorrono nelle vene.
E non ho il coraggio di accorciare questa dannata e breve distanza per andarmelo a prendere.

🌻🌻🌻

Sto trattando Gabriel malissimo. Non era mai successo. Mi preoccupavo del fatto che con il lavoro non avesse tempo per me, e invece sono io che lo evito, ignoro le sue chiamate, e se passa a trovarmi lo liquido con due parole.
Non riesco a guardarlo negli occhi. Non gli ho mai nascosto nulla, e invece adesso il solo stargli accanto è come mentirgli. Perché dopo anni di amicizia pensa di conoscermi come le sue tasche, però è evidente che se persino io ho scoperto chi sono adesso, lui non può saperlo affatto.

E così la sera finisco per nascondermi da tutti. Trovo uno squallido bar in una zona lontano da casa e mi siedo in un angolo.
Un Martini in mano e un altro che mi aspetta sul tavolino impolverato.
Mi guardo in giro e mi chiedo cosa ci faccio in questo posto.
Non so più quale sia il mio posto.
E temo che finché non starò bene con me stesso, non starò bene da nessuna parte.
Incontro gli sguardi perplessi del barista che non mi riconosce come suo cliente, occhiate curiose di ubriachi al bancone, schiene tatuate di gente ai tavolini.
Il ciuffo ribelle di Jason.
Jason.
Non ci credo, è uno scherzo? Cosa ci fa qui? Proprio qui?
Ha lo sguardo perso, e beve una birra a lunghi sorsi. Lo vedo alzare la testa, il liquido che gli scende lungo la gola...
Cazzo. Mi sono incantato.
Riabbassa la testa e, forse sentendo i miei occhi addosso, guarda nella mia direzione.
Mi vede. Mi riconosce.
Resta immobile due secondi e poi fa per alzarsi, di riflesso scatto all'indietro.
Non volevo.
Un angolo della sua bocca si piega in una risata amara, torna a concentrarsi sulla sua birra.
Non mi degna più di un altro sguardo per tutta la sera.
Mi prenderei a cazzotti da solo.

Vado in quel bar per le due sere successive. Lui è sempre lì. Lo stesso tavolino all'angolo, dal lato opposto al mio. Sa che sono qui, però non si volta mai dalla mia parte.
Mentre io lo guardo di continuo.
Stasera verso le undici, lo raggiunge un uomo. Avrà una trentina d'anni, sembrano amici.
Poi lasciano il locale insieme.
E io li seguo.
Li seguo a debita distanza per stradine semi-buie e per cinque minuti.
Si fermano davanti ad una specie di garage. Parlano ancora. Si salutano con una stretta di mano. Il tizio va via.
Riprendo a respirare quando non mi ero neppure accorto di aver smesso.
Sto perdendo il controllo di me stesso.
Jason sfila una chiave dalla tasca ed entra dentro.
Potrei andare a bussare alla sua porta.
Potrei chiedergli scusa. E poi aiuto.
Potrei stare con lui.
Riprendo a camminare e torno a casa anch'io.

🌻🌻🌻

<<Tesoro non hai fame?>>
Sono a tavola con i miei genitori. Un piatto di insalata davanti che non riesco a buttare giù, e la testa da tutt'altra parte rispetto a quella cucina. Mamma mi osserva preoccupata, papà circospetto.
<<Sono solo stanco, giornata pesante a lavoro>>
Annuiscono stringendo le labbra. So cosa pensano. Non è neanche un lavoro vero.
<<A proposito Riley, hai pensato di iscriverti a qualche college?>> interviene mio padre. <<Non puoi fare quel... lavoro a vita>>
Ecco, appunto.
Vogliono solo il meglio per me. Sono brave persone. Mi trattano bene.
È quello che mi ripeto ogni volta.
Però dannazione, perché non posso andargli bene così come sono e basta? Porto uno stipendio a casa ogni mese, non peso neppure sulle loro spese.
<<Finché non avrò le idee chiare, penso che tutto resterà com'è>>
Sospirano. Dentro di me faccio la stessa cosa.
Per chiudere la conversazione alzo il volume della TV, lasciata su un canale a caso. C'è un film adolescenziale.
Dopo due minuti compaiono due ragazzi.
Si baciano.
<<Tesoro puoi cambiare per favore? Non mi va di guardare certe cose>>
<<Si ha ragione tua madre, dovrebbero abolire questa tv spazzatura, non fa che mandare messaggi sbagliati>>
Mi paralizzo sulla sedia.
Mi passano così tante parole per la testa, da dire.
Mi passa per la testa anche l'idea di ingoiarle e far finta di niente.
E invece.
<<Sono solo due ragazzi che si amano>>
Occhiate sconvolte. Risate sarcastiche.
Sono due brave persone.
Ma questo non li giustifica più.
<<Ho conosciuto una persona. E mi piace davvero>>
Pausa.
<<Si chiama Jason>> sgancio la bomba.
L'ho detto. Niente confessione da mi piacciono i ragazzi.
Non voglio etichette, per adesso so soltanto che mi interessa una persona. E non la vedo neanche più in termini di uomo-donna.
É Jason e basta.
Una persona come un'altra. Soltanto che per me ha qualcosa di speciale.
Dire che i miei ora sono sconvolti, è dire poco.
Non ci vogliono credere, aspettano che dica che sto scherzando.
Non lo reggo quello sguardo.
Mi alzo da tavola e mi allontano da quella casa.
Perché non posso andargli bene così come sono?

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