~Quarantacinque~

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Riley

È... destabilizzante.
Vedere pian piano crollare davanti ai tuoi occhi la persona che fino al giorno prima, si prendeva cura di te e ti dava forza, sicurezza, speranza.
Avrei giurato che Jason fosse uno dei ragazzi più forti che avessi mai conosciuto, nonostante le insicurezze e i problemi che si portava dietro.
E invece era bastato che gli portassero via Alex per togliergli anche buona parte di quella forza che evidentemente non era indistruttibile.
Chi di noi lo è? Qual parte di noi lo è?
Siamo fragili, ecco la verità. Chi più, chi meno, chi in un modo e chi in un altro.
Prima o poi quel lato viene fuori.
E il momento in cui lo scopri, è il momento in cui capisci cosa vuol dire essere umani.

🌻🌻🌻

Mi ero buttato giù, avevo fatto la vittima e mi stavo lasciando trascinare dalla corrente. Non mi sentivo più padrone di me stesso.
Forse era giunta l'ora di rialzarsi.
Non per me, ma per quel ragazzo dall'aspetto da duro e il cuore tenero, che mi aveva fatto male quando non ero stato abbastanza coraggioso da imbarcarmi in questa storia con lui, ma che era stato disposto ad aiutarmi a guarire quando era evidente che da solo non ce l'avrei mai fatta.
Era stato il mio sostegno in questi giorni, adesso io dovevo diventare il suo.
Non si trattava neanche di dovere, no, non mi sentivo in debito.
Io volevo. Volevo farlo stare bene.
In quel poco tempo che avevo trascorso con lui in questa casa, i sentimenti che nutrivo nei suoi confronti si erano rafforzati con una velocità pericolosa.
Anche se non era di noi che parlavamo, anche se non ci toccavamo.
Eravamo lì. Ci conoscevamo. Respiravamo la stessa aria, condividevamo gli stessi spazi. E intanto ci innamoravamo. Così, come uno schiocco di dita.
In un modo troppo semplice, troppo naturale, eppure più vero di qualsiasi altra cosa avessi mai provato.

Sono le tre del pomeriggio e Jason se ne sta chiuso in camera sua da stamattina. Credo che non abbia neanche mangiato.
Busso alla porta e quando lo sento borbottare un "vattene" entro lo stesso.
<<Ma che cazzo Riley>> impreca appena la luce inonda la stanza buia.
Ignoro le sue proteste e apro la finestra, ora che lo vedo bene noto che è disteso sul letto, attorcigliato con le lenzuola, e con addosso soltanto i boxer.
Distolgo lo sguardo e impongo al mio cuore di piantarla di scalpitare come un cavallo ad una corsa.
<<Richiudi quella dannata finestra e va via!>>
Sospiro e puntando le pupille sul volto assonnato vado a sedermi accanto a lui. Il letto non è molto spazioso, il mio fianco finisce per sfiorare la sua pancia nuda e vorrei non aver indossato la maglia. Per sentire meglio, per sentire tutto.
<<Sono le tre Jason, alzati e vai a mangiare. O alzati e basta>>
Per tutta risposta si volta dandomi le spalle, e torna a immergere la faccia sul cuscino.
Gli poso una mano sul braccio. <<Jason? Per favore>> provo a scuoterlo.
Salta su tutto d'un colpo e me lo ritrovo ad un millimetro dalla faccia.
<<Per favore cosa?>> mi ringhia contro.
Il primo istinto sarebbe quello di accontentarlo e andarmene, ma siccome suppongo abbia reagito così proprio nella speranza che lo lasciassi solo, resto.
<<Parlami>> dico calmo.
<<Non mi va>>
Ok. E adesso? Faccio schifo in queste cose.
<<Vuoi un abbraccio?>> tento, quello sguardo scontroso mi fa sentire insicuro.
<<Chi, io o tu? Scusa ma oggi non ce la faccio a farti da babysitter>>
Be' questa era cattiva. I miei occhi cominciano a pizzicare per i fiumi di lacrime che avrei voglia di piangere, mi trattengo fino alla porta e lì le sue mani mi fermano.
<<Aspetta... che cazzo, sto da schifo oggi, ti basta così poco per lasciarmi così?>>
<<Questo era un colpo davvero basso>> gli faccio notare con la voce roca.
Sospira e poi comincia a massaggiarmi una spalla.
<<Non sono una roccia, ok? Se il mare è troppo agitato e le onde si fanno violente, inizio a sgretolarmi anche io>>
Già, me ne ero accorto.
<<Posso averlo ancora quell'abbraccio?>>
Ho giusto il tempo di voltarmi che mi ritrovo fra le sue braccia. Il mio viso nascosto sul suo collo, mentre il suo si strofina contro i miei capelli. Le mie mani aggrappate ai fianchi, le sue che mi accarezzano su e giù la schiena.
Mi ricorda quel giorno al mare, dove i nostri corpi si toccavano già in una maniera molto simile. E c'erano meno vestiti, e più baci.
La sua domanda non era affatto sbagliata dopotutto, questo abbraccio sta servendo tanto a Jason quanto a me.
Mi piace stare tanto stretto a lui, mi piace perché i problemi -se glielo permetto- passano in secondo piano, per lasciare spazio a sensazioni e bisogni più forti, belli, puri.
<<Dimmi che stai pensando alla stessa cosa a cui sto pensando io>> mi sussurra all'orecchio, mentre le sue carezze cambiano ritmo.
Per una volta voglio essere pronto.
<<Sei praticamente nudo, e io posso percepire ogni centimetro della tua pelle, a cos'altro vuoi che stia pensando Jason?>>
Con un sorriso sfrontato mi sfila la maglia, e poi mi riporta nel suo abbraccio.
<<Meglio, no?>>
Ora che il mio corpo tocca il suo senza barriere? Si, meglio.
<<Non serve che ti dica che non sono un esperto in questo rapporto Riley, ma vuoi condividere questa prima volta con me? Vuoi condividere qualsiasi paura, timore, ansia e dubbio che ti porti dentro, con me?>>
Un cenno di assenso, che nel mio caso -in questa situazione- equivale ad averlo gridato.
È tutto ciò che basta a Jason prima di portarmi a letto.

Dopo, restiamo sdraiati e in silenzio, ad aspettare il coraggio di dire qualcosa. È Jason che prende la parola per primo.
<<Non è vero che me ne sono andato di casa per sottostare solo e soltanto alle mie regole. È quello che racconto a tutti, che sono in buoni rapporti con i miei genitori e sono andato via per non rovinarli. Erano già rovinati, c'erano crepe ovunque. Non ero come mi volevano. I tatuaggi, il non voler studiare all'università per diventare medico o avvocato. Desideravano il classico figlio modello da sfoggiare in giro. Guardami, ti sembra possibile che fossi quella persona? Avevo paura anch'io quando ho scelto di tagliare i ponti e contare solamente su me stesso Riley. Però non potevo farmi plasmare come una cazzo di statuetta di ceramica. Ti capisco più di quanto pensi, e insomma, se ce l'ho fatta io, perché non dovresti farcela tu? È difficile ok? E fa schifo. Ma è meglio che ti faccia schifo quello che hai intorno, piuttosto che la persona che ti trovi di fronte quando ti guardi allo specchio>>
Questo non me lo aspettavo. Cosa credevo, di essere l'unico ad avere dei problemi?
Le sue parole crude mi fanno sussultare, ma Jason è così, non le manda a dire. Ti fa vedere le cose esattamente come stanno, in modo da essere certo che ti arrivino, che ti sveglino.
<<Sono davvero felice che tu non abbia ceduto al volere dei tuoi. Perché a me questa persona piace tantissimo>> dico, guardandolo dritto negli occhi.
Vedo il guizzo di sollievo attraversarli.
<<E tu? Tu ti piaci? A te piace questo ragazzo gentile, dolce, ma anche tormentato, indeciso, deluso, e forse... forse innamorato di un uomo? Ti piace questa nuova versione di te Riley?>> mi domanda, e per poco non mi acceca l'intensità del suo sguardo.
Questo ragazzo gentile, dolce, tormentato, indeciso, deluso, e -senza forse- innamorato di un uomo.
Cos'ha che non va quel ragazzo? Cosa dovrebbe avere di sbagliato? Cosa ha fatto di male?
Sto cominciando a vedere la vita attraverso i miei filtri, i miei e basta. Non quelli di mamma, non quelli di papà, non quelli della chiesa, non quelli della società.
E be', ai miei occhi...
<<Si. Mi va più che bene questa nuova versione di me>>

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