~Quaranta~

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Jason

In questi giorni mi sono reso conto di una cosa.
Fra due persone si può creare un legame anche nel modo più impensabile.
Senza toccarsi, senza parlarsi, senza rivolgersi uno sguardo.
Tu provi ad allontanare qualcuno tentando di ignorarlo, poi succedono cose come... cose come trovarsi nello stesso bar per quattro giorni di fila, e quel filo sottile precedentemente creato, invece di spezzarsi si rafforza.
Accidenti a te Riley.
Come ci sei finito in un posto del genere?
Non che io sia di casa qui, mi serviva semplicemente un buco dove nascondermi, essere lasciato in pace e bere.
Il motivo per cui dopo la prima sera abbia continuato a venirci non saprei dirlo.
Insomma, non lo guardo nemmeno.
Però avverto i suoi occhi addosso.
Avverto questa specie di legame.

Stasera devo sistemare la situazione, in un modo o nell'altro.
Resto al mio tavolino giusto il tempo di una birra. Giusto quei dieci minuti perché si accorga che ci sono.
Poi pago ed esco.
Ma invece di andare a casa, mi appoggio al muro vicino alla porta e aspetto. Lo aspetto.
Credevo mi avrebbe seguito a ruota. Invece resta dentro un'altra mezz'ora. Mi sto stancando, quando riconosco la sua sagoma che viene fuori, mi sorpassa e lancia una bottiglia vuota di birra contro un muro.
Birra? Finora l'ho visto bere alcolici ben più sofisticati. Martini, Vodka.
Ero io il tipo da birra.
E comunque, che gli prende?
Non si accorge di me. Sta fermo un metro più avanti a passarsi le mani fra i capelli.
Appena muove un passo io apro bocca.
<<È l'ultima sera che vengo qui>>
Suona tanto come un avvertimento il mio, ha un qualche senso? È come se stessi dicendo di più.
Tipo: se vuoi fare qualcosa agisci adesso perché non avrai un'altra occasione.
Che idiota, ci spero ancora.
Non sporcherà mai la facciata da bravo ragazzo per me.
Riley si volta spaventato. Quando mi vede sgrana gli occhi e si porta una mano al petto.
<<E che cazzo Jason>> mi riprende. <<Mi è preso un colpo>>
Lo lascio riprendere fiato.
Ci guardiamo. Non proprio.
Ci mangiamo con gli occhi.
<<È l'ultima volta che metto piede in questo posto>> ripeto serio.
<<E alle lezioni di surf? Continuerai a venire ?>>
Giusto, quelle.
<<Certo che si, voglio davvero imparare. Non vengo per te, non sei il centro del mondo>> mi pento subito dell'amarezza con cui sputo l'ultima frase.
<<Ovvio che no>> concorda ferito. <<Sei bravo davvero>>
<<Grazie>> ribatto sarcastico.
Odio questo insulso scambio di convenevoli.
<<Ci si vede in giro Riley>>
Faccio per staccarmi dal muro ma lui mi blocca con un passo nella mia direzione, e con una confessione a cui faccio fatica a credere.
<<L'ho detto ai miei>>
<<Detto cosa?>>
<<Che mi piace un ragazzo>> sussurra.
Fa ancora fatica a parlarne.
Aspetta. Ha detto che gli piace un ragazzo.
Parla di me.
<<E come l'hanno presa?>>
Dalla sua faccia direi non bene.
Alza le spalle. <<Come immaginavo>>
<<Cosa ti ha fatto cambiare idea?>>
<<È... capitato. È soltanto capitato>>
Annuisco anche se non capisco davvero il senso delle sue parole.
Vorrei consolarlo, è così smarrito, e triste e tormentato.
Non mi piace vedere la gente che sta male, men che meno lui. Però non so fino a che punto spingermi.
<<Sembri esausto, forse per oggi è il caso che tu vada a riposare>>
Non avrei dovuto dirlo. Gli si inumidiscono gli occhi -quei bellissimi occhi azzurri- e abbassa la testa per nascondersi da me.
<<Riley?>> allungo una mano che finisce solo sul suo braccio. Ha la pelle che brucia tanto è calda.
<<Non ho un posto dove andare Jason. Non ho più un cazzo di posto dove stare. Non ci posso tornare dai miei>>
Mio Dio. Voglio spegnere quella disperazione nella sua voce. Impossibile. Devo almeno attutirla. Stringo la presa e me lo tiro addosso.
Lo abbraccio e non ci penso due volte a chiedergli di venire da me.
<<No, non è questo che voglio da te>>
<<Non ti lascio qui per strada>>
<<Non me lo merito>>
Capisco perché lo dice, eppure io non la penso così. Non ha avuto il coraggio di essere sincero con me, con gli altri e con sé stesso per molto tempo, però questo non significa che adesso meriti di passare l'inferno.
<<Vieni e basta Riley>> sospiro.
<<Possiamo camminare un po'? Camminare e basta>>
<<D'accordo>> muovo un passo e lui si mette al mio fianco. Vicinissimo.
Ma non mi tocca. Non lo tocco.
Camminiamo. Camminiamo e basta, come vuole lui.

Lo guido attraverso le strade meno affollate, conosco sicuramente meglio io questa zona. Finiamo in un vicolo deserto e io torno ad appoggiarmi al muro di un vecchio edificio abbandonato.
Andiamo avanti da mezz'ora, in assoluto silenzio. Non so perché mi abbia voluto con lui, la mia vicinanza gli è di qualche conforto?
Forse sì, forse sapere che ero comunque lì accanto era sufficiente.
Per me era così. Il calore che emanava il suo corpo e raggiungeva il mio, mi dava conforto sul serio.
<<Non ne hai ancora avuto abbastanza?>> gli chiedo.
Mi scruta, non risponde.
Si avvicina e ogni mio centimetro di testa, corpo e anima si mette in allerta.
Il suo naso sfiora il mio.
<<Se ti chiedessi un bacio, soltanto un bacio, senza pensare al dopo, senza promesse, me lo daresti?>> mi soffia sulla bocca.
Se fossi stata una ragazza probabilmente ci avrei pensato eccome al dopo.
Ma l'unica cosa a cui pensavo io adesso, era quanto volessi quel bacio.
Le sue labbra quasi sfioravano le mie, come accidenti avrei potuto allontanarlo? Era Riley.
Mi faceva incazzare, mi faceva impazzire, a volte mi trattava da schifo e altre mi ignorava proprio.
Ma era Riley. E per qualche crudele motivo questo valeva più di quanto avrebbe dovuto.
<<Smettila di chiedere, e impara a prendere>> lo sfido.
Spinge la fronte contro la mia e finalmente mi bacia. Come gli avevo chiesto di fare giorni fa.
Mi passa le mani sui fianchi e si spinge contro di me, mi inchioda al muro.
È fantastico quando si lascia andare.
Passa la lingua sul piercing e le mie dita corrono a stringergli i capelli. Lo bloccano lì, lo costringono a non smettere.
Mi accontenta ancora per qualche minuto prima di lasciarmi.
Poi nasconde il viso sul mio collo. Rabbrividisco.
<<Vieni a casa con me Riley>>
<<Non voglio essere un peso per te>>
<<Come puoi dirlo? Lo sai che mi piaci>> sbotto guardandolo dritto negli occhi.
<<Sei esausto, andiamo>> non aspetto che replichi, lo trascino via da quel vicolo e non mollo il suo braccio finché non la pianta di fare resistenza.
Il garage per fortuna è a pochi isolati e arriviamo in cinque minuti.
Giro la chiave nella serratura e lo faccio entrare, gli vado a sbattere contro perché si immobilizza sulla porta.
<<Che c'è?>>
Seguo il suo sguardo verso il divano e li vedo. Alex e il suo amico. Gabriel.
Mi sa che le devo parlare.

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