~Ventinove~

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Alex

Non ci riesco.
Mi ero ripromessa di mantenere un certo distacco fra me e Gabriel.
Me lo ero imposta.
Basta stargli vicino, basta cercarlo, basta battute, basta stuzzicarlo, basta forzarlo. Basta toccarlo.
Ma mi viene così naturale comportarmi in questo modo con lui...
Non ci sono molte persone nella mia vita con cui posso lasciarmi andare, se non Jason.
E io ho bisogno di lasciarmi andare, di non dover continuamente mettere maschere, filtri o muri, fra me e la gente che mi sta intorno...
Avevo imparato a fidarmi di Gabriel. Nonostante la resistenza iniziale per ciò che era, avevo imparato a fidarmi.
E, di conseguenza, a lasciarmi andare anche con lui.
È una bella persona, e Dio sa quanto io abbia bisogno di brave persone nella mia vita.
Se solo tutte quelle regole e quegli schemi con cui è cresciuto non gli avessero incasinato la testa...
Perché, che nella sua testa ci sia un gran casino non c'è alcun dubbio, lo vedo riflesso nei suoi occhi ogni santa volta.
E fino a che punto posso fargliene una colpa, proprio io?
Non ha conosciuto altro. E al novanta percento delle probabilità, esattamente tutte quelle cose che odio lo hanno reso ciò che è.
Non può voltare le spalle a vent'anni di vita. Ha ragione.
E non può conciliarli con me. Non può davvero, non prendiamoci in giro. Per quanto lo spinga a provarci e ad essere sincero con sé stesso, una soluzione non esiste e lo so perfettamente pure io.
Eppure.
Quando stiamo insieme per me è difficile ricordarmi di tutto questo.
O penso sia la mia parte adolescente che si ostina a non volerle ricordare.
Forse è un bene che lui rimanga l'adulto. Che sappia mantenere quella parte.
Forse è un bene, per quanto a me non ne faccia affatto.
È vero, il mio motto è sempre stato quello di vivere e prendermi tutto ciò che di bello il mondo mi offriva. Al diavolo il resto.
Ma è il mio motto. Non posso imporlo a qualcuno, solo perché il suo modo di pensare contrasta con ciò che voglio io.
Ok. Credo di volere Gabriel.
Come non ho mai voluto nessuno prima.
Sarà un bel problema per lui, tutte le cose che ho riconosciuto poco fa, svaniscono in sua presenza.
Perché una cosa è starsene sul divano a rimuginare, un'altra trovarsi là fuori a vivere.
Là fuori, io vivo secondo il mio motto.
Perciò quando mi accorgo di Gabriel sulla riva, mentre sto passeggiando sulla spiaggia, invece di cambiare strada, punto dritto verso di lui.
Perché quando voglio qualcosa, non c'è freno o limite che tenga, a quanto pare.
Un po' mi dispiace.
Lo sto incasinando più di quanto meriti.

Gabriel

<<Mi insegni ad andare sulla tavola o no?>>
Alex torreggia su di me, dal suo misero a occhio e croce metro e sessanta. Se ne sta con le braccia sui fianchi e si sta sicuramente domandando perché io mi sia imbambolato come uno scemo.
Sembra che in sua presenza, spesso i miei neuroni lavorino più lentamente.
O tutto il contrario. Devono agire al doppio della velocità per tutti i pensieri e le paranoie che mi si materializzano nel cervello quando vedo la sua faccia.
<<No>> rispondo alla fine, spezzando l'intreccio delle nostre iridi.
Oggi mi sento strano.
Sbuffa e mette su un adorabile broncio.
<<Hai la vitalità di un ottantenne Gabriel>> osserva.
Non lo dice delusa, o arrabbiata, o sorpresa.
Lo dice come se fosse un dato di fatto.
E questo mi ferisce più di tutte le altre insinuazioni che abbia mai fatto sulla mia presunta lineare e perfetta vita.
<<Non so come smettere>> mi esce fuori in modo piccato.
Non è così che lo intendevo.
<<Non so come smettere>> ripeto più piano.
Stavolta somiglia ad una richiesta di aiuto. Stavolta l'ho detto nel modo giusto.
Alex si accovaccia davanti a me, e mi studia. Fatico a reggere quello sguardo.
Potrebbe prendermi per pazzo, per iniziare una conversazione così, appena mi si è presentata di fronte.
Ma sappiamo entrambi che questa è una conversazione già cominciata settimane fa, una conversazione che facciamo un passo alla volta.
Io svelo qualcosa un passo alla volta.
Le sue braccia mi avvolgono. Non me lo aspetto, un attimo prima è là e poi quello dopo preme il suo piccolo e perfetto e caldo e morbido corpo contro il mio.
È l'abbraccio migliore del mondo.
Lo penso sul serio. È perfetto, perché sembra una di quelle strette che riescono a tenere insieme i pezzi.
Non mi ero accorto che stavo rischiando di perderli.
Non muovo neanche le braccia per ricambiare, non ne ho la forza, ma strofino il naso sul suo collo.
Per farle capire che lo apprezzo.
E perché lo volevo, lo volevo tanto, e la sua pelle lì era profumata e sensibile e vicina...
Forse non avrei dovuto. Alex si irrigidisce, avverto il suo respiro cambiare. Avverto questo abbraccio cambiare.
Si scosta. Non troppo.
<<Mi stai chiedendo di insegnarti a vivere Gabriel?>> sussurra.
<<Forse. Un po'>>
Apprezzo davvero la serietà della sua voce, perché la situazione ha un che di veramente ironico.
<<Vuoi che io sia il tuo maestro?>> Annuisco.
E lei sorride. Ha già un piano.
<<Mi darai ogni giorno almeno mezz'ora del tuo tempo>>
Ogni giorno.
<<E se ti prendono?>>
<<Mi impegnerò più del solito perché non mi trovino>>
<<Ok>> non so se intendo l'ultima sua affermazione o se ho appena acconsentito alla richiesta di darle mezz'ora al giorno. Ogni giorno.
<<E cosa facciamo?>> aggiungo.
<<Viviamo>>
Giusto. Mi piace.
E mi terrorizza a morte.
<<Iniziamo domani?>>
<<No. Iniziamo subito>>

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