Capitolo 51

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POV DI ANASTASIA

Quella neonata ha un'aria molto ma molto famigliare. Le sue guanciotte paffute, il suo nasino schiacciato, quegli occhioni azzurri-grigiastri e la loro forma, quei capelli castani e quella sua boccuccia un po' carnosa mi rimanda indietro nel tempo. Ben ventitré anni fa, precisamente ventidue anni e mezzo fa, io diedi alla luce una bambina. Lei era la nostra primogenita. Lei era bella. Calma. Non sapeva piangere, ma adorava lagnarsi e amava stare in braccio proprio come Charlotte. Christian decise di chiamarla Victoria Grace Grey. Lei era la nostra gioia. Con i suoi sorrisi riusciva a rallegrare le nostre giornate; soprattutto quelle di Christian. Quando c'era lei, lui era felice. Sprizzava gioia e felicità da tutti i pori e sorrideva sempre. Eravamo davvero felici in quel periodo. Non avevamo problemi di nessun tipo. Eravamo in grado di toccare il cielo con un dito. Tutta la nostra famiglia era felice, dato che, a quei tempi, io avevo dato alla luce la reginetta di casa Grey, di cui Christian era dannatamente geloso, Kate e Elliot stavano organizzando il loro matrimonio, e Mia e Ethan si erano fidanzati ufficialmente. Tutto andava per il meglio; ma purtroppo quella felicità svanì completamente la notte del primo ottobre del 1992. Erano passate ormai ben cinque ore dall'ultima volta che l'avevo allattata, eppure lei non accennava a svegliarsi per mangiare, così preoccupata per la mia piccolina, mi alzai dal letto e mi avvicinai alla culletta. La osservai attentamente notando con gran stupore che la mia bambina dormiva beatamente nel suo lettino. Era davvero bella. I suoi capelli mossi, come quelli del padre, le ricadevano sulla fronte, aveva la boccuccia semi aperta per respirare, le sua guance paffute erano più rosse del solito, ed era tutta rannicchiata nel suo lettino. Così stesi la mano verso di lei e l'accarezzai dolcemente notando con gran stupore che era fredda. Così presi due copertine di lana dal comodino, e l'avvolsi dentro di esse, per poi portarla nel lettone con me. La strinsi forte al mio petto e poi mi riaddormentai. Il giorno seguente quando mi risvegliai dal mio turbolento sonno, notai con gran stupore, che Christian e la bambina non erano a letto, così uscì dalla camera per andare in salotto e lì li vidi. Christian aveva spogliato Victoria e la stava immergendo nella sua vaschetta rosa. La bambina piangeva e si dimenava tra la braccia del padre. Gail, invece era intenta a mettere del ghiaccio nella vasca. La piccola aveva la febbre alta che si aggirava verso quaranta-quarantuno. Per tutto il giorno non le si era abbassata neanche di un decimo nonostante le avevamo dato la Tachipirina e l'avevamo immersa più e più volte sia nella vaschetta stracolma di ghiaccio sia nell'acqua fredda se non gelida. Io e Christian eravamo nel panico più totale perché essa non scendeva, anzi, mano a mano che il tempo passava aumentava. Avevamo paura per la nostra bambina. Avevamo paura che potesse morire a causa della temperatura corporea troppo alta così la portammo in ospedale. I dottori la visitarono e poi le somministrarono le varie medicine, ma nonostante ciò, la piccola non accennò a nessun miglioramento; e a causa della temperatura corporea eccessivamente alta, esalò l'ultimo respiro tra le braccia di sua madre e quelle di suo padre. Noi ne fummo completamente distrutti. Il dolore che provammo e che proviamo ancora adesso ci lacera il cuore e l'anima. Preferivamo la morte piuttosto che perdere la nostra bambina. Lei era il nostro tutto. Senza di lei, noi, non eravamo niente. Ma purtroppo abbiamo dovuto imparare a convivere con quel dolore che ogni giorno aumenta sempre di più. Abbiamo provato a colmare questo vuoto crescendo amorevolmente gli altri figli e prestando loro tutte le nostre attenzioni. Ma sfortunatamente questo dolore non si è allietato. Anzi, è aumentato di giorno in giorno perché ogni volta che ognuno dei miei figli faceva qualcosa di nuovo, io pensavo a lei, a come sarebbe stato insegnarle a camminare, a parlare, a mangiare con il cucchiaio e con la forchetta. Ma purtroppo io, lei e il suo papà non abbiamo potuto fare queste bellissime esperienze perché la nostra piccolina, a solo un mese di vita, è volata in cielo insieme agli angioletti, e ora ci guarda e ci protegge dall'alto. Almeno lei lassù sarà felice e non soffrirà come d'altronde stiamo facendo noi. Forse è un bene che almeno lei non senta tutto il dolore che tutti noi stiamo provando. Forse.....è.....meglio.....che....Oh ! Ma chi voglio prendere in giro? La mia piccola mi manca dannatamente tanto. Mi è davvero difficile vivere senza quella piccola peste che mi rallegrava le giornata, eppure, devo cercare di togliermela dalla testa sia per il mio bene, sia per quello di Christian, e sia per quello dei nostri figli; perché fin quando penserò continuamente a lei, non farò vivere felici e sereni le persone  che mi stanno accanto. Devo smetterla di pensarla sempre ! Devo assolutamente finirla !

50 sfumature di Diana Grey// Parte secondaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora