46. Sad.

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Diego's Pov.

Sono quattro ore che sto pensando a ciò che mi ha detto mia madre, ma ancora non ho chiara la sua frase. I dettagli cambiano il mondo.

Che significa? Devo pensare ai dettagli di ogni giorno passato con Valentina? Non ha senso, eppure qualcosa mi dice che devo farlo per davvero. Preferirei trovarla in tempo reale, piuttosto che pensare a lei che mi fa ancora più male.

Sbuffo contrariato e mi alzo dalla poltrona. Mi faccio una doccia e mi cambio rapidamente e riparto verso la Centrale. Alessandro già sta qua con Alessia che ha due occhiaie più lunghe di me.

-Ciao Diego, come stai?- mi chiede con voce roca.

A pezzi non da l'idea.

-Come te.- rispondo e le do un leggero abbraccio.

Alessandro ci raggiunge e sospira.

-Non hanno trovato nulla a parte il camioncino completamente bruciato in periferia. Dove sta? Dove... prima Barcellona e adesso questo, perché?- sbuffa triste.

Simone anche ci raggiunge e mi chiama in disparte.

-Diego, se cercassi il microcip del camioncino?-

Perché non ci avevo pensato??? Gli do una pacca sulla spalla e sorrido appena.

-Proviamo a cercarlo, non so se i rapinatori l'abbiamo tenuto.-

Alessia e Alessandro ci raggiungono e mi chiedono cosa sto facendo.



-Cerco il microcip del camioncino. Solitamente lo tengono.-

I suoi occhi si illuminano e poi si riempiono di lacrime. Sembra piccola come Valentina quando indossa i miei vestiti e così indifesa.

-Devo uscire un attimo. Torno subito.- sussurra con voce rotta dal pianto e corre fuori dalla Centrale.

Alessandro sospira e poi si siede stanco su una poltrona.

-Sono a pezzi. Ho detto a mia madre che dormiva da te. Non so che cazzo inventarmi questa sera.- borbotta.

-Dovremmo dirgli la verità, perché non la troveremo prima di questa sera, Alessandro.- lo rimprovero.

Sospira e chiude gli occhi.

-Li chiamo.- sussurra e poi prende il cellulare dalla sua tasca.

-

Valentina's Pov.

Un altro schiaffo parte forte e deciso da questo troglodita davanti a me. Da ieri non ha smesso di picchiarmi e sono stanca delle sue botte.

-Dimmi cosa cazzo sai di noi!- esclama incazzato.

Lo guardo male e lui riparte con tutta la sua potenza scagliandosi contro di me. Il suo pugno mi spacca il labbro per la seconda volta e il sangue scorga da lì. Sono attaccata alla parete dai polsi con delle catene e non sento più i muscoli delle spalle e del collo. Sono stanca morta e incazzata con mondo.

Dove sono? Non ne ho idea, ma non lontana da Roma, perché quando ieri siamo arrivati in questo posto oscuro e sotterraneo faceva ancora il caldo di mezzogiorno.

Qua dentro si sta bene, fortunatamente, perché sennò avrei preferito morire.

-Perché non ci racconti niente, signorina?- mi chiede un signore con una maschera di Arlecchino su tutta la faccia.

Guardo male anche lui e sputo il sangue che mi entra in bocca e mi stomaca. Non resisto più sinceramente. L'uomo che mi picchia se ne va e ci lascia soli.

Love and SpiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora