La mattina dopo la sentenza mi alzo parecchio tardi. Sto veramente riprendendomi da tutte le notti insonni dentro quel tugurio. Clara ancora dorme quindi faccio piano.
Ieri sera abbiamo parlato tanto e abbiamo fatto le due di notte tra confessioni e pianti.
Mi alzo e sospiro. La camera é perfettamente sistemata, grazie a mia madre e Alessia che ieri pomeriggio mi hanno aiutato un sacco. Vado di sotto e trovo la colazione pronta e un bigliettino da parte di mia madre.
Alle 11.30 vai in Centrale. Nella stanza 203. C'è qualcuno che ti aiuterà.
Ti voglio bene. Mamma.
Bene, ho solo mezz'ora per prepararmi e arrivare in Centrale senza sembrare una forsennata.
Vi starete chiedendo come sto circa ieri... Bhe, me lo chiedo anche io a volte. L'unica cosa che mi viene in mente é pura serenità. Serena che quella carogna se ne sia in carcere a scontare le pene. Poi è venuto fuori che ha ucciso moltissime persone e torturate altrettante.
Spero bruci all'inferno.
Mangio quello che mia madre mi ha preparato e vado in bagno per farmi una doccia. Le ferite e i lividi stanno piano piano sparendo fortunatamente. Mi lavo e ritorno nella mia stanza.
Clara giace inerme al lato del mio letto e ridacchio. Sta anche sbavando. Che schifezza!
Mi vesto con un paio di jeans neri e un a maglietta dell'Hard Rock di Londra e vado di sotto. Prendo il cellulare, le chiavi e esco di casa.
Il sole batte forte su di noi e mi riscalda. Adoro Roma soprattutto per questo. É caput mundi! Non c'è nulla da fare.
Arrivo alla Centrale esattamente alle undici e mezzo e corro a prendere l'ascensore. Salgo al secondo piano e cammino rapidamente verso la stanza 203. Busso e una voce maschile mi dice di entrare.
Obbedisco e apro la porta.
L'ufficio é ben arredato, da dottore praticamente. La scrivania é grande color crema decorata da foto, portapenne e cartelle.
-Sono Valentina, posso?- chiedo.
Mi sorride e noto i denti bianchi spuntare dalle labbra carnose rosate. Ha gli occhi marroni e i capelli biondi. Avrà più o meno trenta anni o forse trentacinque. Indossa il camicie bianco.
-Certo, signorina, venga. Io sono il dottor Rossi, ma chiamami Andrea. So cosa é successo, ma non parleremo di questo, ma di te, che ne pensi?-
Stringo la sua mano e mi siedo.
-Non mi piace stare troppo al centro, però se non possiamo fare altro...- borbotto.
Si siede comodo e e prende un quaderno per scrivere. É uno psicologo se non lo avete capito.
-Come stai?- chiede.
-Scombussolata, tu?- chiedo.
Ridacchia e sospira.
-Deve diventare un mantra: parleremo di te.- asserisce.
Già giusto.
-Scombussolata, soprattutto da ieri. Però sento che mi sto riprendendo.- rispondo.
Annuisce e scrive qualcosa.
-Bene. Con i tuoi coetanei come va?- chiede.
Corrugo la fronte, non capendo il senso di queste domande.
-Bene, i miei amici sono stati fantastici con me.- rispondo sorridendo.
-E il tuo ragazzo?- chiede.
STAI LEGGENDO
Love and Spies
RomanceUn centro di Spie di Roma ha un gruppo speciale di ragazzi per lavori estremamente segreti. Valentina verrà messa duramente alla prova, come la sua migliore amica e suo fratello. Diego scoprirà l'amore e non di una sola donna e Mike risolverà i suoi...