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Arrivata alla stazione di polizia, trovo Febo ad attendermi in sala d'attesa.
«Finalmente! Eccoti. Che cavolo hai fatto alla faccia!?».
Mi ricorda il livido enorme che ho in volto e realizzo solo ora che avrei fatti meglio a mettere del fondotinta.
Una ragazza che si presenta così alla centrale può dare un'altra impressione.
«Nulla di che, a lavoro ho sbattuto contro uno scaffale alto. La mia solita goffaggine» mento.
Mi guarda perplesso, ma non chiede altro.
«Ti stanno aspettando di là. Chase non vuole saperne di far chiamare i suoi» «Capito. Che ha fatto stavolta?».
Sospira pesantemente e inizia ad incamminarsi. Lo seguo aspettando risposta.
«Guida in stato di ebbrezza. Ed era stra fatto. Ha sfondato un palo della luce nel parcheggio. Non so altro, non mi dicono altro. Vogliono te».
Arriviamo davanti ad una porta in metallo scuro. Bussa e ad aprirci è un uomo sulla cinquantina in uniforme.
«Signorina Schill?» domanda subito, e riconosco la voce che stava al telefono.
«Si sono io. Sono qui per Chase Jackson» «Si accomodi» dice, mentre fa cenno a Febo di aspettare fuori.
Appena entro nella stanza spoglia, trovo Chase seduto a testa china con i gomiti sul tavolo a sorreggere la testa.
«Si sieda pure» prosegue l'uomo indicando una sedia in plastica nera davanti a lui e vicina a Chase.
«Signorina Schill, abbiamo trovato il suo numero come contatto in caso di emergenza». Si ferma un attimo, guarda il ragazzo al mio fianco sperando di vederlo alzare la testa ma nulla. «Lo abbiamo trovato alla guida della sua auto sotto effetto di alcol e stupefacenti. Ci ha contattati l'amico, che l'ha trovato fermo con l'auto addosso al palo della luce di un parcheggio...». Dio Chase! «... Per fortuna è un parcheggio in disuso. Nessun si è fatto male, e visto che il ragazzo non ha precedenti, posso limitarmi a macchiare la sua fedina penale, oppure costringerlo a ore di servizio sociale...» guarda di nuovo il mio amico, che ancora non alza il capo dal tavolo «... Ma abbiamo ricevuto anche una richiesta di denuncia, che accuserebbe Chase Jackson di aver picchiato un uomo, qualche giorno fa.
L'uomo dice che ritirerà l'accusa se riceverà le scuse scritte e orali dal parte del signorino Jackson». Gratta leggermente la barba folta e brizzolata.
«Ora... Ho anche io un figlio che sta passando un periodo ribelle, e sicuramente non vorrei vederlo rovinarsi la vita a causa di una bravata. Voglio essere comprensivo, e lascio passare la cosa dell'incidente con una semplice ammonizione, l'obbligo di frequenza nei lavori socialmente utili per un mese e la ripromessa che non accadrà più. Ma per la denuncia non posso fare nulla, a meno che il ragazzo non dia ascolto alla clemenza del suo accusatore» dice con occhi carichi di rammarico ma pieni di comprensione.
È davvero un brav'uomo. Chase ha avuto fortuna.
Ma non capisco dove sta il problema.
«Non mi umilierò tanto» ringhia in un sussurro, alzando finalmente gli occhi verso l'agente.
«Chase! Ti prego, non fare lo stupido! Non ti ricapiterá un'altra occasione simile!» «Non mi inginocchieró davanti a quel verme, e sai bene il perché, Brianna!».
Ripenso a quel che mi ha detto, a ciò che mi è stato messo nel  drink, e alle loro intenzioni. È vero, Chase non meriterebbe un simile trattamento visto come mi ha aiutata, ma non  abbiamo prove e l'unica soluzione purtroppo è chinare la testa al nemico.
«Ti rendi conto che ti stai giocando con il tuo futuro? E solo per orgoglio!».
Tocco il suo pugno serrato e lo stringo tra le mie mani.
La sua morsa si rilassa e con lei tutto il resto del corpo.
I suoi occhi notturni mi fissano intensamente, chiedono aiuto.
«Tu non vuoi che accada, vero?».
Scuote la testa, e lascia sfuggire qualche lacrima nervosa.
«Hai fatto la scelta giusta ragazzo» interviene Jeff, tirando una leggera pacca sulla sua spalla.
«Vado a fare una chiamata. Aspettatemi qui, vi aggiorno presto». E se ne esce, facendo risuonare la porta pesante per tutta la stanza.
«Mi dispiace, Brianna» «Shh, non è successo nulla. Non preoccuparti».
Lo stringo in un caldo abbraccio, sperando che in qualche modo possa rasserenare il suo cuore devastato.
Siamo stretti l'un l'altra per quella che sembra un'eternità. Poi ecco che rientra Jeff e si siede di fronte a noi.
«Mi ha dato l'indirizzo dei suoi uffici e un'orario nel quale potrai presentarti per vederlo, inoltre da lunedì inizierai i lavori alla comunità. Ti basteranno un paio d'ore al giorno, sono stati comprensivi perché sanno che hai l'università». Entrambi sospiriamo di sollevio, e un sorriso enorme si abbozza sulle mie labbra.
Se potessi griderei dalla gioia. È stato davvero fortunato stavolta, Chase.
L'agente si schiarisce la gola e stavolta punta i suoi occhi ai miei.
«Signorina Schill. Lei... Sta bene?» domanda di punto in bianco, spiazzandomi.
«Certo, la ringrazio per la premura». Il suo labbro si serra, e lo sguardo diventa più duro, serio.
«Arriverò dritto al punto. Subisce violenza?». Che cosa!? Ma da dove gli è venuta questa!?
Chase sgrana gli occhi, ma non per sorpresa, quanto per paura, dispiacere immenso, e poi realizzo.
Ho un livido enorme sulla guancia destra.
«Oh no no, non si preoccupi. Se parla di questo l'ho fatto proprio stamattina a lavoro. Sono molto maldestra e ho sbattuto contro uno scaffale alto, ecco tutto» «Capisco» risponde per nulla convinto «..in ogni caso se avesse problemi futuri, sa dove trovarci» «Certo agente, grazie mille».
Scruta ancora una volta entrambi, e poi ci congeda.

Ed un Nerd mi sconvolge la VitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora