Schiacciatrice

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Luca e Sissi erano ormai entrati dal negozio da parecchi minuti.
"Pensi che prima o poi Luca ne uscirà vivo?" Matteo stava guardando in direzione del negozio, sperando di veder uscire il suo amico sano e salvo.
Laura ridacchiò, tenendo la sua guancia appoggiata sulla spalla del ragazzo. "Meno resistenze farà, prima ne uscirà."
"No perché altrimenti inizio a cercare un altro opposto. Sai, ci servirebbe per ancora qualche mese." Matteo si interruppe. "Ehi! Guarda caso qua c'è una bravissima giocatrice!"
La ragazza si tirò su e lo guardò sorridendo. "Se questa mattina non fossi stata presente alla chiamata, avrei pensato che tu e Sissi foste in combutta per farmi giocare davvero."
"Chi ti dice che non lo siamo?"
Laura scrollò le spalle. "Forse il fatto che io non sono un opposto."
Il ragazzo scoppiò a ridere. "Peccato, avrei giurato che tu lo fossi. Allora, quale ruolo ricopre signorina?"
"Schiacciatrice."
"Cambia poco." Matteo ridacchiò. "A proposito, non mi hai più fatto sapere nulla della nostra partita."
Laura fece spallucce. "Ma sei così impegnato!"
Matteo le pizzicò il fianco ammonendola con lo sguardo. "Non provarci nemmeno."
"Va bene, va bene." Laura si tirò su di scatto. "Andiamo adesso. O sei stanco?"
"Assolutamente no. Ma tutti questi pacchi?"
Laura li guardò qualche secondo. "Li lasciamo in macchina."


Mezz'ora dopo, Matteo e Laura si ritrovarono davanti alla rete da gioco.
Matteo recuperò un pallone e si posizionò dalla parte opposta del campo.
Laura rimase ferma qualche secondo a guardarsi intorno, mentre i ricordi delle sue compagne di squadra, della fatica, dei tifosi in delirio le riempivano gli occhi.
Mettere piede in campo le procurava ogni volta scosse di adrenalina che la rendevano felice e appagata.
Era una sensazione che se prima era una forte carica energetica in vista dell'imminente partita, adesso aveva un sapore dolceamaro.
Sospirò cercando di scacciare quei ricordi e fece cenno a Matteo di iniziare la partita.

Nessuno dei due ragazzi si risparmiò: giocarono entrambi con grinta, senza lasciar cadere facilmente nessun pallone.
Laura sentiva finalmente il cuore alleggerirsi, accompagnato da uno stato di felicità ed euforia che raramente provava in altre occasioni.
Giocare con Matteo poi, rendeva tutto ancor più speciale; non avevano bisogno nemmeno di parlare. Si intendevano al volo, bastava uno sguardo o un cenno. La pallavolo era il loro modo di comunicare, il mezzo prediletto per dirsi tutto quello che provavano per l'altro: che ci sarebbero sempre stati, che non avrebbero lasciato l'altro solo, che il loro legame si stava rafforzando ogni giorno di più.

*
Matteo e Laura giacevano stesi a pancia in su in mezzo al campo, entrambi col fiato corto a causa dell'estenuante partita. Rimasero in silenzio l'uno accanto all'altra, tenendosi per mano.
Fu il ragazzo a rompere il silenzio. "E per fortuna che non giochi da un po', mi hai massacrato."
Laura ridacchiò lasciandosi poi scappare qualche gemito di dolore. "Non farmi ridere, mi fa male tutto."
"Allora non sono l'unico!"
Laura scosse la testa. "Ormai sono fuori forma."
"Fuori forma dice lei... E io che diamine dovrei dire?" Laura ridacchiò sentendolo lamentarsi. "Non oso immaginare come mi ridurresti se giocassi ancora." Matteo si sdraiò sul fianco per guardare meglio la ragazza, temendo di aver parlato troppo. "Scusami, non avrei dovuto."
Lei gli sorrise. "Tranquillo. Sai, a volte ci penso ancora alla pallavolo, mi manca così tanto."
"Possiamo giocare ogni volta che vuoi, lo sai."
"Sì, ma non è la stessa cosa."
Matteo annuì convenendo con la ragazza. "Non potresti ricominciare?"
"Tecnicamente sì, credo che potrei farlo. Forse qualcuno mi prenderebbe ancora."
"Su questo non ho dubbi. Allora fallo, no?"
Laura scosse la testa.
La guardò in silenzio, poi si mise a sedere. "Perché hai smesso? Dimmi la verità."
Dopo qualche secondo si tirò su imitandolo. "In un primo momento credo di averlo fatto per via di mio padre. Giocare mi faceva pensare continuamente a lui e le ultime partite le ho giocato col cuore dolorante. Poi ne ho parlato con mia madre, e abbiamo pensato che lasciando la pallavolo sarei stata meglio e avrei avuto più tempo per gli studi. E così l'ho fatto, ma credo di essermene pentita il giorno stesso." Matteo la guardò in silenzio e la vide ridere leggermente, anche se i suoi occhi erano tristi. "Ricordo ancora il momento in cui lo dissi a Sissi, la prese malissimo."
Matteo ridacchiò incredulo. "Davvero?"
"Oh, sì. Ma dovevo aspettarmelo. Lei era sempre al Palazzetto, ad ogni singola partita. Una volta – Laura scoppiò a ridere – una volta addirittura ha quasi fatto a pugni con un ragazzo tifoso avversario perché avevo toccato a muro ma non lo avevo confessato."
La risata fragorosa di Matteo riempì l'edificio. "Non si fa Laura! Ma quanto avrei voluto vedere Sissi fare rissa."
"Era tremenda." Laura si calmò e continuò il racconto. "Quando glielo ho detto, ho letto nei suoi occhi non delusione o tristezza, ma rabbia autentica. Siamo amiche da anni e quella credo sia stata l'unica volta in cui l'ho vista davvero arrabbiata."
"Peggio di quella volta del vestito?"
"Assolutamente. Ma capì e mi sostenne, nonostante disapprovasse fermamente. Quando mia madre ed io ci siamo trasferite qua lei mi ha raggiunto dopo poco. Non so cosa avrei fatto senza di lei."
Matteo sorrise, percependo però la tensione della ragazza. "Comunque sono offeso." Laura lo guardò non capendo. "Perché Sissi non tifa così tanto per noi?"
Scoppiò a ridere, liberandosi di quel peso opprimente. "Sissi si lascia andare solo quando si sente a suo agio. Arriverà il giorno in cui la sentirai strillare, non temere."
"Me lo auguro. Anche perché il nostro Vetto ha davvero bisogno di sentirsi strillare addosso, se capisci cosa intendo."
Laura gli diede un pugno sul braccio. "Non fare allusioni sulla mia migliore amica!"
"Ma quali allusioni! Intendo dire che ha bisogno di carica. Che poi la carica venga data in diversi modi è un altro paio di maniche. E il fatto che tu pensi a quel modo preciso mi fa pensare che ci intendiamo a meraviglia." Ammiccò scherzosamente tornandosi a sdraiare.
Laura scosse la testa sorridendo, adagiandosi accanto a lui.
"Secondo te avrei davvero una possibilità realistica di tornare a giocare?"
"Credo proprio di sì. Non conosco molto le squadre femminili e le loro esigenze, ma te la cavi bene in tutti i fondamentali e sei anche alta. Quindi perché no? Hai anche la giusta grinta e fame di vittoria."
Scrollò le spalle. "Non lo so."
"Se vuoi chiedo in giro."
"No, tranquillo. Non penso tornerò davvero a giocare."
"Non credo di capirti Laura. Prima dici una cosa, poi la neghi. Sei un po' incostante."
"Lo so. Ma è un periodo davvero di confusione." Matteo le prese la mano e la strinse.
"Non devi scusarti con me. Devi solo cercare di fare chiarezza."
Laura sospirò mordendosi il labbro. "Sai cosa? Vorrei che le mie scelte riguardassero solo me. Ma qualunque scelta io farò poi qualcuno starà male inevitabilmente. È questo il problema."
"Purtroppo funziona così, non possiamo accontentare tutti quanti."
"E allora cosa si deve fare?"
"Accontentare se stessi. Fare quello che ti piace, se non altro qualcuno ci starà male ma tu sarai felice e saprai che ne è valsa la pena. Se davvero quella persona ti vuole bene, poi capirà."
"Tu ad esempio capiresti?" Si girò di fianco cercando i suoi occhi. Anche Matteo si girò e la guardò sorridendo.
"Assolutamente. Qualunque cosa farai."
Laura sorrise e lo abbracciò, appoggiando la guancia sulla sua spalla. "Ho solo bisogno di un po' di tempo per schiarirmi le idee."
"Certo. Se però posso darti un consiglio, io lo farei entro la fine della stagione. Così potrai farti notare dalle diverse squadre e sarai pronta per il prossimo anno."
La ragazza annuì. "Il mio sogno è sempre stato la Nazionale."
Matteo sorrise. "Non credo sia così lontano, sai?"
Laura scrollò le spalle ridendo. "Beh potrei sempre chiedere a Sissi di fondare una squadra. È il suo sogno avere una schiera di persone al suo servizio." Matteo rise tenendosi la pancia per il dolore. "Immagino le divise: rosa e bianco e il libero di un bel fucsia. E una coroncina in testa, ovviamente."
Matteo scosse la testa. "La cosa assurda è che lo farebbe davvero. Perché vogliamo tutti rivederti in campo, Laura."
"Non tutti purtroppo. Ma ci penserò, promesso."
"Bene. E se ci sono persone che non vogliono vedertici sono sicuramente avversari che ti temono."
La ragazza ridacchiò. "Credo tu abbia troppa stima di me."
"Tu ne hai troppa poca."
Sospirò staccandosi da lui. "Tutti mi descrivete come una specie di Santa. Ma faccio tanti di quegli sbagli."
"E chi non li fa? Hai mai visto il Vetto rasato? O in difesa? Eppure gli voglio bene comunque. Agli sbagli si rimedia, ciò che non possiamo modificare è una cosa mai fatta."
Laura annuì. "Possibile che stiate diventando tutti così saggi e maturi?"
Il ragazzo ridacchiò tirandosi su. "Dai forza, ti concedo la rivincita."


Somewhere in NeverlandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora