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Niall non aveva mai visto Rebecca così silenziosa con lui. Camminavano mano nella mano per strada e lei guardava fisso per terra.
«Piccola.» Niall le lasciò la mano e Rebecca gemette, ma il ragazzo le passò subito un braccio intorno alle spalle e l'attirò maggiormente a sé. «Hey, guardami. O parlami. Insultami pure se ti fa stare meglio.»
«Stiamo in silenzio.» sussurrò lei.
E Niall stranamente acconsentì.
Rebecca stava semplicemente riflettendo. Su sua madre e sul discorso che lei e Niall stavano intraprendendo prima che lei arrivasse, dopo che aveva recuperato la pennetta incriminata in camera sua.
Non era giusto che Niall risolvesse tutto al suo posto. Lei non era neanche capace di affrontare la propria madre. Forse non era fatta per lui. Era troppo piccola, immatura e dipendente. Che diavolo ci vedeva Niall in lei?
Beh, forse non era nemmeno il momento di pensarci. C'erano altri problemi da affrontare, come la stazione di polizia che avevano davanti.
«Rebs.» Niall la fece fermare e le afferrò il viso. «Adesso tocca a te parlare. Io non riuscirò neanche ad aiutarti probabilmente. Dovrai farlo in italiano. Piccola, hey non tremare, ti prego. Ti starò comunque accanto tutto il tempo.»
Rebecca tirò un respiro profondo e chiuse un attimo gli occhi. Poi annuì.
«Posso farcela.»
«Certo che puoi. Credo in te, amore.»
Tra l'attesa e la denuncia in sé avevano impiegato quasi un'ora lì dentro. Se avessero chiesto a Rebecca che cosa fosse successo lì dentro, non avrebbe saputo raccontarlo. Era come se il suo cervello stesse cercando di rimuovere qualsiasi cosa.
Sentiva però un enorme senso di liberazione ed era proprio per questo che si era messa a piangere mentre Niall continuava a ripeterle che era orgoglioso di lei. «Ssh, smetti di piangere, hey.» Niall ridacchiò con tenerezza, mentre lei si aggrappava a lui con le braccia intorno al suo collo.
«Rebecca?»
Niall si era girato di scatto non appena aveva sentito quella voce e la sua ragazza si era irrigidita tra le sue braccia.
Quando gli occhi blu incontrarono quelli scuri del ragazzo, fu come se delle saette uscissero da entrambi per far in modo che l'uno distruggesse l'altro. Niall non aveva il minimo bisogno di sapere chi fosse. Niall lo sapeva: quel ragazzo dai capelli e gli occhi neri era Marco.
«Che cosa le hai fatto?» questo gli ringhiò il ragazzo italiano.
«Parli con me?»
Rebecca cercò di allontanarsi da Niall, ma quest'ultimo non aveva la minima intenzione di lasciarla andare e la strinse a sé con il braccio.
Rebecca si asciugò il viso sulla felpa di Niall, che non commentò neanche il gesto. «Ciao, Marco.» salutò Rebecca a quel punto, nonostante ricordasse di avergli detto che doveva starle lontano. Ma tanto, quella volta c'era Niall con lei. Non sapeva se sarebbe stato meglio o peggio.
«Stai bene, Rebecca?»
«Sì.»
«Che fate davanti alla stazione di polizia?»
«Ho perso il portafoglio e ho fatto la denuncia.» era stato Niall a rispondere.
A Rebecca un pensiero passò per la testa: forse Marco poteva aiutarli visto che lui era stato presente la sera della festa e aveva perfino colpito Mario. Ma evidentemente Niall non era dello stesso parere. Lo avrebbe detto a sua madre per il processo, ma in quel momento era meglio dar corda al suo ragazzo. L'aria lì era fin troppo tesa.
«È fortunato chi lo troverà allora.» disse l'italiano.
Niall fece un sorrisino che Rebecca lesse come più che falso. «Sono Niall, che piacere conoscerti finalmente.» e gli porse la mano, che Marco guardò con occhi assottigliati per qualche secondo. Non la strinse. «So chi sei.»
«Ho una certa fama.» Niall suonava molto compiaciuto. Gli aveva perfino fatto l'occhiolino, prima di portare la mano che l'altro non aveva stretto sul sedere di Rebecca.
Era palese che lo stesse facendo apposta e Marco se ne era accorto. Aveva serrato la mascella, guardando proprio in quel punto.
Rebecca non riusciva a non fissare il viso di Niall. Non credeva di averlo mai visto così spavaldo. Stava facendo proprio lo stronzo.
«Stavi piangendo, Rebecca. Volevo solo sapere se stavi bene.»
«Sta alla grande. È con me.» Rebecca si sentì mancare il fiato per come la mano di Niall si era stretta sul suo sedere. Con quei leggins poi a lui veniva benissimo afferrare la pelle morbida. Il braccio di Niall invece l'aveva spinta ancora di più contro al suo corpo. Più vicini di così non potevano.
«Ho chiesto a lei. Non a te.»
«Ti aveva già risposto prima.»
Rebecca sospirò. «Sì, sto bene.»
«Sei sicura? O lo dici solo perché c'è lui davanti? Se ti sta infastidendo...»
«Hey, amico. Qui l'unico che sta infastidendo sei tu. Ti ha detto che sta bene. E se qualcosa la turba, c'è il suo fidanzato, il sottoscritto sia chiaro, che se ne occupa. Quindi puoi anche andare. Gentile per l'interessamento.»
Rebecca afferrò Niall per la felpa, cercando di fargli capire che doveva calmarsi. Di quel passo si sarebbero picchiati.
«È stato un piacere avervi incontrati.»
«Sì, ciao.»
Marco fece per allontanarsi e Rebecca gli diede la spalle. Sospirò. «Niall.»
Non aveva fatto in tempo a dire altro che il ragazzo le aveva afferrato il viso e l'aveva baciata. Sentì Rebecca gemere sulle sue labbra, ma Niall era più impegnato a tenere il contatto visivo con Marco, che continuava a fissarli. Doveva fargli capire che Rebecca era sua e basta. Che nel suo territorio non ci doveva mettere piede.
Marco aveva avuto la faccia tosta di alzargli perfino il medio, prima di girarsi e andarsene.
Beh, Niall aveva vinto.
Rebecca si era allontanata e aveva sbuffato. «Se n'è andato? Contento adesso? Sei un idiota.»
Oh beh, se ne era accorta anche lei di quello che aveva fatto.
«Adesso non ti si avvicinerà più per lo meno.»
Lei lo aveva fulminato con lo sguardo e poi si era passata le dita sulle tempie. «Andiamo a casa da mio padre. Sbrigati, dobbiamo prendere l'autobus.»
E a Niall non era rimasto che seguirla.
Cristo, non erano neanche a metà giornata e già Rebecca era stanca. L'aveva detto che sarebbe stata una giornata intensa.
E per di più non sapeva se essere arrabbiata con Niall per come si era comportato davanti a Marco. Avrebbe dovuto, ma non ce la faceva. Voleva solo accoccolarsi a lui e fu proprio quello che fece quando erano saliti sull'autobus mal ridotto. Niall l'aveva accolta subito tra le sue braccia. «Sei la mia piccola. Lo so quanto tutto stia risultando difficile per te, la denuncia, il pranzo con i tuoi... ma sono davvero orgoglioso di te. Sei la mia soddisfazione più grande.»
«Sono stronzate belle e buone...» aveva sussurrato Rebecca. «Non ti do per nulla soddisfazioni.»
«Rebs, ti ho mai presa in giro?»
Rebecca sospirò. «Sono stanca. Facciamo sempre gli stessi discorsi.»
«Se servono per farti capire...»
«Prima o poi ti stancherai di me.»
«È impossibile che lo faccia.»
«Perché?»
«Perché ti amo.»
Quella spiegazione non la convinceva molto. «Dobbiamo scendere alla prossima fermata.»
E Niall aveva annuito. «Sta tranquilla tu, dolcezza. Adesso puoi goderti il resto con me senza alcuna ansia. Il peggio è passato. A meno che tuo padre non mi minacci con un fucile.»
E Rebecca era scoppiata a ridere.
Se la madre era la strega cattiva, il padre di Rebecca era decisamente come Maurice - il padre di Belle nel La Bella e la Bestia. Era un uomo tranquillo, bonaccione e che apprezzava sia sua figlia che Niall. Era stato lui a cucinare della buona carne sul fuoco e li aveva messi a loro agio, chiedendo a Niall della sua vita, ma parlando anche di sport. Moltissimo. I due uomini avevano passato quasi tutta la sera a parlare di calcio, di rugby, di golf e perfino ciclismo. Rebecca non aveva la minima idea che Niall sapesse tanto sul suo sport. Anche se in realtà lui aveva iniziato a seguirlo da quando aveva conosciuto lei.
Niall aveva capito che il padre di Rebecca era interessato a tutto ciò che riguardava sua figlia, che davvero voleva il suo bene a prescindere da tutto e che l'unico problema era il lavoro intenso e sfiancante che non gli lasciava il tempo da dedicare alla sua unica figlia.
Era molto diverso da quella che un tempo era stata sua moglie, ma a Niall dispiaceva comunque che Rebecca non li avesse accanto come avrebbe voluto. Pensava a Maura che era la sua fan numero uno e che lo chiamava tutti i giorni. Pensava a Bobby, che ogni sera prima di andare a dormire gli mandava il solito messaggio con tutti i risultati del calcio e quello era il miglior gesto d'affetto che Niall potesse immaginare. Insomma, gli dispiaceva che Rebecca non avesse lo stesso rapporto che aveva lui con i suoi.
«Se vi lascio due attimi, mi prometti che non gli fai nessun discorso da padre?»
L'uomo più grande annuì, ma non appena lei aveva messo piede fuori dalla stanza, si era appoggiato con le mani sul tavolo e aveva guardato Niall. «Siamo soli e io ho bisogno di fare quel discorso.»
Niall si morse il labbro, mettendosi in ascolto.
«Rebecca è felice con te. Piaci perfino a me. Ma se la fai soffrire, ti faccio a pezzi e ti do in pasto ai miei cani da caccia. Non vorrei neanche farvi dormire insieme sta notte, perché per me resterà sempre la mia piccola e pensare che ha un ragazzo nel letto mi fa uscire dai gangheri. Ma so che non ti farà dormire sul divano, quindi se sta notte fai cose losche sotto al mio tetto, se dovessi sentirvi, dì addio al tuo uccello. Per il resto, quando vuoi sei il benvenuto in casa mia.» era stato rapido e conciso.
Niall aveva deglutito. «Tutto chiaro. Grazie, signore.»
La prima domanda che Niall aveva fatto a Rebecca quando si erano chiusi in camera era stata: «Quanto è pesante il sonno di tuo padre?» okay, era veramente preoccupato. Niall aveva bisogno di quella notte.
«Tanto.»
«Grazie a dio.»
Niall si portò un braccio sotto alla testa e una mano sullo stomaco, mentre Rebecca si spogliava per indossare il pigiama. La stava fissando attentamente.
Rebecca fece una smorfia improvvisamente. «Oddio che puzza.»
«Colpa mia.»
Rebecca sollevò gli occhi su di lui e li spalancò appena.
«Mi è scappata.»
Rebecca cercava di non ridere. «Cazzo, sei vomitevole.»
«Sono state le tue lenticchie.»
Rebecca si mise a ridere senza poterne fare a meno. «Ne hai fatta un'altra, vero?» e si portò una mano al naso.
Niall la guardò colpevole.
«Ma poi sono silenziose!»
«Questa no.» e tre.
«Niall, basta! Che schifo!»
Okay, adesso stavano ridendo entrambi e Rebecca si affrettò ad aprire la finestra. «Ma che fai? Chiudila, si gela! Sto in boxer.»
«Non voglio morire di puzza!»
«Va bene, la smetto, lo giuro. Ma chiudila e vieni qua.»
E Rebecca corse da lui e gli saltò addosso. «Ahia!»
La ragazza ridacchiò. «Ti scaldo io.»
«Come?»
Rebecca, ormai completamente rilassata - finalmente - agitò le sopracciglia maliziosamente.
«Il mio uccello potrebbe risentirne. Se tua padre me lo taglia, io non ti servirò più a nulla.»
«Primo, mio padre ha la camera dall'altra parte del corridoio e non ci sente comunque. Secondo, ti amo con o senza James.»
«Sì, vorrei vedere.»
«Ti amavo anche quando non eri mio.» e avvicinò le labbra a quelle del ragazzo.
«Hai chiuso a chiave la porta?»
Gli morse il labbro inferiore, tirandolo con i denti. «Ovviamente.» e poi si tuffò sulla sua bocca sottile. La lingua di Niall che si intrecciava con la sua le fece venire le farfalle nello stomaco. Il sapore del ragazzo era sicuramente il migliore che avesse mai assaggiato.
Niall fu veloce a spogliarla con maestria. Aveva ribaltato le posizioni e si era sbarazzato dei suoi boxer.
Le afferrò il lobo dell'orecchio con le labbra e la sentì sospirare di piacere sotto di lui. Poi le lasciò una scia di baci dalla mascella e giù lungo il collo, per fermarsi sulla sua clavicola. «Voglio che fai una cosa per me adesso.» iniziò a giocare con i piccoli seni della ragazza e la mano di lei aveva afferrato il suo bicipite contratto. Mio dio, sarebbe potuta morire per quelle braccia, tra quelle braccia. La mano della ragazza si spostò sulle spalle larghe e poi tra i capelli, mentre Niall continuava a stuzzicarla.
«Cosa?» il suo respiro era strozzato.
«Ti metti a quattro zampe.»
Rebecca non riuscì a comprendere cosa le avesse suscitato quella richiesta. Aveva semplicemente annuito.
I loro preliminari erano stati dannatamente rapidi e Rebecca si era ritrovata a guardare il cuscino del letto. Tremava leggermente quando lui si era messo in ginocchio dietro di lei e l'aveva afferrata per i fianchi.
Era strano non riuscire a vedere ciò che stava facendo, non poterlo guardare negli occhi. Rabbrividì quando Niall le baciò la colonna vertebrale. La mano di lui strinse il suo sedere. Dio, quella posizione lo faceva sentire potente. Era un'ulteriore conferma del fatto che Rebecca fosse sua e che accettasse qualsiasi cosa lui le chiedesse.
«Dobbiamo essere silenziosi, baby.»
E Rebecca si morse con forza il labbro mentre Niall entrava in lei lentamente fino alla fine.
Era come se ogni volta che avesse Niall dentro di lei, uniti in tutti i modi possibili, la sua mente si perdesse completamente.
Niall aveva iniziato praticamente subito ad entrare e uscire e le sue mani erano affondate nei fianchi di lei con tale forza che probabilmente il giorno dopo avrebbe avuto i lividi. Ma a nessuno dei due importava.
Niall sperava che Rebecca avesse ragione su suo padre, perché diavolo, ogni volta che il suo osso iliaco si scontrava con il sedere di Rebecca, lei accompagnava il rumore con dei gemiti. Cazzo, era il miglior suono che Niall avesse mai sentito.
Niall si piegò in avanti e premette il suo petto contro la schiena sudata di Rebecca. Le leccò una goccia di sudore alla base del collo e lei rabbrividì, stringendo con forza il lenzuolo sotto le sue mani. Una mano di Niall andò ai seni di Rebecca e ne strinse uno con forza, giocando poi con il capezzolo turgido.
«Niall.» la testa della ragazza si era piegata di lato perché voleva guardarlo, non ce la faceva più.
«Sssh.» e Niall le aveva riempito la bocca con la lingua, baciandola con passione. Il ragazzo poteva sentire tutta la voglia di Rebecca solo da quel bacio quasi disperato.
Niall spinse in modo deciso dentro di lei e si sentì mordere il labbro, così forte da tastare il sapore del suo sangue. Dio, entrambi avevano bisogno di venire.
Niall si tirò di nuovo su e aumentò il ritmo. Quando Rebecca era venuta, stranamente in silenzio, le sue braccia erano cedute sul materasso e Niall aveva dovuta tenerla più saldamente per poter continuare con le sue ultime spinte, che gli avevano fatto liberare l'orgasmo dentro la ragazza.
Niall era uscito da lei e Rebecca adesso era distesa sulla pancia, con gli occhi chiusi.
Il ragazzo si distese accanto a lei, cercando di entrare nel letto abbastanza piccolo per entrambi. Il suo petto era premuto contro la spalla di Rebecca e le sue labbra si poggiarono sul suo viso.
«Ti amo.»
E la ragazza aveva aperto gli occhi. «Anche io ti amo.» gli sussurrò, lasciandosi beatamente coccolare.
Era stata una notte intensa quella, perfetta per avere un ricordo vivido quando si erano dovuti separare di nuovo. Chissà quando si sarebbero visti la prossima volta. Quel pensiero faceva deprimere entrambi.
Quando era tornato a Londra il giorno dopo era ormai buio. Niall aveva lasciato suo cugino Deo a casa, dopo che per l'intero viaggio si era fatto raccontare la notte di sesso selvaggio che anche i due ragazzi avevano affrontato. Era strano vedere Deo che aveva perso la testa in quel modo.
Casa dolce casa. Era triste, quel pensiero lo amareggiava un po', perché non era del tutto veritiero. Se non c'era Rebecca non era propriamente casa. Diavolo, era andato così oltre il loro rapporto. Già in quel momento gli mancava e stava pensando a come la notte prima nel loro secondo round Rebecca lo stesse possedendo senza staccare gli occhi dai suoi, con le mani affondate nei suoi pettorali e i fianchi che si muovevano a suo piacimento.
«Niall.»
La sua fantasia venne interrotta da quella voce. Le chiavi del portone gli erano scivolate dalle mani perché si era spaventato. Non aveva visto nessuna macchina parcheggiata davanti casa sua.
Niall recuperò le chiavi e si voltò. Si irrigidì quando si trovò davanti la ragazza dai capelli rossi. «Loris?» sussurrò tremante. Non riusciva a guardarla in faccia. Guardava un po' più in basso, dove lei teneva la mano.
«Sei incinta.» lo aveva detto davvero piano e si stupì che lei lo avesse sentito e avesse annuito.
Le orecchie di Niall iniziarono a fischiare perché il suo cervello aveva iniziato a lavorare fin troppo velocemente.
«Che ci fai qua, Loris?» chiese tremante.
Nah, era matematicamente impossibile. Allora perché il cantante stava trattenendo il respiro? Beh, di sicuro sperava di non sentirle dire parole scontate. Parole sbagliate.
«È tuo, Niall.»
Beh cazzo, missione fallita.

Ride Together ●niallhoran●Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora