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«Che diavolo significa che non vuoi?»
Loris non riusciva a guardarlo negli occhi mentre parlava: «Non voglio fare tutti quegli esami. Mi hanno detto che possono fare male al bambino. E poi costano.»
Niall chiuse le mani a pugno. «Ma con questi esami capirai se il bambino ha delle malformazioni genetiche. Loris, cazzo, devi farli. Non succederà niente né a te né a lui e pagherò io.»
«Vuoi che sia un maschio per caso? Ti riferisci sempre al maschile.»
«Ma cosa mi importa! Io voglio sapere se è mio! Quindi farai quel maledetto esame, capito?» era un bene che in quella stanza non fossero soli e che suo cugino lo avesse afferrato per le braccia e lo avesse tirato indietro. Diavolo, Niall si era fomentato un po' troppo.
«V-volevi colpirmi?» la ragazza dai capelli rossi aveva gli occhi spalancati.
«No.» o forse sì, ma non lo avrebbe mai ammesso.
«Cazzo, Niall.» aveva borbottato Deo, tirandolo ancora indietro. «Esci da questa stanza e va ad allenarti. Subito.»
Niall serrò la mascella, ma non aggiunse altro. Annuì e si diresse nella palestra che aveva in casa. Era un bene che ci fosse anche quell'attrezzatura dentro la sua abitazione. Ed era eccellente che ci avesse fatto impiantare un sacco da boxe. Perché la prima cosa che Niall aveva fatto, era stata afferrare giusto i guantoni e indossarli insieme ai sottoguanti. Tremava. Niall tremava di rabbia. E diavolo, in quei giorni era sempre così incazzato che non riusciva a proprio a regolarsi. 
Mancavano soltanto tre giorni e ne avrebbe avuti venti di pausa dal suo tour. A brevissimo sarebbe stato perfino Pasqua. E l'unico pensiero fisso di Niall era che lui e Rebecca avrebbero potuto passare quel tempo insieme. Ma ormai era inutile, no? Lui e Rebecca non stavano più insieme. Niall in quei giorni si era perfino rifiutato di scrivere o rispondere a Danilo ed era stato Deo a comunicargli che il biondo italiano ci era rimasto male a dover chiedere a lui e non al diretto interessato semplicemente come stesse.
Beh, ma come stava Niall? Ecco, di merda. Sentiva un vuoto dentro e piangeva tutte le notti. Anche quando non era lui ad addormentarsi piangendo, si svegliava con le guance bagnate a causa delle lacrime scaturite dagli incubi. Neanche fosse morto qualcuno a lui caro... ma era come se una parte di sé avesse iniziato a morire. E probabilmente era il suo cuore.
Era come se gli avessero levato l'anima. Probabilmente l'aveva lasciata a Rebecca insieme alla scatola che conteneva l'anello. Da grande idiota non lo aveva neanche ripreso ed era rimasto sul pavimento della camera della ragazza. Magari lo avrebbe rivenduto e ci avrebbe potuto fare un bel gruzzoletto.
Dio... non sapeva neanche come stesse lei, che cosa facesse ora. E va bene, erano passati solo pochi giorni da quando era fuggito a Palermo solo per chiudere una relazione che avrebbe voluto per il resto della vita, ma era come se fosse passata un'eternità per lui. Era come se senza Rebecca le giornate fossero diventate più lunghe, più noiose, più insensate. Ma non voler chiedere neanche a Danilo, non sapere nulla di lei, se da un lato lo distruggeva ancora di più, dall'altro lo faceva stare meglio, perché sapeva che col tempo il dolore si sarebbe andato placando. O forse no. Amava fin troppo quella ragazza per rinunciarci davvero. Ed era per questo che aveva dentro di sé sempre quella speranza. Speranza che i risultati degli esami che Loris non voleva fare lo avrebbero portato a riavere l'amore della sua vita.
Ma se Rebecca non lo avesse voluto neanche allora? E poi perché doveva perdere la propria dignità in quel modo? Ah, al diavolo la dignità. Era la sua Rebecca. Come poteva rinunciarci? Impossibile. Nel profondo, sapeva che anche per Rebecca era lo stesso. Solo che lei non voleva ammetterlo. Diavolo, da quando quella ragazza era diventata così testarda? Si era fissata con quel qualcosa... probabilmente che era diventata troppo dipendente da lui oppure che prima o poi lui l'avrebbe ferita davvero e non sarebbe più riuscita a rialzarsi. Lei doveva proteggere se stessa (anche in anticipo) e riteneva ingenuamente che quello fosse il modo più giusto. Niall si stupiva quasi di se stesso, per quanto fosse sicuro che quelli erano i pensieri che continuavano a vorticare nella testa della ragazza italiana. Aveva imparato a conoscerla fin troppo. E poi... quella frase: che lei non facesse per lui. Cazzo, Niall si era dannatamente pentito di averla detta. Se da un lato aveva voluto sperare in una reazione di Rebecca a quella frase, dall'altro pensava che aveva distrutto tutto da solo soltanto con quelle maledette parole.
I pugni che stava tirando contro al sacco lo stavano facendo sfogare, ma ad ogni colpo un nuovo pensiero sorgeva, insieme a quel fastidioso nodo allo stomaco.
Non si era neanche accorto che suo cugino fosse entrato nella stanza, fino a quando non gli aveva afferrato il sacco. Niall aveva continuato a colpire, anzi lo aveva iniziato a fare con maggiore forza.
«Stavi per colpire una donna incinta.»
«Non stavo per colpire nessuno. Siete voi ad essere prevenuti.» parlare tra i colpi era faticoso, visto che doveva controllare anche la respirazione.
«Sei tu ad essere talmente arrabbiato, Niall...»
Niall si fermò per un attimo. Sentiva una gocciolina di sudore scendergli lungo il collo e dentro la maglietta, ma poco importava, era troppo impegnato a fulminare suo cugino. «Loris non vuole fare quegli esami. Dimmi perché.»
«Non vuole fare ulteriore male al bambino. Ha paura di sapere prima se vostro figlio è malformato o meno e preferisce saperlo alla nascita.»
Niall diede un colpo improvviso al sacco e Deo gemette. Aveva perfino rischiato di perdere l'equilibrio. «Non dire nostro. Quello è ciò che dice lei. Dimmi perché non vuole fare gli esami secondo me e anche secondo te.»
Deo sospirò. «Perché da quegli esami si può vedere la paternità.»
Un altro pugno sul sacco e Deo sbuffò, allontanandosi direttamente. «Bingo. E visto che quel bambino non è mio... i miei sospetti sono ancora più fondati.»
«Mi fai paura, hai la faccia da psicopatico.»
E Niall si era messo a ridere. Dio, odiava ridere, perché automaticamente ogni volta che lo faceva, poi iniziava a piangere. E infatti la risata si era trasformata in un singhiozzo. Ma da dove arrivavano tutte quelle lacrime? Si sentiva un bambino.
«Niall...»
«Lasciami in pace.» il cantante si era sbarazzato dei guantoni e poi si era messo a sedere per terra, i gomiti sulle ginocchia piegate e le dita sulle tempie. «Non posso aspettare altri quattro mesi per sapere se quel bambino è mio, okay? Potrei perderla definitivamente durante tutto questo tempo.»
«Chi? Rebecca? Niall, ti ricordo che l'hai già persa.»
«Sta zitto. Io... io devo parlare con Loris.»
«Allora sei fortunato, perché gli ho detto che era meglio che andasse, ma evidentemente apprezza molto casa tua, perché credo che sia ancora sul divano.»
Niall si alzò in piedi, afferrò l'asciugamano poggiato sopra alla panca e se lo passò sul viso e il collo sudato, prima di raggiungere il salotto, dove la modella stava seduta a guardare la televisione.
Niall la spense con il telecomando e lei non si lamentò neanche. Lo guardava con gli occhi lucidi. Evidentemente anche lei non era molto interessata al programma televisivo e stava rimuginando su tutti i suoi problemi.
Niall si accosciò davanti a lei, dopo aver sospirato. «Volevo scusarmi per prima, Loris.»
«Non fa niente.» borbottò lei senza neanche guardarlo.
«Possiamo parlare io e te qualche minuto?»
«Niall, puzzi.»
Oh beh, non gli era mancato per niente il modo di essere e di fare di quella donna. Se fosse stata Rebecca, gli sarebbe già saltata addosso solo perché era un minimo sudato. C'era un po' di differenza...      
Il cantante sospirò. «Faccio in fretta, poi vado a farmi una doccia. Ma ti prego, ascoltami.»
Loris si morse il labbro carnoso, poi annuì.
«Lo, io credo di star impazzendo.» aveva iniziato in modo diretto, ma con voce tremante.
«E non pensi che lo stia facendo anche io? Sono incinta di un bambino che non voglio, Niall.»
«Dimmi se mi ami.»
Loris aggrottò le sopracciglia. «Sei un ragazzo fantastico.»
«Ma io non ti amo.»
«Non ti ho chiesto di amarmi. Né di sposarmi. Puoi fare il padre anche senza dover vivere insieme o scopare.»
«Voglio sapere se è mio, Loris.»
«Lo è.»
«Voglio esserne certo attraverso il test.»
Gli occhi della donna si erano riempiti di lacrime, il labbro aveva iniziato a tremarle e poi aveva iniziato a piangere. «Non puoi semplicemente fidarti di me?»
Niall sospirò. «So che hai paura, Lo. Ma voglio parlare con te in modo intelligente. Voglio trovare un compromesso.»
«Di che parli?»
«Loris, io non ce la faccio più, va bene? La tua comparsa... mi ha fatto perdere quella che ormai era la mia unica ragione di vita... credo. E la rivoglio. Non riesco ad andare avanti senza. Io... io non sto scherzando. Io posso aiutarti, davvero. Ma tu devi aiutare me.»
«Cosa vuoi che faccia, Niall?» aveva detto in modo disperato, piangendo di più.
«Se hai provato veramente qualcosa per me... fallo per quel vecchio sentimento. Voglio solo la verità.»
«Io... non posso.» era inutile parlare con lei.
Niall sentì di nuovo la rabbia montargli dentro e si tirò in piedi in fretta. Doveva calmarsi, diavolo. Respirava pesantemente quando era entrato in cucina, stranamente seguito dalla modella. Il cantante afferrò un bicchiere di vetro e aprì il frigo. Diavolo, perfino il succo alla pera intatto nello scaffale gli ricordava Rebecca. La ragazza italiana ne beveva a quintali.
«Senti Niall, a me dispiace, ma se quella ragazza ti ha mollato, non penso che sia colpa mia. Evidentemente non ti meritava, non credi?»
Forse non credeva... la ragazza era sobbalzata quando aveva sentito quel bicchiere andare in frantumi tra le mani di Niall.
«Io non ce la faccio più...» aveva sussurrato.
Loris si spaventò davvero quando vide il sangue colare dalla mano chiusa a pugno del ragazzo sul suo braccio.
«Niall, che stai facendo? Ti fai male.»
Il dolore fisico gli annebbiava la mente però ed era decisamente meglio di quello mentale.
«Niall, basta.» era stato Deo a costringerlo ad aprire la mano. «Cazzo. Credo che ci vogliano i punti. Niall! Ti ricordi che usi le mani per suonare la chitarra tu, vero? Cazzo.»
«Non è niente. E non mi interessa. Stavo pensando di smettere.»
Deo si fermò dal tamponare la mano di Niall e lo guardò con occhi spalancati. «Cosa?»
«Sì, voglio smettere di suonare, di cantare, di andare in tour. Tutto.»
«Certo, e poi ti suicidi!»
E Niall aveva scrollato le spalle. «Sarebbe tutto più semplice.»
E Deo non sapeva se preoccuparsi realmente per quei pensieri di Niall. Se ne parlava così tranquillamente significava che non avrebbe mai avuto il coraggio di fare una cosa tanto azzardata, vero? Di sicuro sarebbe rimasto intorno a Niall più di quanto non facesse già. Si era quasi trasferito da lui per tenerlo d'occhio.
«È esagerato il tuo comportamento. È solo una ragazza.»
«E il tuo è solo un bambino!» Niall aveva urlato.
«Niall.» il tono di Deo era colmo di rimprovero.
«Cazzo, mi fa male.»
«Hai un bel taglio. Ci vogliono i punti. E spero che non ci siano rimasti residui di vetro all'interno.»
«Un bambino che potrebbe essere tuo.»
Niall si girò di scatto verso la ragazza. «Hai detto potrebbe. Hai detto potrebbe?» il respiro velocizzò.
La ragazza sospirò e si sforzò di non piangere. «Non voglio che diventi violento! E non volevo che entrassi in depressione, ma evidentemente lo stai facendo!» e poi inevitabilmente era tornata a piangere. Era come se si fosse resa conto che in quel modo non potevano continuare. Di certo, non avrebbe agevolato minimamente nessuno di loro due.
«Loris, per favore...»
Niall seguì la ragazza fuori dalla stanza, mentre Deo si lamentava. Aveva messo una pezza intorno alla mano del cugino e si era già inzuppata di sangue.
«Ti aiuterò, te lo prometto. Ma ho bisogno di sapere la verità. Se non dovesse essere mio, non mi importa. Ti aiuterò a mantenerlo, ti starò accanto se avrai bisogno di me. Posso essere il suo padrino e tu non dovrai preoccuparti di niente. Ma vienimi incontro... per favore. Ti sto supplicando.» forse quelle parole avevano aperto finalmente una speranza nella modella, perché sembrava che stesse per cedere. Forse aveva bisogno soltanto di quello. Di un po' di conforto e aiuto. A Niall non importava se per colpa di quella notizia avesse passato l'inferno. Perché se avesse avuto finalmente le sue risposte, era sicuro che avrebbe potuto risolvere molte cose, se non tutto.
«Io... io non lo so, davvero.»
«Non sai cosa, Lo?»
«Non so se è tuo!»
E dopo quella frase Niall si era sentito un po' meglio.
«Ho troppa paura, Niall.»
«Lo so, tesoro. Lo so.» il cantante si era seduto accanto alla donna sul divano e l'aveva attirata a sé in un abbraccio.
«Va bene. Io... è giusto che ti racconti, ma ti prego, non giudicarmi. Non arrabbiarti con me.»
«Non lo farò. Raccontami tutto.»
«Mi sono vista un paio di volte con un altro ragazzo dopo di te. Era un nuotatore e quando ha saputo che ero incinta all'inizio è rimasto... ma se n'è andato due notti prima che venissi da te e ora non so più dove sia, non sono riuscita a rintracciarlo in nessun modo. Ma abbiamo scopato meno volte che con te. Potrebbe essere suo, ma a tempistiche potrebbe essere anche tuo.»
«L'avete mai fatto senza?»
«Forse... credo di sì, non lo so.»
«Con me non lo hai mai fatto senza, Loris.»
«Io... io non sapevo che fare. L'ho detto ai miei genitori ed erano delusi. Avevo promesso loro che a causa delle malattie genetiche che abbiamo in famiglia avrei adottato e invece sono rimasta incinta.»
«Perché non hai abortito?»
«Loro non me lo hanno permesso. Mi hanno detto che non mi avrebbero più considerata loro figlia se lo avessi fatto. Non potevo perdere anche loro. Sarei rimasta sola, Niall.»
«E sei venuta da me, dicendomi che è mio perché sarebbe stato più semplice.»
Loris sospirò. «Ho perso il lavoro, Niall.»
"E sei troppo stupida per trovarne un altro". Niall non disse quelle parole ad alta voce anche se in realtà le aveva pensate. Niall non ce l'aveva con lei, dopotutto.
«Io... potrò a malapena mantenere mio figlio. E non posso neanche darlo via per i miei, che comunque non possono darmi una mano. Che cosa dovevo fare? Mi sei venuto in mente solo tu. E poi... magari è tuo.»
Niall sospirò. Sentiva che Loris sperava davvero che fosse suo. Dio, Niall era stanco di dover risolvere i problemi di tutti, ma evidentemente era fin troppo bravo. «Te lo manterrò io. Penserò a tutte le sue spese. Devi solo fare quell'esame e dirmi se sono il padre. Farò tutto per lui a prescindere dai risultati.» se il problema era davvero quello... cazzo, era così semplice.
«Mi dispiace, Niall. Scusami, non volevo rovinarti la vita. Perdonami.»
Il cantante annuì. «Va bene. Non fa niente.»
E la rabbia che Niall aveva sentito in quei giorni era quasi sparita, rimpiazzata adesso dalla paura.
Loris aveva fatto la villocentesi e Niall aveva in mano i risultati, che gli avrebbero detto se quel bambino fosse suo o meno. Gli tremavano le mani mentre apriva la busta gialla. Era seduto per terra in camera sua e teneva in mano una foto di Rebecca.
«Sapremo la verità insieme, piccola. Se ho ragione... verrò a riprenderti, chiaro?» non si sentiva neanche stupido a parlare con una foto della ragazza che amava.
Niall tirò un respiro profondo e iniziò a leggere. I suoi occhi blu scorrevano veloci sui fogli, fino ad arrivare al punto che gli interessava. Stava trattenendo perfino il respiro.
«Cazzo.»

Ride Together ●niallhoran●Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora