45 Parte

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Sindy's Pov

Ci troviamo tutti a tavola nella casa dei miei.Crystal si trova molto a suo agio con i miei e anche con le mie sorelle Claudia e Noemi, mentre Angelo sembra un pesce fuor d'acqua. Le tre parlano animatamente di tutto ciò che piace a loro, mia madre sta in cucina finendo di preparare il pranzo, mio padre guarda la tv e Clark sta cercando di far tranquillizzare il nostro vicino, anche se penso che non sia solo una questione di imbarazzo.
Mia madre porta il pranzo a tavola e si siede accanto a papà 《potevi dirmi che avresti invitato i tuoi vicini. Avrei potuto cucinare qualcosa di più, e non solo due uova con il sugo.》Dice mia madre un po mortificata, ma a me è inevitabile alzare gli occhi e sbuffare.

《Signora non si preoccupi, noi di solito mangiamo solo panini e pizze quindi quello che avete cucinato va più che bene.》 Si affretta a tranquillizzarla Crystal, che con il suo modo di fare scioglierebbe anche un iceberg.

《Mia cara chiamami  Serena.》
Il pranzo va avanti tra racconti di quando eravamo piccoli, risate e allegria. Ma in tutto questo Angelo e poco partecipe, sorridendo ogni tanto. Ha il viso stanco e gli occhi lucidi, non vorrei che gli sia salita di nuovo la febbre. Non ha parlato molto e quando lo faceva dedicava la sua attenzione solo a Clark, il quale a volte tentava di dirmi qualcosa ma Angelo in tutti i modi deviava la sua attenzione da me. Gli rifilavo delle occhiate ogni tanto per accettarmi che non crollasse sulla tavola, mi sarei sentita ancora più in colpa se si fosse sentito male. A quanto pare io e Clark eravamo gli unici ad aver capito il suo stato di salute, perché gli altri non badavano molto al suo comportamento. Continuavo a parlare con la mia famiglia, tenendo d'occhio sempre Angelo cercando di non scattare in preda alla frustazione. Sono frustata perché questo coglione nonostante stessa male, ha accettato il mio invito. Ma io sono nota anche per la mia poca pasienza, e quando notai che le sue guance si erano arrossate più del dovuto mi alzai di scatto. Nessuno fiatava conoscendo i miei modi, quindi mi avvicino ad Angelo prendendolo per un braccio il quale si alza a sua volta. Lo trascino con me nella Camera degli ospiti, prendendo il bauletto dei medicinali. Senza parlare gli indico il letto,  e lui "miracolosamente" non fa battuta e tanto meno ribatte.
"Sta proprio male."
Appoggio una mano sulla sua fronte, e che mi venga un colpo...sembra che stia in ebollizione. Entro nel bagno della camera e riempo una bacinella con acqua fredda, prendendo alcune pezze e immergendole in essa. Ritorno in camera e vedo Angelo con gli occhi chiusi, scuoto la testa con disperazione.

《Sei un imprudente, incosciente testa di cazzo. Ma che ti è saltato in mente? Vuoi prenderti una polmonite?》trizzo le pezze, depositandole sulla sua fronte. Sussulta al contatto con la stoffa gelata sul suo viso in fiamme, ma si rilassa poco dopo.

《Volevo...solo passare...un pomeriggio...diverso...》Sussurra.
Non riesce nemmeno a parlare, la sua voce calda e appena udibile. Prendo lo scatolo di tachipirina e gliene porgo una, dandogli il bicchiere con l'acqua. Lo aiuto a mettersi seduto per poter prendere il medicinale, per poi farlo distendere di nuovo. Gli tolgo la scarpe e i calzini, e sempre da steso cerco di sfilargli anche la felpa e notando che fortunatamente sotto ci aveva messo una maglia a maniche corte.

《Mettiti sotto le coperte e riposati un po.》 Gli dico, e mi meraviglio del tono che sto usando, non sembro io.
Accarezzo i suoi capelli e lui apre leggermente gli occhi, che in quel momento si scontrano con i miei.

《Ho rovinato la giornata...mi dispiace》si scusa, sorrido per il suo comportamento. Angelo per quanto cerchi di apparire un uomo tutto di un pezzo, e identico a sua sorella.
Ha un cuore buono e pieno di seneritá, anche dopo quello che è successo al padre e con l'abbandono della madre, loro sono sempre pieni di bontà. Esco dalla camera lasciandolo solo in modo che possa riposare, senza me tra i piedi. Entro nel bagno che si trova nel corridoio chiudendomi dentro, mi appoggio alla porta di essa scendendo lentamente. Improvvisamente mi sento disorientata, confusa e stanca. Mi alzo mettendomi davanti allo specchio, ci guardo la ragazza che è difronte a me. Quella ragazza non sembra la stessa di tre mesi fá, non sembro più io. La pelle un po più scura grazie alle giornate limpide e soleggiate di questa città, gli abiti da ragazzina dimenticati nell'armadio e ora che sfoggiano la loro bellezza di di me. I capelli scuri lasciati sciolti e non più costantemente stretti in una coda di cavallo, e in fine i miei occhi. Quei occhi che ogni volta guardavo allo specchio mettevano paura anche a me. Sempre spenti, senza un barlume di luce a renderli vivi, dove tormento, sensi di colpa, rabbia e paura galleggiavano in essi. E ora...ora sono più accesi, vivi...reali. Non sono più così neri da rendermi impossibile guardarli, hanno quel piccolo luccichio a renderli più chiari. Sorrido come una stupida al mio riflesso, sentendomi felice per ciò che sto diventando, anzi no diventando, sono felice di star ritrovando la piccola me. Quella piccola me che era morta sei anni fa, sporcata da qualcosa che non ha fatto, costringendola a prendere il suo orsacchiotto e andare via. Ed ora eccola lì,  seduta tra le mie iridi sorridendo.

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