LVIII - Patto con Dio.

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"2 Maggio 1998."

"Finalmente, la verità. Disteso con la faccia nel tappeto polveroso dove un tempo aveva creduto di apprendere i segreti della vittoria. Harry capì infine che non doveva sopravvivere. Il suo compito era dirigersi tranquillamente nelle braccia della Morte."

Harry Potter and the Deatly Hallows, Chapter 34.


La Morte scalpitava.

Harry Potter era finalmente consapevole del suo futuro. Morte. Era quello che lo aspettava, quello da cui era riuscito a sfuggire dalla nascita e per tutta la sua vita fino a quell'istante. Non era pronto per gli addii, non lo poteva fare, nonostante si fosse allenato parecchio nel tempo. Mise il mantello dell'invisibilità e con passi leggeri e lenti iniziò a camminare verso il suo destino.

Non gli importava il tradimento di Silente, il dolore dei ricordi di Piton e anche quello che il primo aveva chiesto alla sua amica. Era un piano più grande, ora lo sapeva, o lo aveva sempre saputo; lui era solo una pedina. Non il prescelto, era stato tutto uno scherzo del destino, eppure questo rendeva tutto più semplice, la sua morte non era diversa da quella dei soldati, lui non era diverso. Non era un eroe, non avrebbe trionfato sul male per poi gioirne, forse sarebbe stato solo l'ennesimo martire.

Il castello era deserto, si sentiva già come uno spettro, sentiva freddo; forse per il mantello che, sulle sue spalle, faceva un leggero spostamento d'aria. L'orologio d'oro, suo presente ammaccato, segnava che già metà del tempo concesso da Voldemort era passato. Scese le scalinate fino alla Sala d'Ingresso, una piccola parte di lui sperava venisse notato, che qualcuno lo avrebbe fermato, e per poco non urtò Neville. Baston portava con se il corpo inanimato del piccolo Colin Canon. La sua Ginny rassicurava un bambina in lacrime. Non poté fermarsi se lo avesse fatto non se ne sarebbe mai andato, non ne avrebbe avuto il coraggio guardando la rossa negli occhi.

Per quanto riguardava Ron ed Hermione era tutto ancor più complicato, non ci aveva proprio pensato a cercarli, sapeva che non lo avrebbero lasciato andare. Sarebbero morti al suo fianco se lui avesse parlato e non poteva permetterlo erano caduti in troppi per lui, per la sua vita, solo per arrivare a quel momento.

Hermione Granger camminava nei corridoi che aveva percorso chissà quante volte negli ultimi sei anni, i corridoi della sua scuola tanto amata; distrutti e di cui ormai rimanevano solo macerie e polvere. Era terrorizzata, sentiva un vuoto nel petto, una voragine immensa.

L'aveva ucciso, Tom aveva ucciso Piton, no; Voldemort aveva ucciso Piton.

Credeva che in quei giorni qualcosa si fosse risvegliato, avevano parlato. Lui aveva fatto domande importanti, e lei aveva cercato di dimostragli quello di cui non aveva avuto il tempo in precedenza. Erano passati troppi anni per quell'uomo, aveva vissuto nell'oscurità per troppo tempo. Il pentimento sembrava non essere parte del suo carattere e se anche si fosse pentito per cosa? Finire ad Azkaban? Essere esiliato o divenire un fuggitivo? Vedevano quello nel loro futuro? No.

Non c'era un futuro lì per loro.

Ed Harry, il suo Harry.. lo conosceva come il palmo della sua mano; sapeva che nel suo animo c'era sacrificio, quel tipo di sacrificio suicida. Doveva trovarlo prima che intraprendesse quella strada, c'era un motivo se lei era considerata la strega più brillante della sua età, ci aveva messo un po' di tempo per familiarizzare con il concetto di Horcrux, ma bastò come sempre un po' di applicazione per comprendere il tutto. Con il fiatone corse, lo cercò per tutto il castello. Come un lampo, l'immagine di lui che si in camminava verso la foresta la colse in un impeto di sicurezza, lui stava andando ad affrontarlo, da solo.

Deal With God. {Tom Riddle+Hermione Granger} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora