" 3 Settembre 1997;
Ministry of Magic, London.""Che cosa devo fare miseriaccia." Borbottò in panico Ron. "Se non vado mia moglie, voglio dire sua moglie.- Disse guardando il suo nuovo aspetto riflesso nell'ascensore.
"Cioè la moglie di Cattermole."
"Non abbiamo tempo." Sussurrò Harry.
"Hai ragione. Voi due cercate la Umbridge, io vado nell'ufficio di Yaxley. Come faccio a far smettere di piovere?"
"Prova con Finitus Incantem." Suggerì Hermione."Secondo Livello." annunciò la voce mentre le griglie dorate si aprivano.
Hermione spinse leggermente Ron sul pianerottolo, rimanendo sola con Harry.
Non si parlavano dalla sera prima, si erano evitati tutta la mattina e si erano rivolti solo parole necessarie alla missione.
"Forse, ecco, io credo che dovrei andare, andare con lui. Potrebbe aver bisogno di aiuto." Borbottò alzando lo sguardo verso di lui."Primo Livello."
Harry ed Hermione gelarono sul posto, trattenendo il fiato.
"Mafalda, che tempismo." Gracchiò la Umbridge. "Andiamo subito giù, Albert? Tu non sei arrivato?" Disse in direzione di Harry.
"Sì, certo." Disse lui con la voce profonda di Runcorn, uscendo dall'ascensore.
Così tanta premura in un piano, disfatto in pochi secondi da molti incovenienti.
Ma doveva essere proprio qui, il suo ufficio era su quel piano ne era sicuro al cento per cento. Doveva fare in fretta, cercare qualcosa, anche se non era sicuro che la megera tenesse i gioielli in ufficio, tentar non nuoce.
Ma niente. Dopotutto cosa si era aspettato?
Ora la sua priorità era trovare Ron. Far uscire da quell'aula Hermione ed andare via. Ci avrebbero riprovato un altro giorno.
L'ascensore per sua fortuna era vuoto. E per ancora fortuna al Secondo Livello salì proprio Ron."Giorno." Balbettò.
"Ron, sono io."
"Miseriaccia Harry. Mi ero dimenticato il tuo aspetto. Dov'è Hermione?"
"Nelle aule. Non ha potuto dire di no alla Umbridge, andiamo là."
Ma alla fine Ron venne portato via, per risolvere ancora i problemi di pioggia, proprio da suo padre Arthur, avrebbe provato a portarla via da solo.
Scese dall'ascensore e infilò il mantello dell'invisibilità. Rabbrividendo nel passare davanti alla maledetta porta nera dell'ufficio mistero ma la sua destinazione, per fortuna, non era quella.
"Il prossimo. Mary Cattermole." Sentì sulla sinistra. Scivolò nella piccola stanza insieme alla donna.
Era un aula diversa rispetto a quella in cui era avvenuto il suo processo. Era molto più piccola e scura, un soffitto alto e claustrofobicamente oscuro.
Dissenatori e sentinelle senza volto.
In alto, dietro una balustra sedevano la Umbridge, Yaxley ed Hermione, bianca come un cadavere.
L'interrogatorio cominciò ed Harry pensò tutti i modi che aveva per avvertire Hermione della sua presenza senza farla morire di crepa cuore. Scivolò silenziosamente dietro di lei.
"Sono qui." Le sussurrò piano.
Hermione come previsto fece quasi cadere l'inchiostro sul suo banchetto. Per fortuna la Umbridge e Yaxley erano troppo impegnati per far caso a lei.
Hermione riuscì finalmente a tranquillizarsi un pò sapendo che Harry era lì. Odiava quella distanza tra loro. Stava quasi per perdersi nei suoi pensieri quando qualcosa di luccicante attirò la sua attenzione."Che carino... Dolores." Balbettò.
"Cosa?" Chiese brusca. "Oh, sì. Il medaglione ? È di famiglia. Passa di generazione in generazione tra noi puro sangue."
Fù la menzogna della Umbridge che fece scattare Harry.
"Stupeficium." Urlò. La Umbridge si accasciò sulla balaustra.
"Stupeficum," Colpì anche Yaxley.
"Expecto Patranum." Urlò allontanando nei loro angoli i dissenatori.
"Hermione prendi il medaglione!" Urlò cercando di liberare la strega sotto inquisizione dalle catene che la tenevano inchiodata alla sedia.
"Hermione aiutami! Cosa stai facendo?" Si spazientì.
"Relascio." Disse lei avvicinandosi. " Ho replicato il medaglione, ci darà tempo."
"Come facciamo con i dissenatori?" Continuò.
"Usiamo i patroni." Rispose lui tranquillo. " Forza Herm."
"Expec-expecto Patronum." Balbettò lei. Nulla. Il nulla completo uscì dalla sua bacchetta. Harry la guardò stranito.
"EXPECTO PATRONUM." Urlò lui riuscendo a liberare la strada, corsero verso l'ascensore riuscendo ad azionarlo subito.
"Reg!" Urlò la signora Cattermole, allo sferragliare metallico che indicava la fermata.
"Dobbiamo andare!" Urlò Hermione mentre il patrono di Harry spariva e il gelo cominciava ad avanzare.
Riuscirono a liberarsi della strega dopo molti tentavi, fino a che bruscamente Ron l'aveva allontanata da se arrivando al primo camino libero.
"Chiudete le uscite! Chiudetele!" Urlò Yaxley uscendo da un secondo ascensore.
"Via!" Urlò afferando la mano di Hermione. Ma Yaxley era dietro di loro.
Tenne stretta la mano di Hermione efferando il braccio di Ron girando su se stesso.
Qualcosa stava andando storto però. La mano di Hermione sembrava scivolargli via. C'erano quasi. Riusciva quasi a vedere il portone di Grimmauld Place ma prima di riuscire a riprendere fiato ci fù un urlo straziante, una luce viola e la mano di Hermione che si stringeva sulla sua come le spire di un serpente e tutto fù di nuovo buio per il prescelto.
Harry aprì gli occhi, accecato dalla luce del sole e dal verde, Hermione di fianco a lui a carponi, ansimava vicino alla testa di Ron. Fù allora che vide tutto rosso, sangue copioso sgorgava dal lato sinistro del corpo del suomigliore amico, il suo volto grigiastro.
"Si è spaccato." Disse Hermione in lacrime. "Nella mia borsa. L'essenza di dittamo, presto Harry."
"C-certo." Disse afferrando la borsa della riccia. "Accio Dittamo." Disse afferrandolo finalmente e porgendoglielo di fretta.
Versò tre goccie sulla ferita aperta, che sfumò in una nuvola verdastra prima di cicatrizzarsi.
"Però." Disse Harry lasciandosi andare sul terreno. "Cosa è successo?"
"Mentre ci smaterializzavamo Yaxley mi ha afferrata. Quando siamo arrivati a Grimmauld Place mi teneva ancora, pensava che ci saremmo fermati lì quindi ha allentato la presa, sono riuscita a togliermelo di dosso, ma non potevamo restare lì."
"Aspetta, vuoi dire che lui è lì?"
"Io credo di sì. Mi dispiace Harry ma quella casa ormai non ha alcuna difesa." Disse dispiaciuta.
"E prima?" Chiese guardandola fissa, finalmente con il suo vero aspetto.
"Cosa?" Rispose tremante.
"Il tuo patronus? Perchè non ha funzionato?
"Non lo sò, ero sconvolta. Non ero concentrata."
"Sai bene che non è la concentrazione la cosa più importante." Rispose lui attendendo una risposta concreta questa volta. Ma prima che Hermione fosse obbligata a replicare Ron gemette e aprì gli occhi.
"Ron, come ti senti?" Chiese Hermione.
"Uno schifo. Dove siamo?" Gracchiò lui.
"Nei boschi dove hanno tenuto la Coppa del Mondo di Quidditch. Per ora è un buon posto." Disse lei.
"Bene." Concluse anche Harry.
Hermione si alzò iniziando a fare qualche incantesimo di protezione.
"Harry... Tira fuori la tenda." Chiese debolmente.
"La tenda?"
"Nella borsa."
"Ma certo." Borbottò lui.
Sistemarono la tenda, la stessa proprio della Coppa del Mondo."L'Horcrux?" Chiese Ron. Hermione lo tirò fuori dalla tasca porgendoglielo.
"Cosa ne facciamo?" Chiese Hermione.
"Lo teniamo al sicuro fino a quando non sapremo come distruggerlo." Rispose distrattamente evitando lo sguardo di Hermione. "Dovremmo fare dei turni di controllo alla tenda, inizio io. Tu non muoverti." Concluse fermando subito Ron che provava a mettersi seduto.
Harry e Hermione continuarono ad alternarsi a fare la guardia, il silenzio del bosco era rotto da occasionali fruscii degli alberi e dal rumore di ra metti spezzati leggermente da qualche animale. Tenendo sempre la bacchetta pronta."Dammela Gregorovich!"
"Dimmi, chi era il ladro Gregorovich?""Io non sa, mai. Io, un giovane. No. NO!" Un urlo straziante ed un accecante luce verde.
"Harry!" Aprì gli occhi di scatto, era sdraiato sul terreno, di fianco alla tenda.
"Mi sono addormentato." Disse ad Hermione che lo guardava grigia in volto.
"Non prendermi in giro! Hai guardato nella mente di Vold..."
"NON DITE QUEL NOME!" Urlò rabbioso Ron dalla tenda.
Hermione fece uno sguardo truce nella direzione di Harry.
"Và dentro, faccio io la guardia." Disse gelida.
"Posso finire il turno."
"No, è chiaro che sei sfinito, vai a riposare." Concluse lei prima di allontanarsi leggermente alla ricerca di qualcosa da mangiare.
"Molto comodo." Le disse.
"Cosa?" Rispose continuando per la sua strada.
"Pretendere senza dare in cambio." Rispose tagliente Harry.
Hermione si bloccò sul posto.
"Pretendere...?" Fece eco lei.
"Passi tutta la giornata a darmi addosso, e tu? Ci menti dalla mattina alla sera? Pretendi cose da me, da noi. Sei scomparsa per un anno! Sei tornata senza dire una parola, come se fosse una cosa del tutto normale. Io c'ero quest'anno ad Hogwarts, io ho provato ad impedire la morte di Silente! Tu? Dov'eri tu Hermione!?" Sogghignò in fine, dopo averle urlato quel fiume di parole con rabbia, una rabbia che lui non aveva mai riversato sulla Grifondoro, perfino Ronald aveva deciso di provare ad intervenire affacciandosi alla tenda."Togli il medaglione." Rispose lei flebilmente abbassando lo sguardo, per non far notare loro le sue lacrime.
Harry non capì subito, la guardò interrogativamente. Hermione allora gli si avvicinò sfilando da sotto il suo maglione la catenina d'oro. Nel preciso istante in cui il medaglione non fù più a contatto con il suo corpo, il suo sguardo si diradò tornando alla solita chiarezza. Guardò Hermione colpevole cercando parole di scusa, che sapeva non sarebbero bastate."Io... Herm." Provò.
"Tutto ok, era il medaglione lo so. Da ora lo porteremo a turno." Disse lei mettendoselo al collo, riprendendo la sua strada, mentre Harry cercava ancora di riprendere fiato."Grandioso." Gracchiò Ron. "Qualcuno può trovare qualcosa da mangiare?"
Sarebbe stato più difficile di come si aspettavano. Forse non era solo Ron ad essersi spaccato. Forse lo era anche il loro rapporto.
Il golden trio era per la prima volta diviso, non fisicamente, ma forse proprio nel modo peggiore. Emotivamente.
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Deal With God. {Tom Riddle+Hermione Granger}
Fanfiction_Completata ma da revisionare spero non terrete conto di orrori grammaticali dovuti ad inesperienza_ Avete mai sentito parlare del concetto di "doppio"? Ognuno ha in sé due personalità. Una di loro è la persona di tutti i giorni, della vita pubblica...