Vita da capitano

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Bruno il capitano uscì dalla stanza in cui aveva appena tenuto il discorso con i propri compagni di squadra, ancora infuriato. Si chiedeva com'era stato possibile che la situazione tra i due ragazzi degenerasse in tal modo. Allo stesso tempo si sentiva amareggiato per la conclusione a cui erano dovuti arrivare lui e il coach, piuttosto drastica: non convocare due atleti fondamentali come Denis e Luca per una partita importante poteva diventare pericoloso, poteva far perdere punti, e in vista dei playoff la classifica non era da sottovalutare. Eppure egli aveva ritenuto che una forte lezione potesse colpire i due nel profondo, in modo tale da fargli evitare in futuro altre scenate del genere. Sarebbe stata indubbiamente la scelta giusta, ne era certo, se solo non avesse avuto quel fastidio al ginocchio, che continuava a impedirgli di giocare al meglio. Temeva di non poter reggere il ritmo di un'intera partita. Temeva di non poterla proprio disputare, quella partita, e l'unico degno sostituito, lo sapeva bene, era Matteo Piano . Bruno si trovava quindi tra due fuochi: dare la giusta punizione ai due compagni di squadra o preferire di non rischiare di restare senza abbastanza giocatori competenti in panchina. Valutava la situazione, pensieroso, mentre si dirigeva verso l'allenamento. Ne avrebbe discusso con Matteo Piano , L'allenatore e il presidente, eppure già immaginava quale sarebbe stata la scelta migliore per tutti e la decisione unanime: i ragazzi sarebbero stati reintegrati in squadra e sarebbero partiti dalla panchina. Il capitano sperò che entrambi, sia Denis sia Luca, avessero il buon senso di non ripetere più stupidaggini simili, pur senza dover pagare con una punizione pesante. Lui stesso non era il giocatore più tranquillo del mondo, lo ammetteva a se stesso, ma le provocazioni in campo erano qualcosa di diverso; al contrario, non ammetteva assolutamente risse o litigi nella propria squadra. Se avevano un conto in sospeso, dovevano risolverlo fuori, senza mischiare il lavoro e i problemi personali. E poi pensò a Vettori in particolar modo e allo strano comportamento che il ragazzo aveva assunto dall'inizio del campionato: Luca era spesso scontroso, taciturno, spento, come mai lo era stato durante il campionato precedente. All'inizio Il capitano aveva pensato che il ragazzo si fosse montato la testa a causa dei troppi complimenti ricevuti per le ottime prestazioni con la Nazionale in World League e durante gli Europei, ma successivamente aveva capito che non si trattava di quello. Bastava vedere come reagiva davanti al suo pubblico, alle acclamazioni, ai boati: non era esaltato, sorridente, felice, ma al contrario, ignorava gli apprezzamenti, faceva pochi autografi e il prima possibile scappava via. Strano, molto strano. C'era qualcosa sotto, lo sentiva e lui che era il capitano, il senatore e riferimento della squadra, doveva tenere in considerazione anche l'aspetto mentale dei suoi atleti, cercare di capirli, cercare di risolvere i loro problemi, aiutarli. Doveva scoprire quel che stava succedendo al suo opposto.

Arrivò in palestra qualche minuto prima degli altri, per affrontare la penultima seduta di allenamento prima della partita. Pochi secondi dopo di lui, vide sbucare dagli spogliatoi Denis  che, senza guardarlo negli occhi, si sedette in panchina e rimase a testa bassa. Bruno si aspettava che anche Vettori facesse come il suo compagno di squadra e agisse con criterio, ma non lo vide sbucare fuori dagli spogliatoi.

- Senti Denis, ma Luca non viene?

Gli domandò, avvicinandosi.

- No, capitano. Mi è parso di capire che non ci sarà.

Rispose Denis, continuando a tenere gli occhi bassi.

- Dopo l'allenamento dobbiamo parlare, Denis.

Disse Bruno, e si allontanò per dirigersi verso gli altri compagni di squadra che arrivavano. La situazione era da tenere sotto controllo.

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