19 - la verità

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《È complicato》l'auto si ferma e guardo fuori vedendo casa mia. Mi riappoggio al sedile chiudendo gli occhi. Devo estrapolare da Ethan il più possibile, lui sa qualcosa. Il gancetto di metallo scatta e lo sento muoversi, e poi la portiera sbatte.

Espiro affannosamente soffocando un urlo di frustrazione. Apro gli occhi quando lo sento aprire la mia e mi investe una folata di vento. Lo guardo negli occhi ma ancora una volta sfugge al mio sguardo. Si avvicina a me passandomi sopra con il braccio e mi toglie la cintura di sicurezza. Non appena si ritrae porto una gamba fuori dell'abitacolo. Mi sollevo tenendo entrambe le mani appoggiate al carrozzeria, faccio molta fatica a reggermi in piedi. La testa mi pulsa come se avessi appena preso una martellata.

Mi stabilizzo bene in equilibrio e piano procedo verso il vialetto. Non presto troppa attenzione al ragazzo che si trova dietro di me, devo riuscire ad entrare.

Riunisco tutte le mie forze, forse per orgoglio o per convinzione personale e determinazione non chiedo aiuto ad Ethan, lui non si degna nemmeno di darmi una spiegazione. D'un tratto mi blocco dopo una fitta allo stomaco. Non capisco che cosa mi sia successo. Cerco le chiavi infilandole nella serratura che scatta.

Entro in casa con il ragazzo al mio seguito. Ora l'ostacolo più grande: le scale, in caso potrei sempre dormire sul divano.

《Se non hai intenzione di parlare quella è la porta》indico l'uscita ad Ethan, per poi apprestarmi all'impresa più difficile della giornata, se arrivo su mi merito un premio. Mi sfilo le scarpe e le lancio dove le lascio di solito.

Inizio a salire le scale un passo alla volta mantenendo la respirazione sotto controllo, neanche una donna incinta fa tutta questa fatica.

Sento la presenza di Ethan ancora nella stanza, ma non m'importa, se resta significa che parlerà, altrimenti se la vedrà con una me furiosa.

La mia insegnante delle medie mi aveva detto che per riuscire a fare qualcosa che ci risultava particolarmente difficile era utile cantare una canzone, e così faccio.
Intono nella mia testa New Rules pensando al modo in cui ucciderò Ethan. Arrivo all'ultimo gradino battendo le mani prima di sedermi per terra. Intravedo nell'oscurità il biondo che inizia a salire le scale in silenzio, starà conservando la voce, gliene servirà molta per spiegarmi tutto. In pochi secondi, a differenza mia, è arrivato su.

Allungo una mano e lui la afferra aiutandomi ad alzarmi. Entriamo in silenzio nella mia stanza e si chiude la porta alle spalle. Mi siedo sul letto togliendomi la giacca. La testa non accenna a smettere di pulsare e vorrei solo chiudere gli occhi, così mi allungo accendendo l'abajour spegnendo il lampadario. La luce fioca della piccola lampada mi permette comunque di vederlo in piedi sullo stipite della porta.

Indossa una maglietta grigio chiaro con una scritta bianca che non distinguo, un paio di skinny neri, un giacchino in pelle e le converse bianche. Che dire i jeans stanno meglio a lui che a me.

Si muove a passo lento verso di me per poi sedersi sul bordo del materasso a debita distanza da me.

《Da quanto lo sai?》la domanda mi viene spontanea, quand'è che ha capito chi sono? A me sono servite le foto, ma lui, lo sapeva già quando gli ho chiesto aiuto?

《Quasi da subito, siete tutti e tre uguali》ridacchio amaramente ripensando alle foto da neonati che mi distinguono da loro solo per le tutine rosa.

《Perché non me l'hai detto?》chiedo ripensando ai momenti in cui avrebbe potuto benissimo dirmi che sapeva chi fossi, ovviamente non quando eravamo tutti insieme.

《Cosa avrei dovuto dirti?》chiede muovendo leggermente il capo ed i suoi occhi brillano colpiti dalla luce.

《Samuel e i ragazzi non devono sapere nulla》puntualizzo cercando di passare in fretta al topic della conversazione. Annuisce passandosi una mano fra i capelli.

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