46 - forse non tutto è perduto

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Alcune volte mi sento semplicemente stanca, non per la frenesia, ma della vita in generale.

Sono passati esattamente otto mesi dalla morte di Matthew.

Otto mesi fa a quest'ora mio fratello era ancora vivo. Avevamo parlato insieme giusto a colazione, ci eravamo incontrati per caso in caffetteria, ed è stata la casualità migliore che mi sia mai capitata. L'ultimo momento in cui ho avuto la possibilità di vederlo e scambiare due parole con lui.

Eravamo entrambi di corsa, e si è fermato giusto due minuti con me, due minuti che ricorderò in eterno.

Voleva prendere un sorso del mio frullato, come sempre avevamo litigato giusto un pò a causa della mia schizzinosità nel farlo bere dalla mia cannuccia, ma aveva comunque vinto lui. In cambio io avevo preso un morso del suo croissant, forse più grande di quello che avrei dovuto e mi ero beccata una pacca sulla nuca.

A volte mi trattava come un ragazzo, e ogni volta mi lamentavo, ora pagherei perché risuccedesse.

Ci eravamo lasciati come se fosse un giorno qualunque, senza che nessuno dei due sospettasse nulla. La sera stessa però il mondo mi è crollato addosso, lui era morto.

《Io vado Chloe, vedi di muoverti, la partita inizia alle cinque》annuisco rivoltandomi nel letto e anche Patty sembra aver capito che oggi in me qualcosa non va, non ha insistito a rendermi il risveglio un inferno come avrebbe fatto di solito.

Esce e rimango nuovamente sola, oggi più sola che mai. Chissà come sarebbe andata se loro non fossero stati membri di questa stupida gang, molto probabilmente sarebbe ancora qui e non avrei distrutto il rapporto anche con Nicholas.

Metto la testa sotto il cuscino e faccio dei respiri profondi impedendo alle lacrime di iniziare a scendere. So che è tutto un condizionamento della mia mente e se solo evitassi di pensarci starei meglio, ma non sempre sono forte abbastanza.

Lo psicologo aveva detto che tutto nasce nella mia mente, e che con delle semplici pillole avrei potuto aiutare me stessa a non pensarci e a stare meglio, ma non credo che il modo giusto di superare il tutto sia imbottirmi di farmaci. Ho dovuto accettare le pillole per l'ansia, altrimenti non avrei dormito e sarei stata peggio, e forse oggi ne avrò bisogno.

Anche se cerco di nasconderlo e ignorarlo penso a Matthew tutti i giorni, a come avevo una famiglia unita e che mi voleva bene.

Mi alzo dirigendomi in doccia, e lascio scorrere l'acqua bollente su di me, fino a far diventare la pelle rossa. Chiudo gli occhi rimanendo immobile sotto il getto caldo. Sembra quasi che il calore possa rimuovere tutti i pensieri negativi e risanare le mie ferite, ma sotto sotto so che non è così, che nessuno fa le cose al nostro posto e dobbiamo essere noi ad impugnare la penna per scrivere la nostra storia e non aspettare che sia qualcun altro a farlo per noi.

Io in questo momento devo continuare ad indagare sull'incidente così da portare giustizia a mio fratello e serenità a me stessa.

Esco dal box doccia avvolgendoni nell'accappatoio fino a rimuovere ogni goccia d'acqua dal mio corpo. Rimango così, immobile a riflettere sul mio dolore. Ancora una volta la mia mente sta prendendo il sopravvento sulle mie azioni, e l'unico modo per poter affrontare questa giornata è ricorrere ai farmaci.

Prendo il vasetto di pillole e ne ingerisco una deglutendo con forza per farla scendere lungo il cavo orale senza rischiare di soffocarmi. In questo modo dovrei riuscire a stare meglio senza destare sospetti, non volgio essere compatita.

Asciugo i capelli ricreando l'acconciatura alta tipica delle cheerleader e poi indosso la tanto temuta divisa, con cui fatico ancora a sentirmi a mio agio. Oggi mi risulta ancora più faticoso metterla e mostrarmi così. Questo semplice pezzo di stoffa cucito e colorato è il lascia passare per l'attenzione in campo, quando hai questa addosso e stai per esibirti tutti gli occhi sono puntati su di te, ed è come se mi stessero studiando cercando qualcosa da criticare. Io non sono bella come le altre, alta, né tanto meno aggraziata e posata e mi sento di gran lunga inferiore. Ora come non mai.

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