48 - pompon

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Caro il mio anonimo non mi sono affatto scordata della super festa noiosa da Byron, prevista per stasera.

Prima, però, c'è un'altra partita, l'ultima per questa settimana.

Afferro i miei pompon scuotendoli leggermente per ravvarli aprendo fra loro le setole. Mi piace il rumore che fanno quando li scuoto, ma se non la smetto penseranno che io sia pazza.

Li riappoggio sulla panchina controllando che i lacci delle scarpe siano ben saldi e passando una mano sulle pieghe della divisa. Riprendo i miei amati pompon e mi dirigo all'uscita degli spogliatoi.

Passo di fronte a quello dei ragazzi e li sento parlare a voce alta senza però riuscire a distinguere alcunché, infine mi lascio alle spalle anche quello della squadra avversaria in cui la situazione è la stessa.

I ragazzi escono in fila ed ovviamente il primo è Samuel il quarterback e a pochi passi da lui c'è Ethan.

Non abbiamo ancora affrontato l'argomento, lui si è limitato a salutarmi come se nulla fosse, non si è davvero reso conto di nulla. Lo seguo lungo tutto il percorso fino al centro del campo, ma non accenna a voltarsi verso di me.

È ovvio Chloe, sta per iniziare a giocare non può distrarsi. Rimango immobile a fissarlo quando una ragazza mi richiama da dietro

《Chloe devi spostarti, ora devono giocare》annuisco e solo ora mi accorgo di essere con i piedi proprio sopra la linea di delimitazione e faccio alcuni passi indietro. Ritorno a posare lo sguardo sui ragazzi e noto che uno di loro ha la testa voltata verso di me, ma non è Ethan. Sorrido alzando una mano timidamente mentre la scuoto di poco, per poi allontarmi definitivamente ed anche Samuel si rivolta verso il centro del campo.

Mi siedo guardando a terra, mentre le altre ragazze e gli spettatori esultano quando la palla sua per giungere alla meta o vi è un'azione particolarmente interessante. Come sempre mi perdo nei miei pensieri ed cerco con lo sguardo il mio presunto fidanzato che corre a poca distanza da Crawford, che quand'è in campo non sembra nemmeno lui.

Mi soffermo ad osservare tutti i giocatori che mi sfrecciano davanti finché non mi concentro sul colore delle divise degli avversari. Anche se ne ho viste molte queste mi sembrano familiari: verde e bianco.

Alzo gli occhi sugli spalti e solo ora capisco che si tratta della Saint Orton e che perciò ci dev'essere anche Wesley. Passo gli occhi su tutti i giocatori ma mi risulta difficile riconoscerli a causa del casco, quelli che distinguo sono quelli di cui conosco il numero sulla maglia.

Se c'è Wesley ciò significa che c'è anche il suo amico che ha rapito il cuore di Lyla, ma come per il primo non riesco ad identificare nemmeno lui.

Riprendo in mano i miei pompon, simbolo delle cheerleader, e mi chiedo se davvero dovrei averne un paio anche io, o se forse sono solo l'ennesima vana speranza a cui mi aggrapperò per cercare di sentirmi meglio e distrarmi, mentre tutto lo schifo che mi circonda mi sommerge.

Passo le dita fra le frange ed accavallo  le gambe appoggiandomi con la schiena alla parete di vetro. Rimango così, fino alla fine della partita.

Alzo lo sguardo sul tabellone e noto con indifferenza che la nostra squadra ha vinto, mi spiace un pò per Wesley è la seconda volta che perdono. I ragazzi della nostra scuola sono in piedi a festeggiare mentre i giocatori in campo terminano le formalità con il saluto di rito.

Ancora con i due pompon in mano mi alzo seguendo la linea di bordo campo per raggiungere gli spogliatoi e non essere travolta da nessuno.

Che cosa mi sta succedendo?

Da quando ho ricordato la morte di Matthew una malinconia stringente ha ripreso a farsi largo in me, senza lasciarmi respiro. Non posso fare a meno di focalizzarmi su tutto ciò di negativo che c'è. E forse ciò che è successo con Matthew è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché devo ammetterlo, da otto mesi non sono più la stessa.

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