30 - luce fredda, verità scottanti

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Mi precipito fuori dalla porta della palestra ignorando le parole di Samuel che riecheggiano alle mie spalle. Giro l'angolo e mi addentro fra gli alberi del piccolo boschetto isolato a lato dell'edificio.

Continuo a correre attenta ai sassi e alle erbacce, sino ad arrivare ad una quercia con grosse radici che spuntano dal terreno. Mi stringo nel cappotto caldo e mi siedo per terra portando la testa fra le gambe.

Respiro profondamente strofinando le mani sulle ginocchia intorpidite dal freddo di novembre.
Chiudo gli occhi in uno stato di trance e tranquillità e mi torna alla mente lo sguardo di Samuel, in un'immagine alquanto vivida.
Sembrava così sincero e sorpreso, come se non sapesse davvero nulla di ciò che stavo dicendo. Come se le mie parole si dissolvessero nell'aria senza produrre un suono, non carpiva alcunchè di ciò che dicevo.

La cattiveria che dimora nei suoi occhi è sparita per un momento e tutto ciò che è trapelato dal suo volto è stato uno sguardo sbigottito e perso.

Chi continua a farmi del male prendendomi in giro? Di chi mi devo fidare? Osservo gli alberi che nel fitto di foglie e rami vivono immobili e pacifici. Si espandono lasciando l'uno il posto ad un altro, senza conflitti. Perché non è possibile vivere così tranquillamente agli uomini?

No man is an island, frase bellissima di Shakespeare, però sembra che ogni qualvolta ci si discosti dalla solitudine non ci sia alternativa che il ripiombarci a capofitto. Lo zoon politikon di cui parlava Socrate è reale? O dovremmo dare più peso alle teorie di Macchiavelli, che seppur più crudelmente sbattevano in faccia a suoi contemporanei la malvagità dell'uomo.

Forse è vero che abbiamo bisogno dell'unione e che l'uomo solitario non può sopravvivere, ma se solo ci fossero persone che non tentano di nuocere ad altri si vivrebbe sicuramente meglio. Allora l'unica cosa che si può concludere è che malvagità e bene coesistono, come due facce della stessa medaglia, uniche e inseparabili per l'eternità.

Sobbalzo al suono di un messaggio.
"Congratulazioni piccola Roodney, forse però dovresti concentrarti su altro."

È lo stesso sconosciuto di sempre. Che cosa vuole dalla mia vita? Mi trattengo dallo scaraventare via il cellulare e presa dalla rabbia digito una risposta.

"Su che cos'altro?"

Porto le testa all'indietro e sospiro. Chi mi ha mentito? Il mio neo ragazzo o Samuel? Come posso ancora fidarmi delle persone, quando appena lo faccio succedono questi casini.

Arriva un'altra notifica e leggo immediatamente il nuovo messaggio dello sconosciuto, che questa volta è accompagnato da una foto.

"Ci sono ancora cose che non sai, apri gli occhi."

Osservo alibita l'immagine in cui compare una targhetta di metallo. Ingrandisco sulle parole e leggo con facilità il nome inciso: Matthew Benjamin Roodney.

Questa è di mio fratello, ne sono sicura. Non so che cosa ne sia stato dopo l'incidente, ero convinta che l'avessero tenuta i miei genitori.

Chi diavolo è questo buffone che si prende gioco di me e della mia famiglia?

"Perché ce l'hai tu?"

Sbuffo sonoramente ed emetto un grido soffocato. Ci mancava solo questo ora. Non supererò mai la morte di mio fratello e c'è addirittura qualcuno che osa prendersene gioco.

"Questo non è un tuo problema al momento, forse però se facessi qualcosa per me potresti scoprire di più"

Devo anche contrattare con un pazzo ora, finirò al manicomio.
Rispondo immediatamente chiedendo che cosa dovrei fare. Perché dopo sei mesi spunta qualcuno con delle informazioni su mio fratello? Non ci capisco davvero più niente.

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