capitolo 13

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Stavo sistemando la valigia, non voglio andare via ma purtroppo devo farlo. Mi giro per prendere la mia roba e sento dei passi. Mi rigiro e trovo Ermal con una piccola valigia marrone in mano.
"Cosa stai facendo?"
"Ho fatto la valigia, parto con te".
"Ermal..."
"Ci sono i tutti i miei giocattoli, i miei vestiti, dei colori e dei fogli, cosi faccio dei disegni per te e per scuola".
"Ermal tu senza il permesso di Sabrina non puoi andare da nessuna parte. Io non sono nessuno per te". Dico guardandolo nei suoi occhi scuri.
"Ma io voglio stare con te".
"Anch'io lo voglio ma non si può".
"Perchè?"
"Io vorrei tanto portarti a Roma con me, farti vedere il mio lavoro e prepararti la colazione ogni mattina per poi fare una lotta per svegliarti e fare tutto di fretta, ma il mio lavoro non me lo permette".
"Ti prego, voglio dormire con te, mangiare, giocare e fare tante altre cose. Voglio che tu sia il mio papino".
"Chiedimi qualcos'altro".
"Ma..." dice triste.
"Fa male lasciarti qui, non stai soffrendo solo tu. Ero venuto qui per aiutare i bambini di questo istituto, ho incontrato te e mi sono affezionato.
"Posso abbracciarti?" Allargo le mie braccia e lui ci si tuffa dentro e appoggia la sua testa sul mio petto. Io lo stringo e appoggio una mia mano tra i suoi morbidi ricci scuri.
"Mi mancherai anche tu e sopratutto mi mancherà il tuo splendido sorriso".
"Anche tu mi mancherai, mi mancherà giocare con te", sento le sue piccole mani stringere la mia maglia, in modo particolare mi stringe in un abbraccio, mi mancherà tanto, riuscirò a stare senza di lui? Penso proprio di no...
"Ti voglio bene", mi dice in un piccolo sorriso.
"Anch'io", con due dita sotto il suo mento gli alzo il suo adorabile faccino, gli sorrido e gli la scio un bacio sul suo piccolo nasino, lui si allontana e apre la sua valigia. La apre e cerca qualcosa.
"Tieni", mi passa una sua maglia. Arancione con un pupazzo disegnato.
"Ermal io non posso metterla, mi va piccola", lo guardo.
"Lo so, ma è la mia maglia preferita, tienila tu, cosi ti ricorderai sempre di me".
"Va bene, mi fai un piccolo sorriso?"
"Si", sorride e si avvicina a me. Gli prendo la mano e lui guarda, per l'ultima volta, i miei tatuaggi.
"Ti va di giocare?"
"Con i lupi?"
"Si ma come mai hai preso proprio quel peluche?"
"Perchè il mio animale preferito è il lupo".
"Vado a prenderti i peluche, aspettami qui".
"Ok", mi alzo e vado in salotto.
"Com'è andata?" Mi chiede Sabrina.
"Ci sta male per tutto questo ma sono sicuro che si riprenderà", faccio un sorriso.
"Lo spero", dice preoccupata.
Prendo i peluche e con un sorriso mi allontano, entro in camera sua e lascio sul letto i peluche.
"A-allora chi vuoi essere?"
"Il più grande", lui abbassa lo sguardo e iniziamo a giocare. Sono consapevole di star spezzando un cuore a un bambino ma non è colpa mia, fare il cantautore non è facile come nei film o cartoni. Non ci sono mai a casa, chi gli prepara la colazione la mattina? Chi gli lascia ogni sera il bacio della buonanotte? Chi gli prepara il pranzo e la cena? Chi giocherà con lui. Smetto di pensare quando vedo il piccolo Ermal passarsi un dito sotto l'occhio.
"Ti ho visto!" Lui mi guarda, si sto spezzando un cuore ad un bambino.
"Scusa..."
"Ti devo chiedere anch'io scusa".
"Ma tu non hai fatto niente".
"No, ti sto uccidendo anch'io".
"Ma io sto bene".
"Una persona che si sente bene non piange".
"Si è vero sto piangendo, tu sei l'unico che mi vuole bene e sono sicuro che tu domani dopo aver lasciato questa stanza ti dimenticherà di me, come ha fatto mia madre, come fanno tutti".
"Perchè dovrei dimenticarti?"
"Non lo so, voi grandi siete bravi a fare promesse ma non ha mantenerle".
Apri la bocca e dopo due secondi la chiusi, cosa dovevo rispondergli? Che era vero? Io non so quando potrò rivedere Ermal, sono occupato ma ci riuscirò, non voglio lasciarlo.

|| Mio figlio|| MetamoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora